lunedì 30 settembre 2013

Vota il poster: un po' gioco, un po' concorso.


Come probabilmente avete letto qui, il corso tenuto a Sàrmede nel giugno scorso ha incluso anche una gita di istruzione, con laboratorio, alla Tipoteca Italiana di Cornuda. In quella occasione, gli allievi del corso hanno composto a mano e stampato un poster, ma forse dovrei dire roster [in inglese, l'elenco dei nomi delle persone coinvolte in un'attività o in un'organizzazione], del corso.
Il docente non si è lasciato sfuggire l'occasione per gravare i poveri discenti di un compito a casa: illustrare il poster/roster. Entro una certa data. Ma consapevole che l'asino è sensibile al bastone quanto alla carota, ha aggiunto un piccolo incentivo: il poster più votato dai lettori del blog dei Topi, avrebbe ricevuto un premio. Anzi, un premione: un anno di Topipittori.
E l'incentivo è stato tale che qualcuno ha pensato bene di realizzare più di un poster.
Alcuni partecipanti non hanno partecipato. Alcuni sono assenti giustificati. Altri non si sa. Almeno uno è solo stato pigro.

ADESSO TOCCA A VOI!
1) Questi sono i poster.
2) Scegliete quello che vi piace di più (uno solo).
3) Lasciate un commento per esprimere il vostro voto. (Non è né bello né elegante votare più volte per il vostro preferito e, in caso di sospetti, possiamo verificare l'indirizzo IP del votante e annullare i voti multipli).
4) Avete tempo fino alla mezzanotte di domenica 6 ottobre.
5) Il primo e il secondo lavoro più votato vinceranno un anno di topi.
6) I vincitori verranno proclamati, e i loro nomi rivelati su queste pagine, martedì 8 ottobre.

Come si diceva ai tempi di Canzonissima: «Votate! Votate! Votate!».

Numero 1
Numero 2

Numero 3

Numero 4

Numero 5

Numero 6

Numero 7

Numero 8

Numero 9

Numero 10

Numero 11


Piccolo stacco pubblicità:
Se qualcuno fosse interessato a partecipare alle prossime edizioni di questo corso ha tre possibilità:
a) iscriversi al corso che si terrà a Monopoli (BA) dal 10 al 13 ottobre; ma deve affrettarsi perché ci sono ancora pochi posti e le iscrizioni chiudono domani (informazioni qui);
b) iscriversi entro il 13 ottobre al corso serale che si terrà a Milano, alla Scuola d'arte applicata del Castello Sforzesco, a partire dal 29 ottobre (chiedete informazioni qui);
b) iscriversi al corso che si terrà a Sàrmede nel giugno 2014.

venerdì 27 settembre 2013

Fare, disfare, rifare

Come si fa a parlare di arte ai bambini?
Se sto alla mia esperienza, per i miei genitori era sufficiente lasciarci libero accesso ai libri d'arte di casa, che erano fra i nostri preferiti, essendo pieni di figure. Il sabato e la domenica, poi, ci portavano con loro a mostre, musei, gallerie, a vedere cose che gli interessavano, ritenendo, giustamente, che a un bambino curioso sarebbero piaciuti posti nuovi e cose nuove, spesso entrambi molto belli e inusuali, da vedere e scoprire. E così era. Tornate a casa, poi, noi ci mettevamo a fare, disfare e rifare Baj, Raffaello, Fontana, a modo nostro, giocando, senza complessi di inferiorità.
Lo spirito della collana PiPPo (che poi è la Piccola Pinacoteca Portatile di cui abbiamo già parlato in una serie di post), non è troppo lontano da questa idea. Intrattenere fin da bambini un rapporto personale e quotidiano con l'arte, crea una relazione familiare che fa sì che in età adulta non si provi soggezione visitando i sacrari della bellezza (un po' come racconta Alan Bennett nei suoi deliziosi librini sull'arte), col risultato di finire col disertarli, pensando che si tratti di esperienze fuori dalla propria portata.

Deve essere in omaggio alla mia esperienza infantile che il terzo volume della PiPPo, Viva la natura morta! è dedicato a un genere pittorico a me prediletto, da piccola. Tutte quelle magnifiche tavole imbandite e quegli strepitosi vasi di fiori intorno a cui ronzano insetti mi sembravano insuperabili, per splendore. E mi chiedevo come facessero i pittori a riprodurre con una tale perfezione la forma e la materia delle cose. Era davvero un mistero che non finiva, e non finisce, di stupirmi.


Fin dall'inizio, abbiamo pensato che per questo tema sarebbe stata perfetta Francesca Bazzurro (che con noi è al quarto libro), illustratrice particolarmente versata in oggetti e architetture (non per niente si è aggiudicata una menzione d'onore a Bologna con una collana dedicata alle città). Francesca è una di quelle persone in grado di disegnare qualsiasi cosa. Un'autrice indisciplinatissima che raggiunge il massimo dei risultati nei taccuini: pagine in cui liberamente appunta forme, cose, ritratti di persone e situazioni, frasi, ritagli, scontrini, biglietti, profili di strade, case, sedie, scarpe... ne ha una collezione, e si possono trascorrere giornate, a sfogliarli. Quindi, una illustratrice ideale per la PiPPo, coi suoi disegni rapidi e al tratto.


Francesca ha accettato la nostra proposta e ha costruito il libro velocemente, con mano sicura, muovendosi fra le nature morte di ogni tempo senza impaccio, sbaragliando cronologie, mescolando autori notissimi a sconosciuti, accostando opere immortali a piccoli gioielli nascosti. Insomma, ha pensato a divertirsi, divertire e suscitare curiosità, perché per gli approcci filologici e accademici c'è tempo.


Accompagnano questa galleria non convenzionale i testi di Marta Sironi, storica dell'arte e dell'illustrazione, che ha firmato tutti i volumi della collana. Quando le proponemmo di occuparsi dei testi della PiPPo, gli mostrammo le maquette dei primi due volumi. Da parte nostra, aveva carta bianca e completa fiducia, solo ci sarebbe piaciuto che la strada fosse quella indicata da Munari, in Disegnare un albero, quando di Leonardo scrive:

Un mio vecchissimo amico di provincia, un certo Leonardo, nato in un paese vicino a Firenze (codice postale 50059) era un uomo molto curioso. Stava delle ore a osservare le  piante e poi le disegnava e si annotava tutto quello che poteva capire sul come ramificano...


I testi di Marta sono venuti come li avevamo immaginati: seri e brillanti, divertenti e colti, imprevedibili e misurati. Dei quadri raccontano, in grande libertà, un sacco di cose, ci fanno ragionare sopra e soprattutto, li fanno guardare da punti di vista nuovi. Che poi è quello che amano e sanno fare i bambini, da soli, davanti alle immagini; una capacità che gli adulti dovrebbero aiutare a non perdere, con la crescita, educandola, sviluppandola, considerandola una risorsa, una cosa importante che serve a vivere meglio nella vita di tutti i giorni. Come sapeva Munari e come sa Marta, che non solo è stata all'altezza della richiesta, ma ha fatto molto di più, e oggi è un pilastro della PiPPo.


Sai perché i pittori di tutti i tempi hanno dipinto tanti quadri di frutta, fiori, vasi e vasetti? Perché dai loro atelier, dove i pittori trascorrono la maggior parte del tempo, non è sempre facile dipingere sanguinose battaglie o inventare chissà quali storie: allora si esercitano, descrivendo la vista dalla finestra, la stanza da letto, la mamma al balcone e soprattutto tavole apparecchiate, splendidi fiori, bottiglie, vasi e vasetti. Al momento opportuno possono chiedere al cane fedele, se ce l’hanno, di stare immobile come una tazzina. Basterebbe che muovesse le orecchie per dire la sua: tu capisci gli animali dalla posizione delle orecchie?

P.S.
Gli amanti di PiPPo noteranno un cambiamento nell'edizione: la copertina di Viva la natura morta è con alette e in cartoncino e non in cartone abbigliato; inoltre, le pagine non sono più fustellate. Chi le vuole staccare, deve ritagliarle lungo la linea tratteggiata. Due modifiche per irrobustire il fascicolo, rese necessarie dalla fragilità della precedente edizione, facilmente danneggiabile.


mercoledì 25 settembre 2013

Volare, oh oh


Prima di conoscere di persona Sergio Ruzzier, due anni fa, a Bologna, alla Fiera del Libro per Ragazzi, conoscevo, e ormai da parecchi anni, il suo libro Gli uccelli. Siccome la mia immaginazione spesso mi impone il suo modo di vedere le cose (il che non sempre è un vantaggio), ho pensato che Ruzzier fosse un tipo secco, alto, emaciato, attempato e cattivissimo. Lo immaginavo anche con un aspro accento veneto, il che non migliorava le cose. In sostanza, con quella tipica ingenuità di chi è dominato dall'immaginazione, mi ero fatta l'idea che fosse un minaccioso connubio dei quattro terribili personaggi del libro Gli uccelli. Ci ho preso solo con l'altezza.

S. Ruzzier, immagine per la mostra Libretto postale. Animali in viaggio, 2013.

Quest'anno, sempre a Bologna, alla mostra Libretto postale. Animali in viaggio, la mia cartolina preferita era quella di Ruzzier. Quel pulcino che fissa il pollo arrosto si può dire sintetizzi il dramma di ogni vita al suo esordio. E in più fa ridere. Fa ancora più ridere il testo della cartolina. E il fatto che firmarlo sia stato Pio VIII.

S. Ruzzier, immagine per la mostra Libretto postale. Animali in viaggio, 2013.

Sempre quest'anno, Ruzzier è stato scelto per realizzare il manifesto del Festivaletteratura di Mantova. Come vedete, anche qui, uccelli. Intervistato da Glamour, Ruzzier ha spiegato con precisione a che libri corrispondano quelli che i suoi volatili stortignaccoli leggono fra i merli del castello. Se date un'occhiata ai titoli che ha indicato, vi renderete conto della finezza del suo ingegno, oltre che di quella delle sue letture.

S. Ruzzier, manifesto, Festivaletteratura, Mantova 2013.
Nonostante non sia secco, emaciato, attempato e cattivissimo, Ruzzier è comunque il classico tipo che infrange lo stereotipo dell'autore di libri per ragazzi. I suoi personaggi, di solito animaletti dall'identità ibrida, oscillano fra perfidia e dolcezza, e, visivamente, fra mostruosità e tenerezza.
Siccome questo si potrebbe dire del 99% per cento dei bambini di questo mondo, ho riflettuto che forse per questo Ruzzier è diventato, e per giunta negli Stati Uniti, un affermato autore di libri per l'infanzia.
Oggi, il pdf del libro Gli uccelli è disponibile a tutti sul blog di Sergio. Per festeggiare questo evento, ho pensato a questa breve conversazione, in cui l'autore si è gentilmente prestato a farsi coinvolgere. Le domande sono incentrate su quella che sembra essere una vera e propria predilezione per i volatili (su Le figure dei libri, invece, ne trovate una interessante sul suo lavoro di illustratore).

Non so se sia corretto, ma credo che i capostipiti di questo stormo creativo, siano, appunto, quelli del libro Gli uccelli. Pennuti che infrangono ogni luogo comune di specie, apparendo poveri pollastri male in arnese, gravati da un peso esistenziale che sembra precluder loro il volo, e la conseguente ebbrezza della libertà (l'antitesi dell'insopportabile Jonathan Livingston, per intenderci), date anche le alette rattrappite di cui dispongono. E che, ad allietare il loro tetro soggiorno terreno, si direbbero afflitti da un tocco di umor depressoide.

Dal blog di Sergio Ruzzier: Sassetta vs Ruzzier.

Come ti è venuta l'idea di questo libro?

L'idea iniziale si limitava al primo episodio, quello che nel libro chiamo prologo. Era poco più di una vignetta. Mi piaceva pensare a questi uccelli male assortiti che arrivano in un posto che dovrebbe essergli famigliare, ma che in fondo non sembra appartenergli più di tanto. Ho fatto quei due disegni e poi il resto è venuto un po' da solo.

Un altro pennuto di Ruzzier. Da Have You Seen My New Blue Socks? Clarion 2013.

Come hai trovato l'editore?

Veramente è stato l'editore a trovare me. Avevo ricevuto una lettera da Chicca Gagliardo e Francesca Habe in cui mi invitavano a pensare a un libro a figure (come si dice picture book in italiano? a me albo illustrato non sembra giusto) per la casa editrice milanese con cui collaboravano al tempo. Io avevo questo germe d'idea che, bontà loro, gli è piaciuto, e così ci siamo messi d'accordo. Poi, per un motivo o per l'altro, il libro è stato invece pubblicato da Despina, che Chicca e Francesca, insieme ad Anna Serva, nel frattempo, avevano deciso di fondare. Dopo Gli Uccelli, Despina ha pubblicato anche due bei libri di Massimiliano Tappari, Parole chiave e Coffee break.

Sergio Ruzzier, Gli uccelli, Despina 2002.

I protagonisti del libro sono uccelli migratori, o almeno così si direbbe, visto che tornano a casa con la primavera. Però sono uno diverso dall'altro, non come i migratori che volano fra membri della stessa specie. Insomma, sembrerebbe un piccolo stormo di individualisti.

Hai ragione. Come dicevo, sono senz'altro molto male assortiti. Forse si sono conosciuti in uno di quei vecchi compartimenti delle FFSS, con le tende marroni che sventolavano sempre perché il finestrino non si chiudeva. Immagino non avessero neanche il biglietto e il controllore li ha fatti scendere alla stazione più vicina.
Sono insieme quasi per caso e per convenienza, non certo per amicizia.

Sergio Ruzzier, Gli uccelli, Despina 2002.

Puoi dire una cosa per ognuno di loro: l'uccello verde, quello azzurro, quello arancione, quello marroncino?

Provo, ma sono pronto a ritrattare. L'uccello verde mi sembra l'unico che forse potrebbe cavarsela anche da solo. Quello azzurro, alto, è uno di quei personaggi che per qualche motivo ti si appiccicano per qualche mese, che sembra non possano vivere senza di te, ma che poi spariscono all'improvviso senza mai più ricomparire. Quello marroncino per me è rosa-bianchiccio, ma come si sa, sui colori non si discute. Non mi fiderei mai di lui. Se passasse le giornate al bagno degli uomini della Stazione Centrale di Milano non mi stupirei. Ha un occhio finto. Quello piccolo, arancione, può ritenersi fortunato di essersi in qualche modo salvato dall'essere arrostito.

Sergio Ruzzier, Gli uccelli, Despina 2002.

A me leggendo il libro è venuto più volte in mente il vecchio adagio:
La strada per l'inferno è lastricata di buone intenzioni. Un pensiero un po' apocalittico. Forse suggerito anche dalle atmosfere rarefatte, da giudizio universale (evocato dall'affresco sulla chiesina).

Hai mai visto il giudizio universale di Taddeo di Bartolo nella collegiata di San Gimignano? Che meraviglia. L'ho visto la prima volta che avevo dodici anni e mi è rimasto addosso.

Sergio Ruzzier, Gli uccelli, Despina 2002.

Sintetizzando in una frase pomposa: lo sguardo severo dei trecenteschi italiani diventa teatro metafisico dello smarrimento contemporaneo (ipotizzando che Gli uccelli siamo noi). Però poi, come accade per il pulcino, queste situazioni fanno sempre un po' ridere.

Eh be'. Le cose tragiche o deprimenti fanno sempre anche un po' ridere, almeno quando le guardi con un certo distacco. Pensa alla tavola di Simone Martini con le storie del Beato Agostino Novello: in uno degli episodi, Agostino si precipita volando come un antenato di Nembo Kid, ma invece di salvare il bambino che si sta per schiantare al suolo dopo essere caduto dal balcone, sembra più interessato a salvaguardare l'assicella di legno caduta insieme al bambino.

Sergio Ruzzier, Gli uccelli, Despina 2002.

Mi piace molto la cassapanca dove i quattro disperati buttano alla rinfusa le cose da portare in viaggio. Da piccola ne avevo una identica

Completamente inutili quelle cose. Tra l'altro non sono neanche sicuro che sia roba loro.

Sergio Ruzzier, Gli uccelli, Despina 2002.

E comunque la grande libertà degli uccelli consisterebbe nel non essere gravati da beni materiali. Non come noi, sempre con qualche valigia appresso.

Quando sono scappato da Milano, trasferendomi a New York, avevo quest'ansia addosso perché avevo qualche centinaia di libri, soprattutto libri d'arte, e non sapevo come portarmeli dietro senza dover pagare una fortuna. Poi ho preso la decisione di lasciarmeli dietro, regalandone una parte, vendendone un'altra, e così via. Non mi sono mai sentito così leggero in vita mia. Eppure c'erano tanti bei libri.  

Sergio Ruzzier, Gli uccelli, Despina 2002.

Gli uccelli tornano in una casa che non li aspetta, ma in cui rimangono, causa condizioni meteorologiche avverse. Lì dispongono di un canapé di velluto, un attaccapanni e una libreria. Come dire, sono autosufficienti. E sono così sprovveduti (e brutali) che con ogni probabilità se la caveranno.

Probabilmente sì, sono autosufficienti, anche se alla fine uno di loro potrebbe veramente venir mangiato dagli altri, magari verso febbraio.
Chissà cosa se ne faranno dell'attaccapanni, dato che non hanno panni da attaccarci.


Sergio Ruzzier, Gli uccelli, Despina 2002.

A chi consiglieresti questo libro?


Non lo so. Però mi piacerebbe molto sapere cosa pensa del libro chiunque lo legga, così come mi ha fatto piacere sapere cosa ne pensi tu.

Sergio Ruzzier, illustrazione per Forbes magazine 2002.

lunedì 23 settembre 2013

Nove voci per un corso

Un libro a spirale di Julia Racsko
A giugno, a Sàrmede, ho tenuto il corso “Progettare libri”. Le conseguenze di questa decisione sconsiderata sono qui da leggere: pensavo di insegnare qualcosa sul libro e su come pensarlo e realizzarlo; invece sembra che sia stato una sessione di psicoterapia collettiva.
Chi volesse provare la stessa sconclusionata ebbrezza, può tentare con le prossime edizioni: 
* a Monopoli dal 10 al 13 ottobre (informazioni qui); o 
* a Milano, alla Scuola del Castello, per otto martedì sera, a partire dal 29 ottobre (informazioni da progettarelibri@gmail.com); e naturalmente, 
* a Sàrmede, a giugno 2014.


Una fanzine di Nicoletta Silvestrin

Testa bassa e pedalare di Laura Campadelli
Momento 1
Io. «Paolo, puoi leggere questo e dirmi se potrebbe essere un buon testo per un libro illustrato?»
Lui. «Certo.»
Legge.
Lui. «Mi sono già rotto le scatole.»
Io. «E’ una noia? »
Lui. «Una noia mortale. L’hai scritto tu? »
Io (cercando di non scomparire nell’ombra tra gli scalini). «Sì.»
Poi mi fa ascoltare su youtube Ugo Cornia che legge se stesso. Un’illuminazione.

Una fanzine di Laura Campadelli

Momento 2
Io. «Paolo puoi guardare i definitivi del mio libro e dirmi che ne pensi?»
Lui. «Certo.»
Stende le immagini lungo il corridoio. Le guarda.
Lui. «Non sei William Blake. E dovresti essere lui per risolvere queste sette tavole. Dovresti rifarle.»
Io (cercando di non soccombere all’infarto) «Ah. Ok.»
In effetti non mi chiamo William, credo proprio che le rifarò.

Un libro a pieghe "zig zag" di Rossana Bussù

Dalla fine di Rossana Bossù
Disfacendo la valigia del materiale utilizzato al corso, ho trovato un filo rosso impigliato nell’astuccio delle matite. Mi è sembrato un segno, come nelle favole, quando il protagonista si risveglia da quello che sembra essere stato un sogno e ritrova un oggetto che gli dimostra che l’avventura vissuta era reale.
Quando partecipo ai corsi a Sàrmede ho sempre la sensazione che il tempo scorra velocissimo, compresso, ma anche che si prolunghi, si espanda. Quel filo, per me, come il fil rouge che ha caratterizzato il corso.
I vari tipi di rilegatura che abbiamo affrontato hanno stimolato le idee per il contenuto dei libri e i fili che abbiamo cucito, incrociato, annodato si sono estesi come ramificazioni, propaggini di radici.
Ogni punto che abbiamo dato ha contribuito a tenere insieme i fogli ma ha anche legato me agli altri componenti del gruppo.
Ho scoperto come Nicky sa sintetizzare attraverso degli schemi e creare libri con idee funzionali. Da Julia ho imparato come un libro può essere poetico senza essere vago. Laura B. mi ha insegnato cosa vuol dire “Si sta come ragni” tra fili di seta. Laura C. con il suo progetto mi ha indicato la via dell’unità stilistica. Sara mi ha portata a guardare le cose dal punto di vista dell’autrice. Elisa è un vulcano di idee. Irene e Alessandra hanno illustrato mille modi per legarsela al dito. Dall’eclettica Luisa ho imparato la differenza tra acquaforte e punta secca. Inoltre con Luisa e Floriane ho scoperto di avere una condizione comune che ci ha legate attraverso un cordone. Giulia, Giorgia e Ilaria sono state una ventata di aria fresca che ha portato i fili a volare via. Nicoletta e Stefano con la loro presenza discreta hanno creato un legame ancora da scoprire.
Last but not least le connessioni create da Paolo, che per ognuno di noi aveva sempre pronta una citazione o l’indicazione di un libro da consultare, di un albo illustrato, di un artista di cui scoprire il lavoro, una mostra, un video…
A casa sono tornata alle mie radici ma l’albero sta crescendo e i rami si estendono lontano.
Forse questa sarebbe una bella storia da raccontare per un libro infinito.

Quando la luna ha la luna storta: una fanzine di Laura Berni.

Crisi creativa di Laura Berni
Il corso è stato impostato in modo tale per cui la parte riflessiva/teorica potesse avere uno spazio e un tempo significativo così come quella creativo/manuale.
Paolo ha volutamente impostato queste lezioni in modo da far si che la tematica del libro illustrato potesse essere visualizzata da innumerevoli punti di vista: economico, finanziario, tipografico, tecnico, artistico etc etc…
In tutte le lezioni si intravedeva un chiaro intento di permettere all'illustratore, reduce per lo più da scuole , accademie, corsi di tecnica, di ridisegnare il proprio obiettivo in un'ottica molto editoriale che, come ben sappiamo, fatica a far entrare nei propri codici. Completamente contro la mia volontà mi sono rimasti impressi due pensieri che sono passati prepotentemente in primo piano e che penso cambieranno per sempre il mio modo di lavorare.
1. La creatività nasce dai vincoli quindi da una certa ristrettezza che ti mette di fronte a un problema che a sua volta ti spinge a a cercare risorse per risolverlo.
2. Lo spaziare nel cosmo delle infinite possibilità, è sinonimo di immobilità, paralisi. Questo enorme potenziale che rimane informe  che non si va a definire mi fa venire in mente una riflessione di Albert Einstein: La creatività nasce dall'angoscia come il giorno nasce dalla notte oscura. È nella crisi che sorgono l'inventiva, le scoperte , le grandi strategie. Chi supera la crisi supera se stesso senza essere superato. Chi attribuisce alla crisi i suoi fallimenti e difficoltà, violenta il suo stesso talento e dà più valore ai problemi che alle soluzioni. L'unica crisi pericolosa è la tragedia di non voler lottare per superarla.
Spero di poter fare sempre appello a questo spirito nei momenti di bisogno.

C'era una volta un re: un libro infinito di Elillisa.
Storie e strade di Elillisa
Non c’è niente da fare: io odio la macchina. O meglio, ho paura di affrontare rotonde, incroci, discese e salite seduta al volante di una quattro ruote. Ho paura anche quando mi ritrovo in mezzo a gente esperta a fare cose di cui io ho solo frammentate conoscenze.
Mi pare che qualche psicoterapeuta incoraggi il superamento di un trauma buttandocisi nel mezzo, del trauma. Così, ho preso come si suol dire due piccioni con una fava e ho partecipato al corso Progettare Libri: ogni giorno, due ore e mezzo di macchina (casa-Sàrmede-casa); e, tutto il giorno a stretto contatto con un editore affermato, illustratrici professioniste e grafici provetti.
Ho qualche dubbio che le paure siano state effettivamente superate, ma davvero ogni minuto di quei giorni è stato tesoro prezioso.
Mi par di sentirvi: la tua psicosi da motori non ci interessa, dacci più notizie sul corso!
Che dire? È stato tante cose. È stato bello. È stato scoprire che il più delle volte è il libro stesso, oggetto serissimo con confini, limiti e pagine dalle precise dimensioni, a sussurrarci nell’orecchio come raccontare di mondi fantastici e sgangherati, di personaggi bellissimi e bislacchi. È il libro che, in momenti di aridità creativa, può suggerirci LE storie: storie senza una fine e storie in piedi, storie bucate e storie gemelle, storie con un centro e storie con un salto (non ve ne stanno già venendo in mente, così…al solo sentirne parlare?). Storie che aspettano solo di essere pensate e scritte e disegnate e rimesse dentro quel distinto assemblaggio di segnature che le ha ispirate.
Contenti?
E sapete che vi dico? Mi sa che là fuori una storia impaurita sta aspettando anche me.

Alessandra de Cristofaro e Irene Rinaldi
se la sono legata al dito.
Una settimana lunga un anno di Giulia Poggio
È  acclarato: una settimana a Sàrmede dura un anno. Io ne ho fatte due consecutive e mi pare di scrivere di un corso cdi molto tempo fa. In quel paesino alle pendici del Cansiglio i giorni, le ore, si vivono intensamente a contatto con altre persone che diventano all’istante compagni di viaggio.Un viaggio che si fa ogni giorno per andare a lezione, per andare in visita alla Tipoteca, ma anche un viaggio interiore.
Primo giorno, primo anno per me. Arrivo un’ora prima dell’inizio della lezione (non sono l’unica), all’esterno mi mostro calma ma è tutta apparenza poiché dentro di me è il caos: pensieri, dubbi, non sentirsi all’altezza, forse il posto scelto è sbagliato, non so dove andare, che altro ancora?
Inizia poi il corso e, a parte una prima incertezza del non sapere come “muovermi”, noi timidi si sa a volte vorremmo essere solamente un’ombra, il tutto va per il meglio. Giorno dopo giorno, ora dopo ora prendo confidenza, imparo cose nuove, conosco persone interessanti. Tra rilegature e libretti, che vengono a trovarmi anche nei miei sogni, porterò nel cuore di questa bell’esperienza la pazienza di Paolo, le risate ma anche il “duro lavoro” fino alle sette di sera quando nessuno voleva ancora andarsene dall’aula. Oltre agli insegnamenti che sicuramente hanno ampliato la mia conoscenza e la mia visione del mondo del libro, penso che quest’esperienza sia data soprattutto dalle persone: competenze, scambi di idee, confronti e aneddoti. Perché è stato un po’ come mettersi in gioco, svelare una parte di sé e anche se non è sempre stato tutto facile, alla fine sorrido.
È un racconto un po’ confuso ma come dice Perrault «poca eloquenza, grande amore!»

Cosa succede ai panni nella lavatrice? La risposta di Luisa Valenti

ABC topesco di Luisa Valenti
A di Anna Castagnoli: perché teneva un corso a Sarmede in contemporanea col nostro e  imperversava ovunque col suo entusiasmo.
B di “Briciola e Berni”: un'appassionante storia d'amore tra una cagnolina a salsiccia un po' feticista e Laura, la mia dolce compagna di stanza.
C di Calabria: grazie a Nicoletta per i suoi schemi, la sua gaiezza e le sue olive calabre.
D di Donne: c'eravamo solo noi, fatta eccezione per Paolo e Stefano. Magari se scrivo che eravamo tutte belle, brave e simpatiche la prossima volta aumentano gli iscritti maschi!
E di Esercizio: mentale e fisico.
F di Fare fluire le idee senza fermarsi mai: fantastico, ma che fatica!
G di Gravidanze: vince 3 a 1 il corso Canton vs. corso Castagnoli... ho dato il mio contributo personale.
H di Honegger, come Warja Lavater Honegger: che emozione stendere i suoi lunghissimi leporelli sul tavolo e perdersi in un universo di segni colorati.
I di illustratrici: perché l'essenza di un corso è l'incontro con persone uniche che condividono i tuoi interessi.
J di jogging: lo sport è la droga più sana, Paolo docet.
K di fattore K: quello strano mix che fa di questo corso un evento memorabile e del confronto tra persone diverse una risorsa imprescindibile.
L di leccalecca: offerti dall'organizzazione per il nostro sostentamento. Metà li ho mangiati io.
M di maternità: la scusa per rimandare i compiti, eh, eh.
N di Nostalgia.
O di Olive di Nicoletta: mi ripeto, ma non si vive di solo cibo per l' anima.
P di Paolo: solo grazie.
Q di Quando ci rivedremo tutti?: Magari a Bologna?
R di Rilegatura: come vincolo di contenuto.
S di Sàrmede: un posto magico.
T di Topi: Topipittori, Topomobile e Topo Canton. Anche se amo i gatti son costretta a pensare: “Dove sarebbero i gatti senza topi?”.
U di Unicità e Unione.
V di Vincolo: per trovare la propria libertà all'interno del confine.
W di wire-o: adesso sappiamo che non è una rilegatura a spirale!
X e Y di ascisse e ordinate: un corso per trovare le coordinate delle idee nella mappa della propria fantasia.
Z di Zavrel, Stephan: grazie per aver portato l'illustrazione a Sàrmede.

Il libro che mangia i pesci. A Nicky Petruzza non piaceva, ma a noi sì.

Il leone di Nicky Petruzza
C’era una volta un leone stupido. Passava le giornate a lamentarsi continuamente con tutti gli animali della foresta e con tutti gli amici su facebook, per la sua sorte infausta: l’avevano messo in gabbia da piccolo e da allora aveva perso la sua libertà! Non faceva che ripetere: se trovo chi ha messo qui queste sbarre lo sbrano vivo, è tutta colpa sua se la mia vita è rovinata, se da qui non vedo il mare, e non posso andare a casa di mamma a mangiare le melanzane ripiene! (Era un leone stupido calabrese). E ruggiva, ruggiva sempre, ruggiva forte e contro chiunque, non faceva altro, tutto il giorno. Ruggiva. E mangiava. Per il nervoso, diceva.
Poi un giorno nella gabbia finì, per caso, un volantino del corso “Progettare libri”. Sapete, dentro a una gabbia si ha tanto tempo libero, non si può fare niente se non ruggire, mangiare, leggere Le Figure dei Libri, e fare disegnini per terra con le unghie. Così il leone decise di partire. Era un leone curioso. Ed anche molto coraggioso.
Nei seguenti sei giorni a Sàrmede, tra libri, fili, cartoncini, colori, sorrisi e persone meravigliose, il leone stupido imparò un mucchio di cose: scoprì che un semplice foglio di carta ha la capacità di contenere tutte le storie che hai dentro, e anche di più; sperimentò che si può ridere ininterrottamente per una giornata intera senza morire; capì di essere un leone stupido. A volte, per uscire dalla gabbia basta solo voler uscire.
È stata un’esperienza di vita intensa, oltre ogni aspettativa, divertente come una gita di classe al liceo. E profonda, come il mare.
Una fanzine a giostra di Alessandra de Cristofaro

Schemino di Julia Racsko
Di solito i giorni del corso “Progettare Libri” vanno cosí:
0. «Ora tocca a voi!»
1. Ma non ce la faccio, è troppo complicato!
2. Ho un’ idea, ma non riuscirò mai a realizzarla! Non so disegnare!
3. Non finisco in tempo!
4. Finito!

Il libro infinito di Giorgia Massetani.
Un bel ricordo di Giorgia Massetani
Quando penso al corso “Progettare libri” penso alle fresche e luminose giornate che iniziano camminando lungo la piccola stradina di Sàrmede, scendendo attraverso le scalette che arrivano fino alla classe, seguendo il mormorio allegro e le risate dei miei compagni.
Volti allegri, diversi e simpatici, ognuno di noi con una storia diversa da raccontare, altre esperienze, ma tutti lì per imparare cose nuove, conoscere, farsi apprezzare.
Aghi, matite, lapis, spago, colla, cartoncini, tutti sparsi in qua e là per i tavoli, creano una grande composizione di forme e colori, sono la base, il pane quotidiano dell’esercizio del giorno.
Forbici in mano, seguiamo le direttive di Paolo. Un prototipo per la dimostrazione, uno schizzo sul blocco di carta e via la giornata passa alla svelta, anche troppo. Non sono solo gli esercizi che riempiono la giornata, sono anche i pranzi al sacco mangiati all’ombra della scuola, tra racconti e chiacchiere, i piedi a mollo nell’acqua del torrente che scorre lì davanti, le ciliegie mangiate nei momenti di pausa.
Alla fine della giornata si è stanchi ma entusiasti di conoscere un nuovo modo per progettare il proprio libro, felici di aver affrontato le difficoltà e di essere riusciti a terminarlo anche nel momento di crisi, quando tutti i fili e gli aghi che abbiamo per rilegare si sono annodati.
Penso a un leone, a un re, a un mare che va e viene portando con se i ricordi di qualcun altro, penso a un accento toscano, alle  dolci  e tenere attese, all’odore e al rumore della carta, alle stanze della Tipoteca Italiana dove tutti rimangono a bocca aperta. Quando penso al corso “Progettare libri” penso a un bel ricordo.

È proprio vero: alla Tipoteca rimangono tutti a bocca aperta

Per aver raccolto con pazienza certosina le testimonianze della altre reduci, un ringraziamento di cuore a Elisa Negrini, alias Elillisa, alias Geena Forrest: la più simpatica, acuta, effervescente, timida e composta forestale dell'orbe terracqueo.
Le immagini sono poche e non rendono giustizia né alla quantità né alla qualità dei lavori. Me ne scuso con gli allievi e i lettori del blog.


venerdì 20 settembre 2013

Farsi un libro, farne una mostra (2)

E così, i nostri 10 eroi, guidati dal prode Mannoni e dall'inclita Eleonora, sono arrivati al termine della loro fatica, come avete letto qui. Ma non è che potesse finire così, senza una mostra, un concorso, un premio. Sarebbe stato troppo facile, non vi pare?
Qui si racconta come è andata a finire.