mercoledì 9 maggio 2012

Il mio obiettivo è non mentire

Maurice Sendak (10 giugno 1928 – 8 maggio 2012)

Maurice Sendak, Self-portrait for Time.
«Max, l’eroe del mio libro, scarica la sua rabbia contro la madre e torna al mondo reale assonnato,  affamato e in pace con se stesso.
È normale desiderare di proteggere i propri figli da esperienze nuove e dolorose, al di là della loro capacità di comprensione emotiva, che alimentano le loro ansie; e, in qualche misura, possiamo prevenire un’esposizione prematura a questo tipo di esperienze.
Maurice Sendak, Outside Over There, 1981
Questo è ovvio. Ma è altrettanto ovvio – per quanto spesso ignorato – il fatto che fin dai primi anni i bambini hanno familiarità con emozioni sgradevoli, che la paura e l’ansia sono parte intrinseca della loro vita quotidiana, che devono continuamente gestire le frustrazioni al meglio delle loro capacità.
Ed è attraverso la fantasia che i bambini possono arrivare alla catarsi: è lo strumento migliore che hanno a disposizione per domare i “mostri selvaggi”.
È il mio coinvolgimento rispetto a questa ineludibile realtà dell’infanzia – la terribile vulnerabilità del bambino e la sua lotta quotidiana per diventare il “re dei mostri selvaggi” – che conferisce al mio lavoro quel po’ di verità e di passione che ha.»


Maurice Sendak, We Are All in the Dumps with Jack and Guy, 1993.

Maurice Sendak, In the Night Kitchen, 1970.

Maurice Sendak, Fly by Night, 1976.
«Credo che i bambini intuiscano il significato profondo di ogni cosa. Sono solo gli adulti che per la maggior parte del tempo leggono la superficie. Sto generalizzando, naturalmente, ma le mie illustrazioni non sorprendono i bambini.  Loro sanno cosa c’è in queste storie. Sanno che matrigna significa madre, e che il suffisso -igna è lì per evitare che gli adulti si spaventino. I bambini sanno che ci sono madri che abbandonano i loro bambini, emotivamente, non letteralmente. Talvolta vivono con questa realtà. Non mentono a se stessi. E vorrebbero sopravvivere, se questo accade. Il mio obiettivo è non mentire loro.»


M. Sendak, The Juniper Tree and Other Tales from Grimm, 1973
Interrogato sul perché le sue illustrazioni per le fiabe dei Grimm siano “claustrofobiche”, Sendak risponde: «Perché lo sono i racconti, che lavorano a due livelli: come storie, nel primo; nel secondo, a rivelare la profondità psicologica dei drammi narrati. Io non sono interessato al primo livello, ma sono invece interessato a quello che c'è sotto. Il mio intento è quello di indurre il lettore, che pensa si tratti di storie semplici, a tornare all’inizio, per rileggere la storia. Non mi interessa mostrare Raperonzolo che butta la treccia dalla finestra. Non è questo di cui parla la storia. Molti illustratori scelgono questa immagine, perché sembra una cosa facile da disegnare.

M. Sendak, The Juniper Tree and Other Tales from Grimm, 1973
Per me i capelli di Raperonzolo sono un trucco narrativo. A me interessa cercare quel che c’è sotto. È difficile. Non esiste una storia che riveli il proprio segreto in modo facile, immediato. Come in Biancaneve,  in Raperonzolo il conflitto cruciale è tra gioventù e vecchiaia. La strega vuole disperatamente evitare ogni manifestazione di sensualità in Raperonzolo, ogni ammirazione della sua bellezza.»

«I racconti dei Grimm non sono materiali da picture book.  Permettono invece una illustrazione interpretativa. Le immagini hanno molto da dire sui testi.

M. Sendak, The Juniper Tree and Other Tales from Grimm, 1973
Il trucco è dar forma allo stesso messaggio, ma in modo diverso. Non è una buona cosa per un illustratore dire quel che ha in mente, se questo non è nel testo. È una buona cosa dire la stessa cosa che sta dicendo la storia, ma in modo personale, così da espandere il suo significato, potenziare, allargare la sua ampiezza. Non devi fare il tuo pezzo di bravura.
Devi farlo nei confini della storia che stai illustrando  qualunque cosa siano Hansel e Gretel o Biancaneve, devi farli più grandi  di quel che sono, ma restando tu, artista, nella storia. L’illustratore può fare un grande lavoro di interpetazione, allargamento, estensione, illuminazione. Ma deve essere discreto. Deve scavalcare la storia, ma anche scavalcare il proprio ego a beneficio della storia. E questo è più divertente di ogni altro genere di illustrazione.»

Tutti i brani riportati sono tratti dalla monografia in due volumi di Selma G. Lanes, The Art of Maurice Sendak, Abradale Abrams, 1993.

Maurice Sendak, Dear Mili, 1988.
Maurice Sendak, Dear Mili, 1988.


5 commenti:

Mauro Mongarli ha detto...

Quando penso al rispetto che devi avere dentro per raccontare, condividere, pensare, inventare, modificare, adattare, illustrare, stroncare, amare, odiare una storia – qualunque storia – penso all'esempio che mi hanno portato tre persone. Una di queste è Maurice Sendak, e il fatto che ora abbia raggiunto le altre due, se da un lato mi addolora, dall'altro mi regala un senso di compimento che ci metterò un po' a capire. Forse è solo il sollievo di vedere una grande anima lasciare questa terra di mostri selvaggi.

Unknown ha detto...

Che bello questo contributo. Grazie topi!

visualplantae ha detto...

veramente bello leggere queste parole... grazie.

simoff ha detto...

un post ricco che fa tanto pensare; grazie

Benedetta ha detto...

ci sono persone, e uso volutamente il presente perchè RIMANGONO per sempre, che hanno il dono vero di restare in contatto con l'infanzia, che non si permettono espressioni come " che bell'età" ma ne vedono le lotte e il fascino e ci guidano a riscoprirlo.
CIAO