lunedì 20 ottobre 2014

Piccole, inattese folgorazioni

Oggi tocca alla nostra penultima novità: Bestie, sufi, sultani, ovvero sedici storie di Jalâl âlDîn Rûmî, tratte dal corpo del più importante poema mistico della cultura orientale, del XIII secolo, il Mathnawì, 50.000 versi in cui fiabe, novelle e parabole si alternano a scritti sapienziali e saggi consigli. 


L'idea di questo libro è nata nel 2011, quando Paolo Canton era in giuria a Bologna per la Mostra degli illustratori. Paolo ricorda che
, entrando nella grande sala dove li aspettavano qualcosa come 14000 tavole originali, le prime illustrazioni che lui e Sophie van der Linden notarono furono quelle dell'illustratrice iraniana Nooshin Safakhoo. 
Perché? Perché erano meravigliose. Così, dopo la Fiera, ci mettemmo in contatto con Nooshin che ci spiegò come quei lavori fossero ispirati ad alcune storie contenute nel Mathnawì. Pensammo subito che questa fosse un'occasione imperdibile per far conoscere nel nostro Paese sia quei testi così importanti nella storia della letteratura, della spiritualità e della poesia, sia il lavoro di una illustratrice quasi sconosciuta ma dall'immaginario e dal talento irresistibili. Nooshin accettò la nostra proposta di sviluppare quell'abbozzo di progetto per farne un libro, e, a partire da quelle prime sei tavole realizzate, ci si mise subito a lavorare. 


Molto complesso è stato il lavoro sui testi per l'adattamento alla lingua italiana. Risalire dalle illustrazioni alle parti del poema scelte da Nooshin (nell'edizione italiana raccolto in cinque volumi), e lavorare a questi testi per proporli a un pubblico di ragazzi non è stata una passeggiata. Ci ha supportato validamente in questa impresa Anna Villani, redattrice anomala e dai molteplici interessi: poetessa, redattrice, lettrice, alpinista, schiva sì, ma dall'inesauribile curiosità.
Quando le abbiamo proposto il lavoro su queste storie, senza nasconderle le difficoltà che avrebbe incontrato, ha accolto l'idea con entusiasmo e con il sangue freddo di un rocciatore. E infatti, con  accuratezza e pazienza certosina, ha portato egregiamente a termine il compito.
In questo post sarà proprio lei a raccontare come sia andata questa esperienza.



[di Anna Villani]

Mi pare che tutto abbia avuto inizio così.
Era un grigio mattino di fine novembre, quando Paolo mi invitò per un caffè e mi chiese se mi sarebbe piaciuto occuparmi dei testi di un libro del quale esistevano già delle meravigliose illustrazioni. I Topi e io ci conoscevano da poco, da un corso di albi illustrati e da qualche deliziosa cena o aperitivo culturale, nutrimento di corpo e spirito; da poco mi si era aperto un mondo nuovo, fatto di persone interessanti e di lavori bellissimi, e di tutto il grande impegno (dedizione, pazienza e conoscenza) che ci sta dietro per realizzarli.


I Topi, nel loro intuito topesco, sapevano quanto questo lavoro avrebbe potuto essere di soddisfazione per me, e così, dopo qualche giorno da quel caffè, io, commessa Alpstation col pallino della scrittura, mi sono trovata con in mano i sei volumi del Mathnawì di Jalâl âlDîn Rûmî, editi in italiano da Bompiani. Assieme al testo originale, tradotto dal persiano da Gabriele Mandel Khàn e di Nùr-Carla Cerati-Mandel, avevo con me le illustrazioni di Nooshin Safakhoo e un testo di riassunti in inglese dell'opera, nonché alcuni utilissimi indici delle storie in pdf, per iniziare a orientarmi all’interno dei volumi.
L’impatto con la scrittura di Rûmî è stato tutt’altro che facile: i racconti sono quasi sempre frammentati da digressioni e parabole che fanno perdere, agli occhi di una lettrice inesperta, il filo conduttore della storia. Dai primi racconti uscivano morali molto dure, a volte di difficile comprensione, e molto lontane da una cultura occidentale moderna e laica, in cui spesso la fede si annacqua in vaga adesione, svuotata di senso.


Per andare avanti con il lavoro e intuire il grado di insegnamento mistico del libro, dovevo entrare più in sintonia con Rûmî: sapere chi era stato e in che contesto aveva vissuto. Sapere ad esempio che Rûmî, oltre che un grande poeta, è stato il fondatore della confraternita dei Dervisci rotanti, oggi identificati con gli esecutori della celebre danza, ma in origine asceti mendicanti in cerca del passaggio dal mondo materiale a quello celestiale. Queste informazioni mi sono state utili per ritrovare nel testo quelle caratteristiche che contraddistinguono la ricerca mistica sufi: l'amore di Dio, il distacco dalle passioni mondane, dai beni e dalle lusinghe del mondo, il rispetto e l’interesse per tutti gli esseri umani e la natura, visti come base di partenza per una crescita spirituale, al di là di religioni e ideologie.


In questo modo, sono riuscita a cogliere meglio il senso profondo del messaggio dei vari racconti, accontentandomi di non dover per forza trovare – perché viene sempre un po’ spontaneo cercarli – termini di paragone con la letteratura occidentale: né i miti greci né le favole di Esopo né il Vangelo né la Divina Commedia. Perché il Mathnawì resta proprio un mondo a sé.
Alcuni racconti in particolare sono state delle piccole e inattese folgorazioni: inattese perché nella mia testa la storia si poteva concludere diversamente in modo molto più 'logico' e consequenziale; ma la mistica pare abbia ben poco di logico e consequenziale…
Altri sono semplicemente impeccabili – penso a quello de I tre pesci; su altri ancora resto a oggi con il dubbio di averli capiti io stessa, o forse un poco rammaricata per averli riscritti proprio così. Ma credo che in parte questo sia inevitabile perché un testo sapienziale è enigmatico per sua natura.


Adesso è facile parlare con il senno del poi e rivedere le proprie scelte sotto un’altra luce; è facile dire dopo quello che si sarebbe potuto fare prima. Ora che un po’ di tempo è passato da questo lavoro, mi chiedo con quale piccola incoscienza o più semplicemente immodestia, mi sono messa a leggere e a riscrivere un testo così complesso, senza farmi troppe domande, senza preoccuparmi della mia ignoranza in materia di sufismo e mistica, solamente lasciando condurre il pensiero da entusiasmo, buon senso, soggezione e intuito, e, alla fine, da una grande simpatia per i suoi personaggi…


Va aggiunto, a concludere, che questo libro non sarebbe stato altrettanto bello ed equilibrato se non ci fosse stato il contributo di Anna Martinucci, che ha rielaborato e dato equilibrio a un progetto grafico nato in case editrice. E poi, chi altri avrebbe potuto inventarsi dei risguardi così poetici?

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