Di ogni libro che pubblica, l'editore conosce la ragione e la storia. Di ognuno sa quel che lo distingue dagli altri del catalogo. La leggerezza perduta per me coincide con la scoperta di Cristina Bellemo, cioè di una scrittrice di storie per libri illustrati promettente, brillante, rigorosa. Insomma, molto, molto brava. Cristina non è solo autrice di libri illustrati, ma io l'ho scoperta come tale ed è stata un sorpresa vera.
In questo ultimo decennio, in cui in Italia la qualità degli albi illustrati è cresciuta in modo esponenziale, sono andati crescendo di pari passo il livello e la professionalità di una generazione di illustratori e grafici: alla vivacità di questo genere editoriale e all'interesse del pubblico, cioè, ha corrisposto l'attività di scuole come Sarmede, Ars in Fabula, MiMaster (per nominarne solo alcune, senza contare le scuole storiche come ISIA e Scuola del Libro a Urbino, IED e Accademie d'Arte in tutta Italia eccetera), oltre a una gran quantità di corsi di ogni genere, sorti spontaneamente, per iniziativa di illustratori, librai ed editori: un'offerta vasta e variegata che ha formato e indirizzato la creatività delle numerose persone interessate a lavorare in questo ambito.
Un fenomeno che ha dato grande impulso alla qualità dei linguaggi visivi.
La mia impressione, però, in tutto questo, è che non ci sia stata altrettanta attenzione, o almeno non altrettanto strutturata e seria, da parte di scuole e formatori, alla qualità dei linguaggi verbali. Cosa che compromette significativamente la riuscita di un albo: perché un albo, ricordiamolo, è un genere letterario (o forse, meglio, narrativo), complesso e difficile, nonostante possa apparire, al contrario, facilmente abbordabile a un principiante (e questo perché ha 'poco' testo). Nella mia esperienza di editore, l'impressione, nettissima, è stata per lungo tempo che le persone che se la sapevano cavare brillantemente con un testo, un narrazione, la costruzione di una storia per un albo illustrato, si potessero contare sulle dita di una mano, o quasi. E che a buone immagini spessissimo si accompagnassero testi banali, esilissimi, mal congegnati, lacunosi, noiosi, scarsi, se non pessimi, realizzati spesso nella più totale ignoranza, se non nello sprezzo, di conoscenze narrative basilari, di elementari rudimenti della lingua italiana e della letteratura per ragazzi, in particolare degli albi illustrati. La sensazione era quella di autori improvvisati, privi, oltre che di idee e di competenze, di formazione e cultura adeguata.
Negli ultimi anni, però, ho avuto, in questo senso, alcune sorprese. Accanto al talento di illustratori sempre più aperti al confronto e motivati alla crescita professionale, ho visto manifestarsi quello di nuovi autori, apparentemente spuntati dal nulla di questo vuoto: capaci, sorprendenti narratori e persino eccellenti, raffinati poeti. Persone dotate di idee, di cultura e di una lingua all'altezza della situazione. Una vera, grande scoperta.
Cristina Bellemo è una di loro. L'anno scorso, in fiera, ci siamo incontrate per la prima volta. Avevamo già ricevuto il bellissimo testo di La leggerezza perduta e già le avevamo proposto di pubblicarlo: ci incontravamo per mettere a punto i dettagli dell'accordo. In quell'occasione, ricordo che diedi a Cristina una copia del nuovo Catalogone, il numero 5, appena uscito. E Cristina mi disse una cosa che mi colpì molto: mi spiegò che per lei i Catalogoni, di cui aveva seguito la pubblicazione fin dal primo numero, erano stati fondamentali: strumenti importanti per capire cosa fosse un albo e come affrontarne e risolverne la scrittura. Rimasi molto sorpresa dalla sua affermazione: è vero che abbiamo iniziato a pubblicare i Catalogoni come mezzi formativi e di promozione alla lettura dei libri illustrati. Ma, nel realizzarli, abbiamo sempre pensato soprattutto a coloro che usano i libri illustrati nel loro lavoro e nel rapporto coi bambini: cioè i librai, i bibliotecari, gli insegnanti, gli atelieristi, i promotori, i genitori...
Fino a quel momento, non mi ero soffermata a riflettere specificamente sul fatto che qualcuno potesse guardare ai Catalogoni come a una scuola di scrittura, narrazione e composizione. Cristina mi sorprese, indicandomi questo utilizzo. Non averci pensato, dipendeva da un angolo visuale limitato dalla prassi: ma in effetti, pensandoci, saper scrivere di libri illustrati, significa soprattutto averli saputi leggere. E la capacità di scrittura deriva da una profonda capacità di lettura, che si tratti di leggere racconti o oggetti, immagini, paesaggi o fatti quotidiani. Se si impara a leggere un libro illustrato, si impara a capire come funziona, e quindi si impara anche a scriverlo, se si è dotati di talento narrativo.
L'affermazione di Cristina mi ha fatto pensare che lo sviluppo editoriale dell'albo illustrato, in questi anni, se ha avuto l'effetto di accrescere la qualità dei professionisti dell'immagine attraverso il lavoro di scuole e corsi, ha promosso anche un grande fermento critico attraverso l'uscita di numerose pubblicazioni specifiche e il grande lavoro dei blogger, che sta avendo ripercussioni significative sugli autori in via di crescita e formazione. E questo mi sembra un dato importante.
Ma, in tutto questo, non ho parlato dell'oggetto del post di oggi, cioè di La leggerezza perduta e del tema che affronta (con leggerezza degna di Rodari e Calvino): quello, attualissimo, del superfluo (che si accompagna a una riflessione serrata su necessità e desideri). E di come questa storia ci sia apparsa subito, nella sua serietà e nel suo umorismo, perfetta per l'immaginario di Alicia Baladan, che infatti alla leggerezza di Cristina ha saputo dare il volto di un medioevo aereo e fantastico, fra suggestioni che spaziano da Escher ai trecenteschi italiani.
Una illustratrice, Alicia, dai molteplici registri espressivi, capace di mescolare con rigore malinconia, ironia, riferimenti pittorici e gioco. Un'autrice complessa e colta che da un libro all'altro sta mostrando di cosa è capace, e che in pochissimo tempo si è affermata fra i migliori talenti in circolazione (quest'estate terrà un corso a Macerata) e sta lavorando anche all'estero, come oggi capita sempre più spesso a molti nostri illustratori italiani.
Poco male, vuol dire che lasceremo a voi il compito di leggere e giudicare questo libro che abbiamo presentato a Bologna e che da pochi giorni è in libreria. Intanto, potete cominciare a farvene un'idea osservando queste illustrazioni che già vi diranno molto e leggendo i brani di testo che contengono (cliccando sulle immagini). (gz)
In questo ultimo decennio, in cui in Italia la qualità degli albi illustrati è cresciuta in modo esponenziale, sono andati crescendo di pari passo il livello e la professionalità di una generazione di illustratori e grafici: alla vivacità di questo genere editoriale e all'interesse del pubblico, cioè, ha corrisposto l'attività di scuole come Sarmede, Ars in Fabula, MiMaster (per nominarne solo alcune, senza contare le scuole storiche come ISIA e Scuola del Libro a Urbino, IED e Accademie d'Arte in tutta Italia eccetera), oltre a una gran quantità di corsi di ogni genere, sorti spontaneamente, per iniziativa di illustratori, librai ed editori: un'offerta vasta e variegata che ha formato e indirizzato la creatività delle numerose persone interessate a lavorare in questo ambito.
Un fenomeno che ha dato grande impulso alla qualità dei linguaggi visivi.
La mia impressione, però, in tutto questo, è che non ci sia stata altrettanta attenzione, o almeno non altrettanto strutturata e seria, da parte di scuole e formatori, alla qualità dei linguaggi verbali. Cosa che compromette significativamente la riuscita di un albo: perché un albo, ricordiamolo, è un genere letterario (o forse, meglio, narrativo), complesso e difficile, nonostante possa apparire, al contrario, facilmente abbordabile a un principiante (e questo perché ha 'poco' testo). Nella mia esperienza di editore, l'impressione, nettissima, è stata per lungo tempo che le persone che se la sapevano cavare brillantemente con un testo, un narrazione, la costruzione di una storia per un albo illustrato, si potessero contare sulle dita di una mano, o quasi. E che a buone immagini spessissimo si accompagnassero testi banali, esilissimi, mal congegnati, lacunosi, noiosi, scarsi, se non pessimi, realizzati spesso nella più totale ignoranza, se non nello sprezzo, di conoscenze narrative basilari, di elementari rudimenti della lingua italiana e della letteratura per ragazzi, in particolare degli albi illustrati. La sensazione era quella di autori improvvisati, privi, oltre che di idee e di competenze, di formazione e cultura adeguata.
Cristina Bellemo è una di loro. L'anno scorso, in fiera, ci siamo incontrate per la prima volta. Avevamo già ricevuto il bellissimo testo di La leggerezza perduta e già le avevamo proposto di pubblicarlo: ci incontravamo per mettere a punto i dettagli dell'accordo. In quell'occasione, ricordo che diedi a Cristina una copia del nuovo Catalogone, il numero 5, appena uscito. E Cristina mi disse una cosa che mi colpì molto: mi spiegò che per lei i Catalogoni, di cui aveva seguito la pubblicazione fin dal primo numero, erano stati fondamentali: strumenti importanti per capire cosa fosse un albo e come affrontarne e risolverne la scrittura. Rimasi molto sorpresa dalla sua affermazione: è vero che abbiamo iniziato a pubblicare i Catalogoni come mezzi formativi e di promozione alla lettura dei libri illustrati. Ma, nel realizzarli, abbiamo sempre pensato soprattutto a coloro che usano i libri illustrati nel loro lavoro e nel rapporto coi bambini: cioè i librai, i bibliotecari, gli insegnanti, gli atelieristi, i promotori, i genitori...
Fino a quel momento, non mi ero soffermata a riflettere specificamente sul fatto che qualcuno potesse guardare ai Catalogoni come a una scuola di scrittura, narrazione e composizione. Cristina mi sorprese, indicandomi questo utilizzo. Non averci pensato, dipendeva da un angolo visuale limitato dalla prassi: ma in effetti, pensandoci, saper scrivere di libri illustrati, significa soprattutto averli saputi leggere. E la capacità di scrittura deriva da una profonda capacità di lettura, che si tratti di leggere racconti o oggetti, immagini, paesaggi o fatti quotidiani. Se si impara a leggere un libro illustrato, si impara a capire come funziona, e quindi si impara anche a scriverlo, se si è dotati di talento narrativo.
L'affermazione di Cristina mi ha fatto pensare che lo sviluppo editoriale dell'albo illustrato, in questi anni, se ha avuto l'effetto di accrescere la qualità dei professionisti dell'immagine attraverso il lavoro di scuole e corsi, ha promosso anche un grande fermento critico attraverso l'uscita di numerose pubblicazioni specifiche e il grande lavoro dei blogger, che sta avendo ripercussioni significative sugli autori in via di crescita e formazione. E questo mi sembra un dato importante.
Ma, in tutto questo, non ho parlato dell'oggetto del post di oggi, cioè di La leggerezza perduta e del tema che affronta (con leggerezza degna di Rodari e Calvino): quello, attualissimo, del superfluo (che si accompagna a una riflessione serrata su necessità e desideri). E di come questa storia ci sia apparsa subito, nella sua serietà e nel suo umorismo, perfetta per l'immaginario di Alicia Baladan, che infatti alla leggerezza di Cristina ha saputo dare il volto di un medioevo aereo e fantastico, fra suggestioni che spaziano da Escher ai trecenteschi italiani.
Una illustratrice, Alicia, dai molteplici registri espressivi, capace di mescolare con rigore malinconia, ironia, riferimenti pittorici e gioco. Un'autrice complessa e colta che da un libro all'altro sta mostrando di cosa è capace, e che in pochissimo tempo si è affermata fra i migliori talenti in circolazione (quest'estate terrà un corso a Macerata) e sta lavorando anche all'estero, come oggi capita sempre più spesso a molti nostri illustratori italiani.
Poco male, vuol dire che lasceremo a voi il compito di leggere e giudicare questo libro che abbiamo presentato a Bologna e che da pochi giorni è in libreria. Intanto, potete cominciare a farvene un'idea osservando queste illustrazioni che già vi diranno molto e leggendo i brani di testo che contengono (cliccando sulle immagini). (gz)
3 commenti:
è fantastico e magico...
Bel post, splendido libro.
E belle parole, soprattutto queste: "E la capacità di scrittura deriva da una profonda capacità di lettura..."
Grazie :)
Ila
che bei coloriiiii
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