Letture facoltative (Adelphi, 2006) è uno di quei libri per i quali vale la pena, se ancora non lo si è letto, di mettersi su in fretta e in furia il cappotto con sotto il pigiama, se ancora non ci si è vestiti, per correre alla prima libreria vicino a casa ad acquistarlo. L'ha scritto un Nobel per la letteratura, Wisława Szymborska: il meno pomposo, saccente e trombone Nobel della storia, in compenso la più ironica, lieve e sferzante voce che si possa immaginare. La signora Szymborska ha il dono di dire cose che accendono la testa come un salone delle feste, illuminato da centomila cristalli. Basti dire che Letture facoltative è una raccolta di recensioni su libri marginali, inutili, frivoli, popolari, pratici, cioè libri rigorosamente non “nobili” (ed è sufficiente soffermarsi sull'idea di recensire libri così, per intuirne la genialità).
Siccome a questo genere di libri, nella concezione corrente di letteratura non nobile, appartengono anche quelli destinati ai bambini (persino le Fiabe di Andersen), ecco che la Szymborska, su tale argomento, ha scritto una pagina fondamentale. Si intitola L'importanza di farsi spaventare. Eccola qui.
A uno scrittore dall'immaginazione piuttosto sbrigliata proposero di scrivere qualcosa per i bambini. «Benissimo,» si rallegrò «avevo giusto in mente un raccontino con una strega». Le signore della casa editrice cominciarono a gesticolare agitate: «No, le streghe no, per carità! Non si devono spaventare i bambini!» «E i giocattoli nei negozi?» domandò lo scrittore. «Come la mettiamo con quegli orsacchiotti strabici di peluche viola?» Quanto a me, sono di un diverso avviso.
I bambini amano essere spaventati dalle favole. Hanno un naturale bisogno di sperimentare emozioni forti. Andersen atterriva i bambini, ma nessuno di loro, una volta diventato grande, gliene ha mai voluto. Le sue splendide favole sono piene di creature soprannaturali, senza contare gli animali parlanti e i secchi dal pronto eloquio. Non tutti i membri di questa confraternita sono cordiali e innocui. Il personaggio che ricorre con maggiore frequenza è la morte, figura implacabile che irrompe all'improvviso nel cuore della felicità, portandosi via i migliori, i più amati.
Andersen prendeva i bambini sul serio. Non parlava loro soltanto della radiosa avventura della vita, ma anche di disgrazie, sventure e sconfitte non sempre meritate. Le sue favole, popolate di creature immaginarie, sono più realistiche di quintali di odierna letteratura per l'infanzia, così ansiosa di risultare verisimile da sfuggire gli incantesimi come la peste. Andersen aveva il coraggio di scrivere favole con un finale triste. Riteneva che non si debba cercare di essere buoni per un tornaconto (proprio quello che i raccontini moralistici di oggi si ostinano a divulgare, e che non sempre, in questo mondo, corrisponde a verità), ma perché la cattiveria è frutto di un limite intellettuale ed emotivo, l'unica forma di miseria da cui tenersi alla larga. Ed è ridicola, quant'è ridicola! Andersen non sarebbe stato il grande scrittore che fu senza un senso dell'umorismo che spaziava dall'indulgenza al dileggio. E non sarebbe stato nemmeno un grande moralista, se si fosse limitato a incarnare i buoni sentimenti. No, aveva i suoi capricci, le sue debolezze e nella vita di ogni giorno poteva essere un tipo insopportabile.
Pare che Dickens rendesse grazie al cielo il giorno in cui Andersen si recò a fargli visita e fu sistemato in una cameretta piena di fiori in segno di benvenuto. Ma poi arrivò a fare altrettanto anche il giorno in cui l'ospite ripartì alla volta della nebbiosa Copenhagen.
E noi che credevamo che due scrittori per tanti versi simili avrebbero dovuto rimanere a fissarsi negli occhi fino alla morte! Beh, pazienza.
(trad. Valentina Parisi)
Siccome a questo genere di libri, nella concezione corrente di letteratura non nobile, appartengono anche quelli destinati ai bambini (persino le Fiabe di Andersen), ecco che la Szymborska, su tale argomento, ha scritto una pagina fondamentale. Si intitola L'importanza di farsi spaventare. Eccola qui.
A uno scrittore dall'immaginazione piuttosto sbrigliata proposero di scrivere qualcosa per i bambini. «Benissimo,» si rallegrò «avevo giusto in mente un raccontino con una strega». Le signore della casa editrice cominciarono a gesticolare agitate: «No, le streghe no, per carità! Non si devono spaventare i bambini!» «E i giocattoli nei negozi?» domandò lo scrittore. «Come la mettiamo con quegli orsacchiotti strabici di peluche viola?» Quanto a me, sono di un diverso avviso.
I bambini amano essere spaventati dalle favole. Hanno un naturale bisogno di sperimentare emozioni forti. Andersen atterriva i bambini, ma nessuno di loro, una volta diventato grande, gliene ha mai voluto. Le sue splendide favole sono piene di creature soprannaturali, senza contare gli animali parlanti e i secchi dal pronto eloquio. Non tutti i membri di questa confraternita sono cordiali e innocui. Il personaggio che ricorre con maggiore frequenza è la morte, figura implacabile che irrompe all'improvviso nel cuore della felicità, portandosi via i migliori, i più amati.
Andersen prendeva i bambini sul serio. Non parlava loro soltanto della radiosa avventura della vita, ma anche di disgrazie, sventure e sconfitte non sempre meritate. Le sue favole, popolate di creature immaginarie, sono più realistiche di quintali di odierna letteratura per l'infanzia, così ansiosa di risultare verisimile da sfuggire gli incantesimi come la peste. Andersen aveva il coraggio di scrivere favole con un finale triste. Riteneva che non si debba cercare di essere buoni per un tornaconto (proprio quello che i raccontini moralistici di oggi si ostinano a divulgare, e che non sempre, in questo mondo, corrisponde a verità), ma perché la cattiveria è frutto di un limite intellettuale ed emotivo, l'unica forma di miseria da cui tenersi alla larga. Ed è ridicola, quant'è ridicola! Andersen non sarebbe stato il grande scrittore che fu senza un senso dell'umorismo che spaziava dall'indulgenza al dileggio. E non sarebbe stato nemmeno un grande moralista, se si fosse limitato a incarnare i buoni sentimenti. No, aveva i suoi capricci, le sue debolezze e nella vita di ogni giorno poteva essere un tipo insopportabile.
Pare che Dickens rendesse grazie al cielo il giorno in cui Andersen si recò a fargli visita e fu sistemato in una cameretta piena di fiori in segno di benvenuto. Ma poi arrivò a fare altrettanto anche il giorno in cui l'ospite ripartì alla volta della nebbiosa Copenhagen.
E noi che credevamo che due scrittori per tanti versi simili avrebbero dovuto rimanere a fissarsi negli occhi fino alla morte! Beh, pazienza.
(trad. Valentina Parisi)
(Qui sopra, nel testo, le tavole delle illustrazioni di Joanna Concejo per I cigni selvatici di Andersen, che pubblicheremo a gennaio)
17 commenti:
Meraviglioso!
Corro in libreria, sarà il mio pranzo. Gnam!
Che gli artisti, nel privato, dimostrassero delle personalità non molto 'easy going' è risaputo. Ne ammiriamo le opere e pensiamo fossero persone straordinarie, forse perchè le loro biografie sono per lo più edulcorate dagli aspetti più scabrosi.
Le convivenze poi sono difficili. Mi viene in mente quella di Van Gogh e Gauguin, nella famosa "Casa gialla" di Arles, o quella di Wordsworth e Coleridge.
Entrambe finite male.
Mi ha fatto sorridere l'aneddoto di Dickens. Anch'io sono sempre felice di veder arrivare gli ospiti, ma lo sono altrettanto, nel vederli ripartire. :-)
Quanto al tema del post, è davvero strano che in un'epoca in cui si dà tanto risalto alla psiche, non si conoscano l'utilità e l'importanza delle fiabe classiche nella crescita del bambino.
Propongo lezioni specifiche per educatori e genitori.
Un consiglio così, non me lo lascerò sicuramente scappare...è una meraviglia e un gusto trovare queste chcche...farò felice la mia bimba interiore...e non solo!
Le illustrazioni sono splendide...delle opere d'arte tutte da scoprire!
Avevo appena comprato ad un mercatino "I cigni selvatici" da leggere alla mia bimba di sei anni...è una delle mie preferite!
Splendido blog.
Complimenti!
aahhh! Que maravilha! Como posso comprar?
Oi Ana. Espere até janeiro. Depois, você pode comprá-lo a partir do site http://www.topipittori.it/en/topishop
Ho accolto il vostro suggerimento e mi sono procurata il libro: che spettacolo!
Non è importante avere letto i testi che l'autrice recensisce perchè questi libri costituiscono semplicementete uno spunto per parlare di cose che riguardano noi tutti.
Bè devo dire che la genialata di lasciare i fiori ad un ospite non gradito nel momento dei saluti mi ha fatto morire dal ridere.
Grandi!!!
posso dissentire su Andersen? mi trovarono sdraiata in lacrime dopo aver letto La piccola fiammiferaia e tuttora lo vieterei ai minori, nonostante questo il libro me lo prendo di sicuro
Accidenti! mi è toccato leggere questo post coinvolgente proprio ora che fuori imperversa la neve.. Con 50 cm tendenti al rialzo come faccio a correre in libreria a comprarlo? topastri tentatori..
Grazie del bellissimo post!
Prezioso. Grazie!
che bel post...dalla deliziosa e stupefacente Wislava ad andersen e le meravigliose illutrazioni di J.Consejo...grazie ho tutte le poesie.ma non posso farmi mancare nulla di questa meravigliosa donna...
Anche mia figlia non vuole più leggerela la piccola fiammiferaia...troppi lacrimoni! Ma solo quella....
Un libro bellissimo, sorella di Collezioni di sabbia di Calvino... Una cosa bella che ho sottolineato del libro, in aggiunta a quella da voi citata:
«Il poeta rimarrà sempre un erede spirituale delle tribù primitive: è un animista, un feticista che crede nelle forze segrete che sonnecchiano in ogni cosa, ed è convinto dche con l'aiuto di paole opportunamente scelte riuscirà a risvegliarle»
Belle belle anche le illustrazioni del nuovo libro.
Sono in piagiama, con la bimba neonata nel marsupio e fa troppo caldo per metetrsi il cappotto: ma in libreria trovo il modo di correre lo stesso ;)
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