venerdì 9 maggio 2014

Se diventiamo pensatori deficienti


Scusate, ma non resistiamo a non mandare in onda del tutto fuori orario, la notizia di questa intervista di Guido Scarabottolo realizzata da Michele Alinovi.
Bellissima.
Che andrebbe imparata a memoria, soprattutto da chi vuol fare il mestiere dell'illustratore o in generale del 'creativo', come si diceva negli anni Ottanta.
L'ha pubblicata il blog di La Stampa, Le Voci di Milano e la trovate qui.

Avete tutto il fine settimana per dedicarvici. Per aiutarvi a vincere la pigrizia, vi invogliamo con alcuni brani delle sue risposte. Che comunque sono tutte strepitose.

Ho subito trovato divertente l'illustrazione: non esistevano regole prefissate, bisognava cavarsela a seconda dei casi con la fantasia e l'intuito. L'aver iniziato a disegnare è stato un ritorno all'infanzia e insieme una sorta di vendetta contro tutto ciò che è teoria, pianificazione, schema, concetti coi quali ho sempre avuto un rapporto molto travagliato.

Sono arrivato a ideare fino a 40 proposte di copertine la settimana. Per l'ultimo romanzo di Bruno Arpaia ho dovuto fare una decina di prove prima di avere l'okay. Bisogna avere tanta pazienza. Poi succede che, tra le centinaia di disegni esclusi, uno di loro vince la Medaglia d'Argento della Illustration Society di New York. E questo ti fa pensare.

Sai quante persone mi sono trovato davanti che mi hanno detto “l’illustrazione non si capisce, non è chiara, è criptica”? Non deve essere chiara, se no non è divertente!, rispondo io. E la stessa sorte la condividono, oggi, molti dei miei colleghi, che si trovano a dover spiegare le loro intenzioni a committenti la cui formazione visiva è ancorata alle avanguardie storiche.

 

Riuscire a far cose senza età dovrebbe essere l’obiettivo finale di ogni artista. Anche la formazione è molto soggettiva: bisogna guardare tante illustrazioni, disegni, leggere, cinema, fotografia, dalla preistoria ad oggi, ci vogliono anni. Le scuole possono essere molto formative, ma uno può imparare a disegnare da solo, come ho fatto io, armandosi di carta, matita e forbici.

Mi piace l'idea del Calendario perché è l'incarnazione fisica del tempo che ricorre e che raccoglie ciò che hai seminato durante l'anno, come se fossi un contadino. Ho sempre preferito il tempo ciclico a quello lineare: è decisamente più consolante e vicino al mondo.


A me vengono meglio le copertine degli autori di cui non mi frega niente. Sono più disinvolto, più sciolto, non sono incatenato da problemi di riverenza o di rispetto. Paradossalmente, meno l’autore mi piace, più libero e creativo mi sento.

Il nostro è in gran parte un paese di gente abituata a sopravvivere, a cavarsela in qualche modo, con poca voglia di alzare la testa e guardare la bellezza che ha intorno: se uno è ricco si diverte, se uno è povero tenta di sbarcare il lunario, possibilmente senza patire la fame.

Già il tentativo di farci diventare consumatori deficienti; se diventiamo pensatori deficienti, allora è la fine.


E chi l'ha detto che Scarabottolo parla poco? Noi, per esempio. Parla poco, ma quando parla lo fa a proposito, il che, già di per sé, è una consolazione.

E visto che ci siamo, vi invitiamo anche ad andare a comprare Manifesto segreto, il bellissimo albo che Guido ha appena pubblicato con Edizioni Vànvere.




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