Tove Jansson è l'inventrice dei Mumin. Oltre che disegnare, come è noto, sapeva scrivere. E non così tanto per dire. Sapeva davvero scrivere. La casa editrice Iperborea ha pubblicato tutti i suoi libri (eccetto quelli per ragazzi che sono editi da Salani). A Roma ho comprato l'ultimo, Il libro dell'inverno. E l'ho fatto anche per parlarne qui.
Ci sono cose bellissime in questo libro poco ingombrante; una di queste, sono i messaggi che la Jansson riceveva e di cui fa un lungo, esilarante elenco. Eccone due: “Che cosa devo fare con i miei genitori, stanno diventando sempre più impossibili. Mi scriva!”; “Il mio gatto è morto! Scriva subito.”
Il racconto di cui oggi vi riporto alcuni brani si intitola Natale.
Cosa significa sapere raccontare? Significa questo.
Più si è piccoli, più il Natale è grande. Sotto l'abete il Natale è enorme, è una giungla verde con mele rosse e angeli malinconici che girano su se stessi appesi ai loro fili e sorvegliano l'ingresso della foresta vergine. E la foresta vergine continua all'infinito dentro le palle di vetro, il Natale è una sicurezza assoluta grazie all'albero.[...]
Noi, cioè papà e io, ci alziamo alle sei nel giorno prefissato, perché gli abeti bisogna comprarli al buio. Da Skatudden andiamo a piedi fino all'altro capo della città perché là c'è un grande porto che è lo sfondo necessario per l'acquisto di un abete. Siamo abituati a metterci varie ore a scegliere e guardiamo con sospetto ogni singolo ramo: potrebbe essere tarlato. Fa sempre freddo. Una volta papà si è preso la punta di un abete in un occhio. Il buio del mattino brulica di fagotti neri gelati che cercano il loro albero e la neve è cosparsa di ramoscelli d'abete. Su tutto il porto e la piazza aleggia un'atmosfera di minaccia e sortilegio.
Poi l'atelier si trasforma in una foresta vergine, dove ci si può nascondere e diventare irraggiungibili infilandosi in fondo sotto l'abete. Sotto l'abete bisogna essere pieni d'amore. Ci sono posti anche per essere tristi e per odiare, per esempio tra le due porte dove arriva la posta. […] Se uno odia in una grande stanza muore sul colpo. Ma se lo spazio è stretto l'odio ritorna dentro e resta intorno al corpo e non arriva mai fino a Dio.
Con gli abeti è tutt'altra cosa, specie dopo che si sono appese le palle di vetro. Le palle attraggono amore, per questo è così terribilmente pericoloso farle cadere.
Non appena l'albero di Natale entrava nell'atelier, tutto assumeva un nuovo significato, si caricava di una sacralità che non c'entrava neanche con l'arte. Cominciava sul serio il Natale. […]
Il Natale ha sempre frusciato, ogni volta frusciava in modo misterioso di carta d'argento e carta d'oro e carta velina, una profusione esagerata di carta luccicante che nascondeva tutto e dava una sensazione di sperpero sfrenato.
C'erano stelle e fiocchi dappertutto, anche sul piatto dello sformato di navoni e sulle costose salsicce comprate che apparivano in tavola prima che cominciassimo con il vero prosciutto.
Capitava di svegliarsi nel cuore della notte e di sentire il rassicurante frusciare della mamma che preparava i regali. […]
La mamma pesava le caramelle e le noci su un pesalettere in modo che ognuno ne ricevesse esattamente la stessa quantità. Per tutto il resto dell'anno va bene fare un po' come capita, nessuno ha il tempo di essere così preciso, ma il Natale è un momento di equità assoluta. Per questo è così stressante. […]
All'inizio del pomeriggio papà cominciava a essere agitato perché prendeva il Natale molto sul serio e faceva fatica a sopportare tutti i preparativi. Non ne poteva più. Raddrizzava ogni singola candela e ci avvertiva del pericolo di incendio. Si precipitava fuori a comprare il Vischio, un ramoscello molto piccolo che è più prezioso di rose e orchidee e deve essere appeso al soffitto. Non faceva che chiedere se tutto fosse in ordine e di colpo trovava che l'intera Betlemme fosse sbagliata. […]
Dopo cena c'era una lunga pausa per lasciare il posto al Natale. Ce ne stavamo sdraiati nei nostri soppalchi al buio e sentivamo la mamma trafficare intorno alla stufa di maiolica mentre fuori in strada c'era un silenzio totale.[…]
E infine arrivava il momento del Vangelo di Natale. Il punto più solenne era quando Maria nascondeva le parole nel proprio cuore, e quasi altrettanto bello era quando prendevano una strada diversa per tornare al loro paese. Il resto non era così avvincente.
Noi ci riprendevamo un po' e papà si faceva un Pim, e a quel punto sapevo con un senso di trionfo che il Natale era mio.
Strisciavo nella foresta vergine sotto l'albero e tiravo fuori il pacchetto. La sensazione di amore era quasi insopportabile ora sotto quei rami, una santità compatta di Marie e angeli e mamme e Lucie e sculture, tutto quanto mi benediceva e perdonava l'intero anno e anche il vestibolo, e tutto su tutta la terra purché ci fosse l'assoluta certezza che tutti amavano tutti.
E in quel preciso istante io facevo cadere sul pavimento di cemento la palla di vetro più grossa che si trasformava nelle più infime e più tristi schegge del mondo.
Il silenzio che seguiva era inaudito. Nel collo la palla aveva un piccolo anello con due sottili antennine di metallo. E la mamma diceva: quella palla comunque è sempre stata del colore sbagliato.
E poi arrivava la notte quando tutte le candele erano consumate e tutti gli incendi spenti e tutti i nastri e le carte ripiegati per il prossimo Natale. Io avevo i miei regali con me nel letto. […]
Non c'è niente di più tranquillo del periodo dopo Natale, quando si è ricevuto il perdono per tutto quanto e si può ridiventare come al solito.
A poco a poco imballavamo tutte le cose sacre e le rimettevamo via in cima all'armadio del vestibolo, e i rami dell'abete bruciavano nella stufa con piccole e violente esplosioni. Ma il tronco lo bruciavamo solo il Natale successivo. Rimaneva tutto l'anno accanto alla cassa del gesso, a ricordarci il Natale e l'assoluta sicurezza di ogni cosa.
(trad. di Carmen Giorgetti Cima)
Vi auguriamo buon anno nuovo. Ci ritroviamo l'8 gennaio.
Ci sono cose bellissime in questo libro poco ingombrante; una di queste, sono i messaggi che la Jansson riceveva e di cui fa un lungo, esilarante elenco. Eccone due: “Che cosa devo fare con i miei genitori, stanno diventando sempre più impossibili. Mi scriva!”; “Il mio gatto è morto! Scriva subito.”
Il racconto di cui oggi vi riporto alcuni brani si intitola Natale.
Cosa significa sapere raccontare? Significa questo.
Più si è piccoli, più il Natale è grande. Sotto l'abete il Natale è enorme, è una giungla verde con mele rosse e angeli malinconici che girano su se stessi appesi ai loro fili e sorvegliano l'ingresso della foresta vergine. E la foresta vergine continua all'infinito dentro le palle di vetro, il Natale è una sicurezza assoluta grazie all'albero.[...]
Noi, cioè papà e io, ci alziamo alle sei nel giorno prefissato, perché gli abeti bisogna comprarli al buio. Da Skatudden andiamo a piedi fino all'altro capo della città perché là c'è un grande porto che è lo sfondo necessario per l'acquisto di un abete. Siamo abituati a metterci varie ore a scegliere e guardiamo con sospetto ogni singolo ramo: potrebbe essere tarlato. Fa sempre freddo. Una volta papà si è preso la punta di un abete in un occhio. Il buio del mattino brulica di fagotti neri gelati che cercano il loro albero e la neve è cosparsa di ramoscelli d'abete. Su tutto il porto e la piazza aleggia un'atmosfera di minaccia e sortilegio.
Poi l'atelier si trasforma in una foresta vergine, dove ci si può nascondere e diventare irraggiungibili infilandosi in fondo sotto l'abete. Sotto l'abete bisogna essere pieni d'amore. Ci sono posti anche per essere tristi e per odiare, per esempio tra le due porte dove arriva la posta. […] Se uno odia in una grande stanza muore sul colpo. Ma se lo spazio è stretto l'odio ritorna dentro e resta intorno al corpo e non arriva mai fino a Dio.
Gustaf Fjæstad, Hard Frost and Star. |
Con gli abeti è tutt'altra cosa, specie dopo che si sono appese le palle di vetro. Le palle attraggono amore, per questo è così terribilmente pericoloso farle cadere.
Non appena l'albero di Natale entrava nell'atelier, tutto assumeva un nuovo significato, si caricava di una sacralità che non c'entrava neanche con l'arte. Cominciava sul serio il Natale. […]
Il Natale ha sempre frusciato, ogni volta frusciava in modo misterioso di carta d'argento e carta d'oro e carta velina, una profusione esagerata di carta luccicante che nascondeva tutto e dava una sensazione di sperpero sfrenato.
C'erano stelle e fiocchi dappertutto, anche sul piatto dello sformato di navoni e sulle costose salsicce comprate che apparivano in tavola prima che cominciassimo con il vero prosciutto.
Capitava di svegliarsi nel cuore della notte e di sentire il rassicurante frusciare della mamma che preparava i regali. […]
La mamma pesava le caramelle e le noci su un pesalettere in modo che ognuno ne ricevesse esattamente la stessa quantità. Per tutto il resto dell'anno va bene fare un po' come capita, nessuno ha il tempo di essere così preciso, ma il Natale è un momento di equità assoluta. Per questo è così stressante. […]
All'inizio del pomeriggio papà cominciava a essere agitato perché prendeva il Natale molto sul serio e faceva fatica a sopportare tutti i preparativi. Non ne poteva più. Raddrizzava ogni singola candela e ci avvertiva del pericolo di incendio. Si precipitava fuori a comprare il Vischio, un ramoscello molto piccolo che è più prezioso di rose e orchidee e deve essere appeso al soffitto. Non faceva che chiedere se tutto fosse in ordine e di colpo trovava che l'intera Betlemme fosse sbagliata. […]
Dopo cena c'era una lunga pausa per lasciare il posto al Natale. Ce ne stavamo sdraiati nei nostri soppalchi al buio e sentivamo la mamma trafficare intorno alla stufa di maiolica mentre fuori in strada c'era un silenzio totale.[…]
Gustaf Fjæstad, Winter Landscape. |
E infine arrivava il momento del Vangelo di Natale. Il punto più solenne era quando Maria nascondeva le parole nel proprio cuore, e quasi altrettanto bello era quando prendevano una strada diversa per tornare al loro paese. Il resto non era così avvincente.
Noi ci riprendevamo un po' e papà si faceva un Pim, e a quel punto sapevo con un senso di trionfo che il Natale era mio.
Strisciavo nella foresta vergine sotto l'albero e tiravo fuori il pacchetto. La sensazione di amore era quasi insopportabile ora sotto quei rami, una santità compatta di Marie e angeli e mamme e Lucie e sculture, tutto quanto mi benediceva e perdonava l'intero anno e anche il vestibolo, e tutto su tutta la terra purché ci fosse l'assoluta certezza che tutti amavano tutti.
E in quel preciso istante io facevo cadere sul pavimento di cemento la palla di vetro più grossa che si trasformava nelle più infime e più tristi schegge del mondo.
Il silenzio che seguiva era inaudito. Nel collo la palla aveva un piccolo anello con due sottili antennine di metallo. E la mamma diceva: quella palla comunque è sempre stata del colore sbagliato.
E poi arrivava la notte quando tutte le candele erano consumate e tutti gli incendi spenti e tutti i nastri e le carte ripiegati per il prossimo Natale. Io avevo i miei regali con me nel letto. […]
Non c'è niente di più tranquillo del periodo dopo Natale, quando si è ricevuto il perdono per tutto quanto e si può ridiventare come al solito.
A poco a poco imballavamo tutte le cose sacre e le rimettevamo via in cima all'armadio del vestibolo, e i rami dell'abete bruciavano nella stufa con piccole e violente esplosioni. Ma il tronco lo bruciavamo solo il Natale successivo. Rimaneva tutto l'anno accanto alla cassa del gesso, a ricordarci il Natale e l'assoluta sicurezza di ogni cosa.
(trad. di Carmen Giorgetti Cima)
Vi auguriamo buon anno nuovo. Ci ritroviamo l'8 gennaio.
Gustaf Fjæstad, Snow covered Road with a Fence. |
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