[di Valentina Colombo]
Faccio parte di quello stuolo di
ammiratori (quasi) incondizionati che ha praticamente fatto il conto
alla rovescia per l'apertura della mostra dedicata a Bruno Munari dal
Museo del Novecento, a Milano. Dal 6 di aprile al 7 settembre, al
piano terra di questo bellissimo spazio, potrete vedere numerose
opere del designer, pittore, scultore, scrittore, teorico, filosofo,
artista, futurista, concretista... insomma di Munari “politecnico”.
Un aggettivo che, secondo il curatore Marco Sammicheli, racchiude
proprio l'indiscussa poli-tecnicità di Munari. Abbiamo già parlato
svariate volte di lui in questo blog, in relazione ai suoi libri per
bambini, ma anche alla sua estetica, alla filosofia e al metodo da
lui creato, che ormai hanno fatto scuola.
Dare conto di questo immenso corpus di
ricerca e di opere è una impresa non da poco. Le collezioni Munari
sono sparse un po' ovunque. Quello che è presente alla mostra in
corso proviene in gran parte dalla Fondazione Vodoz-Danese, dove si è
realizzata la prima retrospettiva, nel 1996, di cui questa è una
ideale prosecuzione e un ampliamento; dalle Collezioni Civiche del
Comune di Milano; dallo stesso Museo del Novecento e dagli archivi
dell'ISISUF (Istituto Internazionale di Studi sul Futurismo).
Alta tensione, 1996 |
Macchina aerea |
Chi conosce le opere di Munari forse da
una retrospettiva si aspettava una quantità e una varietà di opere
diversa.
In primo piano, Fossili del 2000, 1979. Sullo sfondo si vedono i disegni per Nella notte buia, libro uscito nel 1956. |
Scrittura illeggibile di un popolo sconosciuto, 1984-1985 |
Una delle teche con i lavori editoriali di Munari. A sinistra, Le Macchine di Munari, a destra un suo taccuino. |
Solo poche tavole dedicate ai suoi libri, pochi dei suoi
bellissimi Libri illeggibili: la parte editoriale del suo lavoro è
forse la più assente in questo allestimento, curato da Paolo Giacomazzi, molto ben riuscito, coerente con la limpidezza e la
pulizia del lavoro di Munari.
Bambù, 1965 |
La mostra è suddivisa in quattro
sezioni: la formazione artistica giovanile; il rapporto con la
scienza e la relazione tra questa e la prassi e teoria creativa;
quello con l'arte, l'estetica e il fare artistico e, infine, con i
movimenti con cui Munari è venuto in contatto nel corso della sua vita.
Intorno a questi quattro pilastri alcuni spunti, sprazzi di quello
che accadeva a Milano e nel mondo, a dialogare con le opere esposte,
cercando di far emergere le citazioni, le rielaborazioni e le
riflessioni di Munari sulla contemporaneità. E quindi si trovano,
sulle pareti laterali della sala, tra gli altri, Franco Grignani, Max Huber ed Enzo Mari.
Di nuovo, mai visto altrove, almeno per
me, c'erano i Vasi di Bambù, ma soprattutto un accenno, peccato sia
solo tale, alla presenza fondamentale della moglie Dilma, autrice di
un piccolo collage, tra i primi esposti, che sembra giocare con le
opere del marito.
Carlo Belloli, Tipogrammi per Marinetti, 1943 |
Dilma Munari, Collage su carta senza titolo, 1936 |
Enzo Mari, Interno, 1952 |
Max Bill, Farben um schwarz und Weiss, 1977 |
Eppure, da una retrospettiva su un
artista così, in una cornice tanto importante, forse mi sarei
aspettata di più. Si sente, pesante, l'assenza dell'elemento del
gioco, così fondamentale per Munari. Se ne vede bene l'aspetto
sperimentatore, polimaterico, politecnico, appunto.
Proiezioni dirette, 1951 |
Si nota il lavoro
teorico e pratico sui materiali, e quindi, sul design. Ci si diverte
a spulciare tra le diapositive esposte ordinatamente nelle teche, e a
immaginare i Tessuti ottenuti dagli errori delle macchine
stampatrici degli anni Ottanta sulla sedia di design esposta in
uno degli eventi della Design Week, appena terminati.
Tessuti ottenuti dagli errori delle macchine stampatrici, 1982 |
Mi chiedo che cosa si volesse
trasmettere di Munari, a chi e utilizzando quale chiave di lettura.
Mi resta una sensazione di incompletezza, di non chiarezza. C'è
sempre una semplicità nelle sue opere, data dal fatto che il primo
motore di conoscenza in Munari è sempre stata l'esperienza, intesa
proprio come sperimentazione casuale, pratica, giocosa del mondo e di
tutte le manifestazioni della creatività umana. Una mostra come
questa è forse troppo, per così dire, seriosa.
Sarebbe stato
bellissimo se tra una limpida bacheca e l'altra ci fosse stata
qualcuna delle splendide foto esposte nella sala attigua: una
raccolta di scatti di Ada Ardessi e Atto con il titolo Chi s'è
visto s'è visto (un titolo che credo Munari avrebbe amato perché
racchiude una ironia e un gioco di parole ricchi di spunti di
riflessione) che avrebbero contribuito a creare quel ritratto di uomo
minuto e curioso che invece fatica ad emergere.
Infine, dal punto di vista di una
appassionata, è un peccato che questa retrospettiva si limiti
solamente alle opere provenienti dalle collezioni comunali e dalla
Fondazione Vodoz-Danese.
Lo scorso settembre, ad esempio, tra le tante iniziative, al MoMA di New York,
Corraini, editore ormai di quasi tutto il corpus delle opere diMunari, ha presentato la sua collezione di libri d'artista, opere
fuori catalogo e bozzetti. Sembra che le due mostre non abbiano in
nessun modo dialogato tra loro, ed è un peccato, perché Munari
politecnico è anche Munari illustratore e grafico di libri per
bambini, e non solo. Ma penso anche alla bella Collezione di Cantù. Questo anche perché il 3 giugno si terrà una
giornata internazionale di studi su Bruno Munari, con esperti
provenienti da ogni parte del mondo.
Movimento apparente di una texture, 1960 |
La mostra è senz'altro degna di essere
vista, sia che si conosca bene Munari sia che ci si avvicini a lui
per la prima volta. C'è tanta bellezza in quelle sale da rimanerne
folgorati a vita, e tante sollecitazioni visive e metodologiche da
scriverne pagine e pagine. E sicuramente mi rimane la grande
curiosità del catalogo, in corso di realizzazione. Non si tratterà,
a quanto sembra, di un normale catalogo delle opere esposte, ma di un
ritratto di Munari attraverso gli occhi di chi lo ha conosciuto e ha
lavorato con lui. Il libro verrà presentato a fine mostra, quindi
dovremo attendere ancora qualche mese. Un altro conto alla rovescia
per me.
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