martedì 14 maggio 2013

Se al liceo arriva Flaubert

Nella casa di François Ozon, ispirato alla pièce teatrale El chico de la última fila di Juan Mayorga, è un film che qualche qualche difetto ce l'ha. Ha però il pregio non da poco di far riflettere lo spettatore, e senza troppi filtri, su cosa sia la letteratura e quindi la lettura (qui un'intervista a Ozon sul film). Per quanto il film abbia anche risvolti drammatici, personalmente mi ha divertito e, uscendo dal cinema, mi sono detta che potrebbe rappresentare una salutare esperienza per tutti coloro che fanno, promuovono e leggono letteratura.

Trama: Germain (Fabrice Luchini), un maturo professore di letteratura di un prestigioso liceo francese, dall'emblematico nome “Gustave Flaubert”, ad apertura di anno scolastico si lamenta con la sua compagna, scicchissima e pasticciona gallerista d'arte contemporanea (Kristin Scott Thomas), della limitatezza dei componimenti dei propri studenti, che dovendo raccontare il proprio fine settimana, non sono in grado di produrre più di tre righe in croce a base di pizze, tv e cellulari. Finché dalla massa anonima e sgrammaticata dei fogli di protocollo, non fa capolino un imprevisto gioiello: l'avvincente e ben scritto tema del sedicenne Claude (Ernst Umhauer), che racconta una giornata trascorsa a casa di Rapha (Denis Ménochet), un compagno di classe, in ogni dettaglio e con risvolti sottilmente inquietanti, per l'acume e la verità delle osservazioni sia sui propri pensieri sia sui personaggi, gli ambienti e le situazioni descritti.



Colpito, e anche un po' turbato dal compito, per il suo carattere scabroso e privato, Germain, il giorno successivo fa in modo di incontrare e parlare con il ragazzo (che sembra appartenere, anche fisicamente, alla famiglia dei ribelli, romantici, sfuggenti e arrabbiati giovani eroi di François Truffaut). Da questo momento, fra professore e allievo si crea un rapporto fatto di complicità, diffidenza e antagonismo: se al professore sembra affidato il ruolo di maestro, capace di orientare e nutrire con consigli, letture e critiche severe il talento in erba del sedicenne, l'impressione è che ad avere in mano il timone della relazione siano il ragazzo e la sua diabolica abilità narrativa, in grado di tenere sulla corda e di manipolare, proprio come Shahrazād il sultano Shahryar ne Le Mille e una notte, il professore, le cui idee sulla letteratura, grazie a questo incontro, sono destinate a una prova di realtà a dir poco distruttiva.


Se per questo maturo signore, infatti, la letteratura è cultura, bellezza, passione, civiltà, per Claude, esattamente come per Shahrazād, è la vita stessa. Di più: è riscatto, pura sopravvivenza: è la casa che la vita non gli ha concesso e di cui si vuole impadronire. Se il professore si limita a insegnarla, la letteratura, Claude si espone a viverla, ustionandosi, rischiandone le conseguenze in prima persona, assottigliando il confine fra finzione e realtà, fino a renderlo indistinguibile, a sé e agli altri.


In tutto questo, allo spettatore non può che risultare evidente che quando al Liceo Flaubert approda un giovanissimo e contemporaneo analogo del grande scrittore francese, l'istituzione rischia di crollare sotto i colpi del più trasgressivo e dirompente linguaggio che esista, cioè quello della letteratura che, da sempre, nella finzione e nella verità delle sue invenzioni, porta alla luce tutta l'ambiguità, la meschinità, l'ipocrisia, la stupidità, la miseria della società, nelle sue dinamiche pubbliche e private.
E viene da chiedersi allora se, paradossalmente, non siano più adatti all'istituzione “Flaubert” ragazzi che non sanno raccontare che di cellulari, tv e pizze, ma tutto sommato discliplinati e ben disposti al ruolo di discenti, che adolescenti come Claude, la cui prerogativa fondamentale è quella di guardare tutto quello che gli accade intorno, osservare persone e luoghi, ascoltare conversazioni, decifrare caratteri ed emozioni, personali e altrui, ipotizzare cause e moventi, per immaginare quello che poi potrebbe accadere e scriverlo, raccontarlo senza veli.


La seconda cosa che mi ha fatto venire in mente questo film, infatti, appena uscita dal cinema, è la celebre confidenza fatta da Sigmund Freud a Carl Gustav Jung, accolti da una folla festante, all'arrivo negli Stati Uniti: “Non sanno che portiamo loro la peste”. Come la psicoanalisi, e più ancora di essa, la letteratura rappresenta, fin dai suoi inizi, per la società la “peste”, vale a dire uno sguardo non conforme, non allineato, una trasgressione dichiarata alle convenzioni culturali e alle necessità sociali. In questo senso, esemplare è la riflessione della gallerista d'arte, che domandandosi a cosa serva la letteratura, si risponde da sé: “A niente. Ricorda che l'assassino di John Lennon aveva in tasca una copia del Giovane Holden”, mettendo in luce la profonda verità che la letteratura è davvero “pericolosa”, in quanto non fornisce istruzioni per l'uso, idee preconfezionate e rassicuranti, ma propone visioni inquietanti e ipotesi destabilizzanti, che sta al lettore e alla sua capacità di lettura elaborare e discernere.


Per quale strana ragione e insanabile contraddizione, dunque, si pretende di insegnare a scuola la letteratura? Non sarà una letteratura disinnescata quella che l'istituzione propone, attraverso pratiche che ne fanno un materia scolastica conformista, non credibile e addomesticata? E non sarà per questa ragione che i ragazzi (messa per un attimo da parte la responsabilità di media massificanti), davanti a questo colossale inganno, rifiutano la lettura come la più trita, la più noiosa, la meno emozionante delle esperienze?


Emblematico è l'atteggiamento del professore, a questo riguardo, che pur avendo fatto della letteratura lo scopo della sua vita, nell'insegnamento e nella pratica (in giovane età è stato autore di un romanzo dal titolo L'enfant e l'orage), esattamente come tutti gli altri personaggi del film, non si rende conto che finire nel racconto di uno scrittore può voler dire pagare un conto salatissimo in termini di accettabilità e dignità della propria immagine (e non per nulla il libro che lo manderà k.o. è Voyage au bout de la nuit, il più oscuro, ambiguo, contrastato, odiato e amato romanzo del Novecento)


Certo, siamo davanti a un film che porta alle estreme, forse irreali, conseguenze un fatto tutto sommato ordinario: l'incontro fra un professore e un allievo dotato di talento nella scrittura. E coinvolgere lo spettatore in una narrazione che ipotizza “Cosa succederebbe se...”, è un meccanismo narrativo già sfruttato e di comprovato funzionamento.
Ma quando si parla di letteratura e di lettura, a mio avviso le figure di questo professore curioso, ma nel suo sapere sprovveduto, e di Claude e del suo insaziabile desiderio di comprendere e di entrare con l'immaginazione nella verità delle vite altrui, sarebbe meglio tenerle sempre ben presenti. (gz)

1 commento:

Anna ha detto...

Molto interessante Giovanna, come sempre.
Soprattutto l'antitesi tra scuola e cultura, che sembra paradossale, ma non lo è affatto.