martedì 27 settembre 2011

Un concerto a quattro mani: Alicia.

Un libro illustrato è fatto di tante voci. Due molto importanti sono quella dell’autore e quella dell’illustratore. In che modo queste si ascoltino, si leggano reciprocamente, si intreccino, si armonizzino, agiscano e interagiscano l’una con l’altra, condividendo visioni, ritmi e immaginario in funzione del racconto, è difficile stabilire. In ogni coppia creativa questo avviene secondo modalità diverse.
Per presentarvi Cielo bambino, abbiamo pensato di illuminare questo aspetto della collaborazione, chiedendo ad Alicia Baladan e Alessandro Riccioni, illustratrice e autore del libro in questione, di rispondere a queste domande.
Queste sono le risposte di Alicia. Giovedì, il punto di vista di Alessandro.

Che cosa delle poesie di Alessandro ti ha più colpito e interessato dal punto di vista visivo?
Direi il movimento. Sono testi ritmici, in balia della luna, come le maree. Come quando si culla un bimbo, in quasi tutte le poesie c’è un andirivieni. Ho sentito che in qualche modo le immagini dovevano spostarsi, ruotare, ballare al ritmo delle frasi, fare un fumetto all’interno di ogni doppia pagina, in una formula diversa.


Da quali aspetti sei partita per articolare la tua narrazione, e quali hai ritenuti più proficui da  sviluppare?

È più facile farlo che rispondere. Credo di aver lavorato sulla sensazione. Ho fatto dei disegni rapidi, come appunti, riferiti alla sensazione che ogni poesia mi dava. Tali disegni, presi singolarmente, appaiono persino fuori tema. Di base pero, ogni doppia pagina ha quell’appunto, con l’aggiunta di elementi più specificamente legati a parole e frasi effettivamente presenti nelle due poesie presenti per ogni singola tavola.

C’è stato un tema, un elemento centrale intorno a cui, partendo dalle parole per poi prendere il largo, hai lavorato in particolare? 

Dall’inizio alla fine del libro ho voluto far crescere (invecchiare) i protagonisti, uno in particolare, perché i testi pur non essendo in una sequenza di giorno e notte o di stagioni mi hanno dato il senso del tempo. Diciamo che all’interno di ogni doppia pagina c’è qualcosa che inizia e finisce, che io ho sentito nel ritmo delle poesie come una sorta di gioco, nel frattempo dalla prima pagina all’ultima c’è qualcosa che non si ferma e forse è legata al tema stesso, alla curiosità infinita per questo cosmo, a quella che hanno i bambini, e allo stile di Alessandro.


Che libertà, rispetto ai testi, ti sei presa, visivamente, per raccontare allo sguardo dei lettori i temi del cielo, della meteorologia, dell’astronomia, delle stagioni?
Penso molta libertà, dal sole mongolfiera alla luna che è anche un buco aperto nel buio. I temi del cielo mi appassionano, e le poesie di Alessandro sono ricchissime di immagini non didascaliche che suggeriscono in continuazione altro. Tecnicamente ho trovato necessario, a differenza di altri miei lavori, caratterizzare gli spazi in cui i personaggi si muovono, lasciare il tratto del disegno, un tentativo questo di far fluttuare l’azione e meno il soggetto, proprio perché i testi già di per sé sono simbolici.



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