venerdì 27 luglio 2012

Giocare, su al Nord

[di Giulia Mirandola

Parco di Slottskogen, Goteborg.
Lo spunto di questo post è una serie di viaggi in nord Europa. Alcuni, nella capitale tedesca; uno, in Svezia. La passione per i parchi giochi deve essermi scoppiata notando le differenze tra l'Italia e i luoghi di cui sopra, appuntando su quaderni improvvisati (pieghevoli di musei, cartine geografiche, scontrini, biglietti del cinema, buste), nomi di giochi all'aperto, di vie, di quartieri, osservazioni sui bambini e sugli adulti frequentatori di Spielplaetze - letteralmente "spazi dei giochi" -, considerazioni estetiche a partire dalle quali sono giunta a una riflessione: i parchi giochi italiani tendono all'osceno, mentre quelli visitati in Germania e Svezia sono nella maggior parte dei casi opere d'arte.

La buona notizia è che persone della mia generazione guardano a questi esempi architettonici e urbanistici come a una scuola a cielo aperto, non come a una chimera. Il bello - è una vecchia storia - si può realizzare.

Per questa immagine  e le successive: Parco Kolle 37, Berlino.


Da un parco capiamo cosa chiede una città a se stessa, il grado di maturità degli adulti che la abitano e che la amministrano, come si intrecciano tra loro le storie delle persone piccole e di quelle grandi, il peso che una comunità attribuisce all'infanzia e la fiducia che le accorda, lo stato di salute di certe industrie e di piani economici, a cosa e come giochiamo. Fuori dai nostri interni, i parchi giochi ci attendono. Le fotografie mostrate qui, documentano che il concetto di "parco giochi" può essere interpretato in mille diversi modi. A Berlino ho visto parchi molto nuovi, parchi abbandonati, scivoli dove meno te l'aspetti, amache a decine.




I benefici complessivi che derivano dalla progettazione riuscita di un parco giochi hanno modo di manifestarsi in risvolti sociali che anche persone come me, digiune di studi antropologici specifici, possono cogliere semplicemente stando a contatto con chi lo spazio del gioco frequenta per piacere, piuttosto che per abitudine: adulti e bambini, niente anziani; adulti giovani e bambini piccoli; adulti che sovente si tolgono le scarpe per stare più comodamente nella sabbia e che volentieri, senza passare per  disadattati, si sporcano, si piegano, si siedono per terra, poi si rinfilano le scarpe, si raddrizzano, si alzano, tornano a casa.
Succede dappertutto: il parco Kolle 37, non fa eccezione. Di questo centro pedagogico, nato un anno dopo la caduta del muro, resta indimenticabile il grande laboratorio di costruzione di baite, più vicino a un Merzbau di Schwitters che a una antica segheria.





Berlino è costellata di zone adibite al gioco dei bambini. Adibite, in vero, è un termine quasi eccessivo, perché tra spazio "adulto" e spazio "d'infanzia" la scollatura è inesistente, la continuità di fatto. Qualche estate fa lo scrittore Gianni Biondillo, reduce da un viaggio a Berlino con la famiglia, si chiedeva: "Come faccio ora a spiegare alle mie due bambine perché ho deciso di farle crescere in una città come Milano?" Piantare parchi giochi alla tedesca o alla svedese, alla danese se preferite, o all'olandese, è un'idea per fare sì che tra qualche anno si possa aggiungere all'elenco dei parchi giochi degni di nota, quelli alla piemontese, alla sarda, alla marchigiana, alla sicula.





Per questa immagine  e le successive:
Parco di Slottskogen, Goteborg.

Ci sono studi architettonici e di design specializzati nella progettazione e nella realizzazione di parchi giochi e di giochi per parchi giochi. Lo studio danese Monstrum è uno di questi e la navigazione del loro sito, è un tour immaginifico tra giochi giganti, parenti stretti di certe balene della letteratura e dei ragni enormi di Louise Bourgeois, di cui ho potuto ammirare alcuni esemplari a Goteborg, dentro il parco di Slottskogen, di cui fa parte anche il Naturhistoriska Museet. In altri contesti, scivoli e giochi fanno sprofondare in certi paesaggi di Savinio, sortite involontarie di chissà quale artigiano del legno, che avvicinano comunque il discorso del gioco a quello dell'arte




Diciamo Wuppertal e pensiamo a Pina Bausch e al Tanztheater. In questo caso di Wuppertal interessa ricordare che è la città di uno dei più prolifici designer d'Europa di Spielplaetze, Günter Beltzig. Secondo Beltzig i parchi giochi non sono prodotti finiti, ma dei processi dinamici. Lui stesso, in un'intervista pubblicata sulla rivista Form, lamenta l'assenza di corsi accademici specifici dedicati allo studio di questa tipologia di spazi. Per chi intende la lingua tedesca, il consiglio è di guardare per intero i video contenuti nel suo sito. Per chi non la intendesse, siano le tante fotografie documentarie di quarant'anni di progettazione a suscitare il distacco dagli orridi parchi giochi italiani e a provocare il desiderio di fondarne una nuova generazione per i bambini che l'attendono.




2 commenti:

elillisa ha detto...

Bellissimo articolo. Grazie.
(molto terra terra: le mie vacanze con i bimbi sono così: scelta di città al nord, richiesta di piantina della zona all'ufficio turistico, individuazione dei parchi giochi, giro turistico ai parchi giochi [un parco gioco-mezza giornata], divertimento assicurato, basso costo) ;)

Anonimo ha detto...

Tempo fa mi ero imbattuta in questo articolo: http://www.flavorwire.com/284670/15-amazing-playgrounds-from-all-over-the-world?utm_source=feedburner&utm_medium=feed&utm_campaign=Feed%3A+flavorwire-rss+%28Flavorwire%29#11

Anche in questo caso rispetto ai parchi italiani e alle mie tristi esperienze romane l'invidia è grande