martedì 17 aprile 2012

Con un certo batticuore...

Da alcuni giorni è in libreria il libro di Anna Pavignano, Una cosa che ti scoppia nel cuore, novità Anni in tasca della primavera 2012, presentata in fiera da poco. Nelle ultime pagine del libro, si legge un dedica: "A Luisa Mattia,  la più generosa che ci sia." Abbiamo chiesto a Luisa, autrice di un volume di successo della nostra collana, W la libbertà, alla quale la dedica è stata tenuta nascosta fino all'ultimo, di spiegarci la ragione per cui il suo nome compare nel libro, che legame ha con queste pagine e cosa pensa di questa storia di infanzia e di come è raccontata.

[di Luisa Mattia]

Generosa: Anna dice che lo sono, e con lei. Gentile sì, ma ostinata, c’è poco da discutere. Se lo dice, ne è convinta. Generosa, io, nel caso di questo libro… Perché?   Quando  ho presentato Anna a  Topipittori, lei non aveva ancora scritto un rigo del libro e Giovanna e Paolo non sapevano nulla delle sue capacità di "scrittora". A me sembrava una bella festa mettere insieme persone capaci di raccontare, fare bei libri, incontrarsi su pensieri e sentimenti...
Ora Anna dice che, per aver fatto questo, merito un “Grazie”.
Prego!

Anna la conosco bene. E lei conosce me. Siamo amiche da un bel pezzo, quel tanto che basta per volersi bene con impegno e allegria. Quel che ci vuole per coltivare stupore e intessere stima. Siamo complici per effetto della voglia di scrivere, per i racconti che ci facciamo, per le tante idee e i tanti progetti che è bello pensare, anche se poi finiscono in una bolla di sapone oppure non riescono a diventare neppure quella. Si vive di sogni da concretizzare, di realtà da scoprire, di sentimenti da intrecciare. I libri e i racconti sono, da sempre, un luogo bello in cui troviamo sintonia.


Lei, Anna, scrive il cinema, mette parole e anima nelle storie che andiamo a vedere in sala.
È una tipa, Anna, che attraversa le giornate con un’attenzione antica ai dettagli, alle persone, ai sentimenti, ai cenni e agli accenni.
È una tipa, Anna, che può dimenticare le chiavi di casa o il cellulare, ma non si scorda mai, ne potete star certi, di una storia che ha pensato o che qualcuno le ha raccontato. Né di un’emozione né di un sentimento. 
E tutto pensa e lavora, per dargli forma di vita e – qualche volta – una storia.

Quando Topipittori cominciò la collana Anni in tasca, ne parlammo. Le dissi che avrei scritto della mia infanzia carica di allegra sapienza e di disobbedienze. E lei, Anna, replicò che disobbediente non lo era stata mai, perché era stata una bimba fifona. E non per caso. Accennò a qualche episodio, a qualche emozione. Finì lì la conversazione, ma non il lavorio della memoria.


Da bambini desideriamo approvazione, affetto, avventura. Ostinatamente andiamo alla ricerca di occasioni di stupore.
L’essere buoni o cattivi dipende spesso dalla valutazione degli adulti, dalle regole che fanno loro, dai loro umori, dalle loro felicità, dalle loro malinconie.
Da adulti, poi, proviamo a riscoprirci e specchiarci in quell’Io infantile che, troppo spesso, facciamo finta di aver dimenticato.

Scrivere della propria infanzia è una esplorazione e anche una riappacificazione: con noi stessi, con il tempo che è passato, con il presente che – vuoi o non vuoi – viene da lì. Scrivere della propria infanzia è anche scoprire il se stesso di oggi, trovarne le radici e gioire del presente, del come si era e come si è, senza strappi, senza ipocrisie. 


In Una cosa che mi scoppia nel cuore, Anna Pavignano prende se stessa bambina e si lascia guardare, da lei che scrive – oggi – e da noi che leggiamo.
È una bambina gentile capace di forti sentimenti.
È una bambina vulnerabile che pure attraversa con energia vitale giornate, eventi, confusioni, delusioni e scoperte.

Scrive, Anna Pavignano, secondo un registro che modula il passato su un doppio binario stilistico.
Il gioco narrativo, intenso, lucido, carico di affettività, si muove tra un “passato passato” - quella dimensione che si vive da bambini, quando ti senti "oltre" il tuo essere stato piccolo – e il “passato-e-basta”, quando hai chiuso il cerchio dell'infanzia e sai che indietro non ci torni; e questa consapevolezza ti segna con allegro sollievo e, contemporaneamente, nostalgica malinconia mentre vivi un presente fatto di nuove consapevolezze e di una forza lieve che viene dall’aver attraversato la paura.


Ecco, questo libro, scritto con grande passione da Anna Pavignano, vale non solo per la qualità della narrazione, per lo stile così seriamente lieve. Vale anche per il racconto che si scioglie con delicatezza per il lettore e che rivela come la paura sia alla base della solidità di un bambino e di una persona.
Non c’è identità, non c’è spessore nei “senza paura”.

La bambina Anna non è certo una temeraria né spavalda. Conosce la paura ma impara, poco a poco, a governarla.
Lo fa con gentilezza e ostinazione. Spesso lo fa ridendo.
Ecco, il tocco della narrazione brilla di umorismo, lo stesso che poi – da adulta – connoterà i film di cui è stata autrice.
Si ride della fifa e si sorride alla vita.
Con un certo batticuore, certo.

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