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mercoledì 18 aprile 2012

La macchina dei pensieri

La scorsa settimana abbiamo parlato di alcuni celebri bruchi. Fra questi, quello, insaziabile, di Eric Carle. In questi giorni, ho trovato il filmato di The very hungy caterpillar, e per non far ingiustizie, favorendo il piccolo bruco misuratutto di Lionni, oggi ve lo proponiamo, insieme a un brano, la parte finale di una conferenza tenuta da Eric Carle nel 1990, alla Library of Congress di Washington, dal titolo Where do ideas come from? contenuto nella interessantissima monografia The art of Eric Carle, Philomel Books, 1996. Tempo fa, in questo blog abbiamo pubblicato una pagina di Lionni sul medesimo tema, molto utile, a nostro avviso, a far riflettere chi stia imparando a costruire storie. Può essere interessante confrontarle.



I nomi di Carle e Lionni si intrecciano spesso, e non per caso. Lionni ebbe, infatti, una parte importante nella carriera artistica di Carle. Arrivato a New York, il giovane Carle si rivolse proprio a Lionni, allora art director di Fortune, per sottoporgli il suo lavoro e avere consigli e indicazioni. Lionni si rese conto subito di chi aveva di fronte, e così, su due piedi, propose al giovane sconosciuto un lavoro come assistente personale. Ma nello stesso tempo lo spinse anche a cercarsi un posto migliore, e più adatto a lui, nella redazione del New York Times, dandogli i nominativi e le indicazioni perché la ricerca avesse buon esito. Carle seguì consigli e indicazioni con successo, e la sua carriera cominciò così. L'episodio raccontato da Carle nel libro, mostra la generosità di Lionni e la sua disinteressata liberalità nell'aiutare un giovane talento. Non è scontato: in qualsiasi campo, l'affacciarsi di giovani alla ribalta può essere percepito e vissuto, per chi è affermato, come una minaccia o un oltraggio personale.



Se una ricetta “come fare un picture book” fosse possible, sarebbe qualcosa come: prendi trentadue pagine (la maggior parte dei picture book hanno trentadue pagine). Obbliga la tua storia entro questi limiti. Questi limiti sono di natura tecnica. Le tue possibilità creative sono infinite. Questo aiuta ad avere un inizio, una metà e una fine.

Questi sono alcuni degli ingredienti base di qualche mio libro:

In The very hungry caterpillar (Il piccolo bruco mai sazio) cominciai con dei buchi, per caso, giocando. I buchi erano dati. Ora era necessario inventare il bruco.

In The Very Busy Spider (Il piccolo ragno tesse e tace), il ragno era dato. Ora quel che serviva era costruire la ragnatela.

In The grouchy LadyBug (La coccinella prepotente) volevo affrontare il tema delle dimensioni. Ora quel che serviva era una storia interessante.

A questi ingredienti di base si sono aggiunti:
- l’amore per la natura
- l’amore per gli animali grandi e piccoli
- l’amore di mio padre e la sua volontà di trasmettermi il suo sapere
- aver avuto un Herr Krauss (ndt: l'insegnante d'arte che durante il nazismo, in segreto, fece conoscere a Carle i maestri dell'arte contemporanea - Klee, Kandinsky, Picasso, Braque, Matisse e gli espressionisti, considerati arte degenerata - ammonendolo: «Tieni a mente il loro stile, libero e sciolto.»)
- dimenticare l’insegnante che mi picchiava con la canna di bambù (in un secondo  momento ho modificato e trasformato l’esperienza negativa)
- divertire, sfidare e insegnare a me stesso
- quello che mi piace e non mi piace, il mio punto di vista sulle cose, i miei sentimenti
- un editor che gentilmente mi pungola (ndt: qui, Carle allude al suo rapporto con l'editor Ann Beneduce) .

Come un musicista, decidi un format. Deve essere una sinfonia, una musica da camera o un pezzo per solista? La musica deve salire o scendere, fluire e giungere alla fine con un crescendo o, se preferisci, con il suono morbido di un violino? Perdonatemi per queste metafore così diverse. Non faccio pasticci solo con pennelli e cucina, ma anche con la musica. E perché non dovrei?


Forse mio zio August avrebbe avuto una risposta a questa domanda (ndt: la domanda “Da dove vengono le idee”). Mio zio August era un pittore della domenica, i pittori della domenica di solito durante la settimana fanno i postini, i commessi, gli assicuratori, i bancari e la domenica dipingono. Mio zio August dipingeva la domenica, ma durante la settimana non aveva un lavoro regolare perché il lunedì mia zia Mina voleva vendere i suoi quadri, e dopo i due si davano alla bella vita, mangiare e bere, soprattutto bere, fino a venerdì, giorno deputato a smaltire la sbornia. La domenica, zio August prendeva i suoi colori, i pennelli, le tele ed era pronto di nuovo per dipingere.

Lo zio August era anche un fantastico narratore di storie. Certi fine settimana (felici per me), ero invitato a casa di zio August e zia Mina. Quando arrivavo da loro, uno dei palazzi più antichi della parte vecchia della città, mi infilavo nel suo studio, una stanza da letto in disuso e aspettavo il momento giusto per dire: “Zio August, raccontami una storia. Guardandomi da sopra gli occhiali, mi diceva: “Prima devi caricare la mia macchina per pensare.” E, come avevo fatto milioni di volte, cominciavo a caricare una immaginaria chiavetta vicino alla sua tempia. Dopo un po’ (per tutto il tempo lui faceva dei rumori meccanici), gridava: “Basta! Ecco la storia per te.”
Mi piace la risposta di zio August alla domanda “da dove vengono le storie”. Vengono dalla macchina dei pensieri. Tutto quello che devi fare è caricarla.



mercoledì 11 aprile 2012

La gioia di esser bruco

Quando eravamo piccole, io e mia sorella ci dedicavamo con un certo fanatismo ad attività naturalistiche varie, supportate da libri su animali e piante. Uno di questi libri era la mia Bibbia: I racconti del naturalista di Angelo Boglione, edizioni ERI (cioè RAI: infatti, il libro nasceva da un programma televisivo per ragazzi che però non ho mai visto, perché in onda alcuni anni prima che nascessi). Da poco l'ho recuperato in cantina per controllare alcune cose sulle rane, mentre stavamo lavorando al fumetto di Michele Petrucci per Gli anni in tasca graphic, che si intitola, appunto, A caccia di rane.

Gli animali a noi piacevano tutti, dai più esotici ai più comuni. Rane e girini erano un rito fisso di una religione esclusivamente estiva, officiato con secchielli e tinozze di vario genere e misura. Una volta misi un ragno in un vasetto vuoto di marmellata e per un po' lo sottoposi a una dieta ingrassante di mosche solo per vederlo correre lungo i fili della ragnatela al segnale della più lieve vibrazione.


Al mare sul litorale laziale, coi miei, ogni mattina mentre facevamo colazione, l'intera famiglia si paralizzava per una buona decina di minuti: il tempo necessario a una lucertola abitudinaria di consumare fra i nostri piedi uno spuntino a base di briciole e formiche.


Ricordo perfettamente quando, in un campeggio in Toscana, sul far della notte, scoprii in presa diretta che le cicale, al momento di diventare adulte, escono in abito da sera dal corpo di un essere orrendo che rimane, secco, lugubre e vuoto, lì dove la nuova creatura lo dimentica. Fu una rivelazione: come si poteva essere così crudeli e snob da far finta di non aver mai frequentato se stessi? Una grande lezione sulla necessità del cambiamento.

Insomma, non è strano che qualche mattina fa, mi sia arrivato un messaggio da mia sorella che così diceva: «Conosci Minuscule? Guarda qui.»



Ho guardato e quel che ho visto mi ha deliziato, divertito, incantato.
No, non conoscevo Minuscule.
Creata da Hélène Giraud e Thomas Szabo, Minuscule. La vie privée des insectes, è una serie animata di 78 episodi nata nel 2006 e trasmessa su France 2 (in Italia su Rai YoYo) che mescola ambientazioni reali e animazioni 3D (serie in corso di diventare film e che molto deve al bellissimo documentario francese Microcosmos. Le peuple de l'herbe).
Mentre guardavo questa animazione, ho pensato che bruchi e affini sono personaggi irresistibili per i bambini. Sarà perché sono piccoli e goffi mentre tutto quello che è intorno a loro è immenso e all'apparenza perfetto? Sarà perché i loro corpi sono sempre alle prese con il cambiamento che dentro spinge, preme, gonfia, scalcia? Non so, ma autori geniali hanno capito questa consonanza bruco/bambino e le hanno dedicato altrettanto irresistibili libri. I cartoni di Minuscule dedicati ai bruchi mi sembrano raccontare storie molto simili alle loro. Il cartone che avete appena visto, mi ha fatto venire in mente il magnifico, Inch by inch di Leo Lionni, in italiano Il Bruco Misuratutto.



Qui un minuscolo bruco di quelli detti misuratori, spinto non dalla fame ma dall'istinto di sopravvivenza, passo dopo passo, ma con grande determinazione, attraversa metodico le pagine, sfidando e misurando creature enormi e perciò minacciose, fino a mettersi in salvo dalla più aggressiva e astuta di loro. Se la lionnesca sfilata di uccelli è bellissima, le pagine in cui vediamo solo prato e prato e prato sono le più cariche di emozione. Ed è incredibile come un'immagine sempre identica con un solo piccolo elemento a variare, e tuttavia essenziale, cioè il minuscolo protagonista, riesca a creare una tensione narrativa tanto potente. Miracoli di una trama ben congegnata.


Il cartone Minuscule che avete appena guardato, invece, mette in primo piano la fame insaziabile dei bruchi, effetto dell'impulso alla metamorfosi da cui sono dominati. E questo tema naturalmente è quello che si trova nell'impareggiabile The very hungry caterpillar, ovvero Il piccolo bruco mai sazio di Eric Carle (se volete ascoltare la sua lettura del libro, qui. Qui, invece parla del libro).


Eric Carle, Il piccolo bruco mai sazio, Mondadori.

Anche in questo caso, l'autore gioca con il tema della misura e della dismisura: la sequenza numerata dei frutti che il bruchino trova per strada e divora con innocente ingordigia è un'escalation di voracità al limite della bulimia e culmina in una esilarante fila di alimenti molto umani: formaggi, gelati, torte, salami wurstel, muffin, lecca lecca, angurie...
Eric Carle, Il piccolo bruco mai sazio, Mondadori.

Una sequenza alimentare folle e disordinatatamente allettante con cui ogni bambino degno di questo nome ha fatto i conti almeno una volta nella vita, per finire, la sera, a letto con una indigestione epocale. Cosa che capita puntualmente al piccolo bruco. Ed è a questo punto della storia, infatti, che Carle strizza l'occhio al lettore, rivelando per un attimo chi si nasconda davvero in quel corpo verde e goffo, e che senso abbia quella incredibile trasformazione a cui a breve sarà destinato.

In La mela e la farfalla anche Iela Mari racconta una metamorfosi. Lo fa con occhio scientifico e nitore grafico. Ma anche qui, con ironia sopraffina, l'autrice lascia al bambino lo spazio di un'identificazione forte: quella minuscola formica che assiste come casuale spettatrice all'uscita del bruco dalla mela e alla sua meravigliosa discesa appeso a un filo di seta, mi ha fatto tornare in mente con quale stupore mi capitava di osservare quel che animali piccolissimi e apparentemente insignificanti sapevano e riuscivano a fare, rivelando abilità perfette e poteri eccezionali: la cicala del campeggio, le rane, i ragni, le lucertole.

Iela Mari, La mela e la farfalla, Babalibri.

Iela Mari, La mela e la farfalla, Babalibri.

Senza quella formica a far da testimone, la metamorfosi del bruco avrebbe un senso completamente diverso. Che qualcuno ci guardi crescere e cambiare, e che noi a nostra volta osserviamo qualcuno cambiare e crescere, rende quello che è un naturale processo fisiologico una vera, travolgente avventura. Una storia, cioè, bellissima che non ci saziamo mai di ascoltare.

Eric Carle, Il piccolo bruco mai sazio, Mondadori.

Iela Mari, La mela e la farfalla, Babalibri.

venerdì 8 aprile 2011

1, 2, 3… libro!

[di Virginia Stefanini]

Dopo la tappa in provincia di Bologna, in questi giorni (28 marzo-16 aprile) è a Milano, e nei prossimi mesi transiterà da Colbordolo (PU) e nei comuni del Consorzio Sistema Bibliotecario del Nord-Est: sto parlando della Mostra internazionale di libri per bambini da 0 a 3 anni promossa da IBBY Italia, con le sezioni IBBY e gli istituiti culturali di 22 paesi, nell’ambito del progetto Nati per leggere.
 
Una raccolta di 355 libri in 16 lingue diverse provenienti dai 5 contenenti, che viaggiano attraverso l’Italia in compagnia di espositori in legno dalla forma e dai nomi curiosi come fienile, casetta, pentagramma.
Scopo della mostra: presentare al pubblico i migliori libri per bambini piccolissimi, che siano albi illustrati, raccolte di filastrocche, libri dizionario per imparare parole, forme, colori, oggetti; che siano cartonati, di stoffa, tattili, pop up, da sfogliare da soli, da leggere ad alta voce, ma sempre originali e stimolanti.
 E ci riesce, questa colorata biblioteca viaggiante, a stimolare domande e curiosità nei lettori che vi si imbattono. Durante una recente tappa dell’esposizione, come bibliotecaria sono stata un’osservatrice privilegiata e ho collezionato quesiti e risposte sorprendenti.

Può una mostra di libri in 16 lingue diverse essere adatta ai piccoli lettori che parlano – e non sanno ancora leggere l’italiano?

Certo che sì, se si tratta di bambini curiosi in età prescolare, che si fanno consigliare dall’istinto e attrarre dalle immagini. Così finisce che il libro più sfogliato è Pereputalitsa, parola inventata per intitolare un cartonato proveniente dalla Russia e illustrato da Julia Gukova, in cui, pagina dopo pagina, è possibile mixare fronte, occhi, nasi, bocche e menti diversi per creare volti bizzarri. Sarà che nella nostra biblioteca scarseggiano i libri-identikit come questo (ma, guarda un po’, abbiamo in catalogo il simpatico Il guazzabuglio: chi farà ordine in questo scompiglio?, pubblicato nel 2000 da Nord-Sud, in cui la medesima illustratrice dà vita a un bizzarro mix di animali), sarà per il fascino minaccioso di certe figure/figuri un tantino retrò, ma fra il truce pirata s-figurato e i bambini è amore a prima vista! 

Quali sono le letture preferite dai genitori che visitano la Mostra?
Meno audaci dei loro baby-accompagnatori, gli adulti si rivolgono principalmente ad albi in lingue familiari e traducibili. Ancor meglio se già tradotti, e quindi letti, in italiano: che scarsa fantasia! Vale comunque la pena osservare le mamme e i papà intenti a rileggere ad alta voce A caccia dell’orso di Rosen e Oxenbury senza quasi buttare l’occhio al testo dell’originale inglese We’re Going on Bear Hunt, forti di una memoria allenata a colpi di ripetizioni casalinghe. Per un libro purtroppo fuori catalogo da noi, una bella rivincita internazionale.

Edizione anglo-cinese.
Qual è il libro più “vecchio” della Mostra?
Sebbene uno dei criteri utilizzati dai curatori sia stato quello di includere libri quanto più recenti, nella selezione, hanno trovato spazio alcuni titoli “classici” provenienti dai paesi in cui da più tempo è sviluppata la produzione editoriale per piccolissimi, come quelli di lingua inglese. Il primato per il libro più vecchio della mostra tocca allora agli Stati Uniti.

È del 1947 Goodnight Moon, delicato albo illustrato di Margaret Wise Brown in cui un soffice coniglietto si prepara a dormire dando la buonanotte a ciò che lo circonda. Gli spassosi libri in rima del Dr. Seuss, Hop on Pop e Fox in socks, arrivano direttamente dagli anticonformisti anni Sessanta, così come i colorati albi di Eric Carle, Brown Bear, Brown Bear, What Do You See?, del 1967, e The Very Hungry Caterpillar, del 1969.

Negli stessi anni, in Giappone, si pubblica Inai Inai Baa, intramontabile best-seller della pluripremiata Myoko Matsutani, che propone ai bambini una semplice lettura interattiva del gioco “bu bu settete”, “cucù” o “peek-a-boo”, che dir si voglia: un timido orso si copre il muso con le zampe… e nella pagina successiva si rivela al piccolo lettore al grido di “baa”.
 È solo del 1978 l’ormai classico Each Peach Pear Plum della coppia Janet e Allan Ahlberg, nella vita marito e moglie, che divertono i giovanissimi lettori britannici coinvolgendoli in un gioco di riconoscimento ispirato alle fiabe e alle nursery rhymes più popolari. A sorpresa - ma non troppo - sono gli italianissimi Mai contenti e Toc toc. Chi è? Apri la porta del rivoluzionario Bruno Munari, pubblicati nel lontano 1945, a vincere i titolo di albi più longevi fra quelli in mostra.

Inai Inai Baa
Se i muri della casetta il rifugio segreto ideale a misura di bambino potessero parlare, cosa racconterebbero? 
“Cari genitori, educatori e bibliotecari, occhio ai vostri bambini: se tutt’a un tratto li vedete sparire dietro le mie tende a righe bianche e rosse, non è solo perché hanno scoperto il piacere di leggere in solitudine. Oltre la mia soglia si entra in un mondo di esperienze in miniatura da cui voi siete esclusi: niente di meglio della mia finestra per gettar fuori i libri e scoprire la legge di gravità, senza adulti a impedirlo…


 E che bel mercato si può organizzare da una parte all’altra del mio davanzale: ideale per esporre libri da vendere al miglior acquirente, che oggi ti offre la sua caramella e domani persino un bacio! Però non ve la prendete con me se i bambini hanno reinventato lo spazio della lettura: il gioco aiuta a crescere!”



Ma lo spazio, così come la durata di ogni viaggio, è sempre troppo poco e le domande si affollano: che immaginario si nasconde dietro le illustrazioni stilizzate e le buffe onomatopee dei picture book giapponesi di ricerca (Moko moko e Gov gov govo)? E i bambini scopriranno attraverso gli albi che vengono dall’altro emisfero le avventure di animali sconosciuti in Europa (Chiguiro del colombiano Ivar Da Colle)? E dove sono i libri cinesi? Per rispondere a queste e ad altre curiosità, non resta ai lettori che inseguire la Mostra, e ai librai, bibliotecari ed educatori che invitarla nella propria città.


Virginia Stefanini, autrice di questo post, è bibliotecaria specializzata "sul campo" in libri per ragazzi. Da cinque anni lavora per la Biblioteca Comunale "Cesare Pavese" di Casalecchio di Reno, curando e realizzando attività di promozione della lettura per bambini e ragazzi. Ha collaborato al Festival di fumetto Bilbolbul e nel tempo libero si diverte a realizzare spettacoli per tutti, eredità dei suoi studi teatrali al DAMS di Bologna e della specializzazionein scrittura teatrale per l'infanzia e la gioventù al teatro Testoni di Bologna.