Piero Sraffa è diventato famoso risolvendo un paradosso formale della teoria marxiana, che analiticamente si fonda sull’assunto che il rapporto fra valore e prezzo sia costante. Il che non è intuitivamente vero. [Se a qualcuno interessa, può studiarselo qui e qui].
Abbiamo infiniti esempi della correttezza di questa intuizione. Per fare un esempio noto a molti nostri lettori: se a un illustratore viene richiesto un disegno da utilizzare come copertina di un libro, ma gli viene offerta in cambio “la visibilità”, l’illustrazione realizzata ha un valore (se non lo avesse, non verrebbe utilizzata) ma non le viene riconosciuta la dignità di avere un prezzo. Il caso opposto è quello del sito archeologico di Delfi, o delle Dolomiti: il loro valore è talmente elevato che nessun prezzo ha dignità bastante ad acquistarli.
Il problema del rapporto fra valore e prezzo è particolarmente vivo in ambito culturale. Autori e illustratori si sentono, spesso direttamente e più spesso surrettiziamente, formulare la richiesta di prestare la propria opera gratuitamente. E alzi la mano il copywriter che non si è mai sentito dire «ma in fondo sono solo due righe»; e il fotografo che eccetera eccetera.
Confessiamo che anche a noi è accaduto di realizzare o commissionare lavori non pagati. E di regalare ogni Natale i libri al mercatino di Emergency e a qualche altra onlus che conosciamo. E confessiamo di non aver mai pagato un euro né ai collaboratori di questo blog né a Guido Scarabottolo per i meravigliosi topi che adornano da sempre le copertine dei nostri cataloghi. Peraltro, né all’uno né agli altri abbiamo mai tentato di indorare la pillola con la balla della visibilità. E con l’uno e con gli altri intratteniamo in genere rapporti personali.
Ma ci domandiamo per quale ragione il mondo si ostini a chiederci, per le più svariate e variopinte ragioni, e in modo più o meno civile, i nostri libri gratis. E non solo a noi. Accade almeno due o tre volte alla settimana a tutti gli editori di libri per ragazzi. Ne discutemmo anche, ai tempi dell’avvincente ma naufragata avventura di Meno piccoli di quel che sembra. Ecco alcuni esempi.
Esempio A: Promuovere la lettura senza pensare ai libri
Vi presentiamo il progetto X: con un gruppo di appassionati faremo [descrizione dell’attività]. Abbiamo avuto un piccolo finanziamento e molto appoggio dalla città.
Hanno già aderito gli scrittori: [segue elenco] e tanti altri ne stiamo coinvolgendo.
[I media locali] ci hanno già contattato.
Abbiamo fatto una bibliografia degli albi che ci interessano e i vostri libri selezionati sono: [segue elenco di 35 titoli per un totale a prezzo di copertina di 501,50 euro].
Volete appoggiare il progetto donando una copia per titolo dei vostri albi? [...] Già altri editori hanno deciso di appoggiare l’iniziativa [segue elenco].
Faccio notare che 501,50 euro rappresentano per noi, e per tutti quelli piccoli come noi, lo 0,08% del fatturato lordo annuale. E che di richieste altrettanto esose nel 2011 ne abbiamo ricevute più di una ventina. Dunque, se aderissi a tutte queste iniziative, che per comodità di calcolo riduco a venti: 0,08% x 20 = si volatilizzerebbe una quantità di libri pari all’1,6 per cento del fatturato. Al quale dovrei aggiungere l’Iva del 4 per cento che pago anche sugli omaggi (20 euro e spiccioli); i diritti d’autore, che devo comunque corrispondere perché il numero delle copie omaggio è stabilito contrattualmente e viene normalmente assorbito dalla copie destinate alla stampa (50 euro e spiccioli); il costo di spedizione (diciamo 7 euro); l’imballaggio (diciamo 2 euro di scatola); e il tempo che ci metto a fare il tutto.
E mai una volta che qualcuno dei richiedenti si proponga di restituire le copie al termine della manifestazione. Dove vanno a finire quei miei trentacinque libri? Posso ipotizzare che, nella migliore delle ipotesi, vengano regalati a una biblioteca (che, di conseguenza, non li acquista più); nella peggiore potrebbero anche tornarmi come resi da un libraio un po’ troppo intraprendente.
Usciamo dallo specifico e ricapitoliamo: qualsiasi gruppo di persone che si metta in testa di promuovere la lettura pensa all'organizzazione, a cercare un piccolo finanziamento, a ideare e realizzare locandine e cartoline, a contattare la stampa locale o nazionale. Ma si dimentica, invariabilmente dei libri.
Eppure, se vogliono promuovere la lettura, è perché ritengono che i libri siano un valore. Ma se sono un valore, perché non sono disposti a riconoscergli la dignità di un prezzo? Non dico del prezzo di copertina, ma almeno un prezzo scontato.
Un’alternativa è possibile. Ricordo con piacere e gratitudine il messaggio con cui Gianluca Giannelli mi informava che un nostro libro era entrato nella selezione delle Scelte di classe e che, perciò, aveva bisogno di qualche decina di copie per le classi che avrebbero scelto il vincitore. Avrei potuto praticargli il massimo sconto possibile per l’acquisto? Quindi, pagare i libri per promuovere la lettura è possibile. (Mi perdonino tutti gli altri che seguono la stessa prassi e che non cito: sappiano comunque i lettori che non sono pochi, anche se sono minoranza).
Esempio B: Come negli orfanotrofi dickensiani
Gentile editore,
sono il genitore/l'insegnante che si occupa della biblioteca scolastica dell'Istituto X, a Y.
I libri che possiamo offrire ai nostri ragazzi sono piuttosto vecchi. Ci piacerebbe aggiornare il nostro patrimonio, ma la cronica carenza di fondi […]
Le chiediamo quindi se potesse inviarci gratuitamente dei libri. Anche rovinati o destinati al macero andranno benissimo[…]
Cordiali saluti
Per amor di polemica, a queste lettere o email per un certo periodo ho risposto chiedendo se, mancando di fondi per la mensa scolastica, avrebbero mai immaginato di chiedere al macellaio locale un po’ di carne gratis, «anche se ha già fatto qualche camola andrà benissimo». In fondo, Oliver Twist ha dimostrato al mondo che si diventa grandi anche se si mangia carne guasta.
Poi sono passato a più miti consigli e ho risposto proponendo di procacciarsi non libri rotti, o invenduti perché invendibili, e quindi privi di dignità, ma libri buoni, che potessero scegliere uno a uno dal catalogo, e che avrei sostituito se si fossero danneggiati nel trasporto, purché fossero disposti a pagare i libri quanto me li paga il distributore.
Ho ricevuto qualche reazione piccata alla prima (e lo capisco benissimo: essere irritante mi riesce sempre molto bene); ma mai, dico mai, nessuna alla disponibilità a praticare uno sconto che non faccio neanche a mia madre. Adesso non rispondo più.
Missive dello stesso tono ci arrivano, sorprendentemente, anche da biblioteche comunali.
Anche qui, un’alternativa è possibile. Ogni anno viene a trovarmi Deborah Soria, l’eccellentissima ideatrice della libreria itinerante Ottimomassimo per acquistare i libri per il progetto “Le biblioteche di Antonio”, fortemente voluto da Sinnos per ricordare Antonio Spinelli, fondatore della cooperativa. Al momento di pagare, devo sempre litigare per farle accettare di corrispondermi solo un prezzo simbolico. La ferma volontà di pagare onora la memoria della persona al quale il progetto è intitolato, che amava e rispettava il libro al punto di decidere farne la sua professione.
Esempio C: Multinazionali in bolletta?
X è una multinazionale che produce [segue descrizione del prodotto]. Non fanno molta pubblicità sui mezzi tradizionali ma stanno sperimentando i “social media”. Stiamo cercando di convincerli che per aver successo occorrono dei contenuti veri, interessanti e magari anche utili.
Per loro faremo un’attività di comunicazione verso le mamme blogger, produrremo un video comic possibilmente carino, leggero e utile [sull’uso del prodotto]. I blogger che rilanceranno l’iniziativa potranno premiare uno dei propri lettori che condividerà il contenuto di X con un omaggio.
Ecco io ho proposto di scegliere [...] un vostro libro: [segue titolo]
Vi va di mettere a disposizione 7/10 copie del libro. Il ritorno per voi è la visibilità.
I partner con cui portiamo avanti il progetto sono [segue elenco]
Quindi per voi potrebbe essere una bella occasione di visibilità, per X un arricchimento del proprio contenuto.
Ovviamente, abbiamo rifiutato. E in risposta abbiamo ricevuto un bel sermone con il quale ci veniva spiegato come e qualmente la visibilità che avremmo ottenuto avrebbe contribuito al nostro sostentamento. Insomma: abbiamo perso proprio una bella occasione.
Mi domando se la multinazionale cliente di questo studio di comunicazione è al corrente delle pessime figure che le vengono fatte fare. Possibile che una multinazionale abbia il budget per pagare il video comic leggero e carino, la campagna sui social media, la parcella dello studio di comunicazione, ma non riesca a trovare meno di cento euro per comprare i libri da regalare ai blogger?
E poi, alla faccia del comunicatore, come è possibile convincere qualcuno che “i contenuti veri, buoni e magari anche utili” siano necessari al successo, se gli si dice allo stesso tempo che li può ottenere gratuitamente, con un po' di faccia tosta, in cambio della solita, fantomatica visibilità?
Secondo me ha provato a minchionarci. E sta pure minchionando la multinazionale X.
E voi, cosa ne pensate?
Prossimamente, torneremo sulla questione della gratuità del lavoro culturale, entrando nel magico mondo dei festival, delle presentazioni in libreria e in biblioteca e dei laboratori per bambini. Abbiate pazienza. E se avete esperienze interessanti che volete condividere, fatecele sapere.
Tutte le immagini a corredo di questo post sono di illustrazioni che non abbiamo pagato. E sono tutte © Guido Scarabottolo, 2004-2012.
Abbiamo infiniti esempi della correttezza di questa intuizione. Per fare un esempio noto a molti nostri lettori: se a un illustratore viene richiesto un disegno da utilizzare come copertina di un libro, ma gli viene offerta in cambio “la visibilità”, l’illustrazione realizzata ha un valore (se non lo avesse, non verrebbe utilizzata) ma non le viene riconosciuta la dignità di avere un prezzo. Il caso opposto è quello del sito archeologico di Delfi, o delle Dolomiti: il loro valore è talmente elevato che nessun prezzo ha dignità bastante ad acquistarli.
Il problema del rapporto fra valore e prezzo è particolarmente vivo in ambito culturale. Autori e illustratori si sentono, spesso direttamente e più spesso surrettiziamente, formulare la richiesta di prestare la propria opera gratuitamente. E alzi la mano il copywriter che non si è mai sentito dire «ma in fondo sono solo due righe»; e il fotografo che eccetera eccetera.
Confessiamo che anche a noi è accaduto di realizzare o commissionare lavori non pagati. E di regalare ogni Natale i libri al mercatino di Emergency e a qualche altra onlus che conosciamo. E confessiamo di non aver mai pagato un euro né ai collaboratori di questo blog né a Guido Scarabottolo per i meravigliosi topi che adornano da sempre le copertine dei nostri cataloghi. Peraltro, né all’uno né agli altri abbiamo mai tentato di indorare la pillola con la balla della visibilità. E con l’uno e con gli altri intratteniamo in genere rapporti personali.
Ma ci domandiamo per quale ragione il mondo si ostini a chiederci, per le più svariate e variopinte ragioni, e in modo più o meno civile, i nostri libri gratis. E non solo a noi. Accade almeno due o tre volte alla settimana a tutti gli editori di libri per ragazzi. Ne discutemmo anche, ai tempi dell’avvincente ma naufragata avventura di Meno piccoli di quel che sembra. Ecco alcuni esempi.
Esempio A: Promuovere la lettura senza pensare ai libri
Vi presentiamo il progetto X: con un gruppo di appassionati faremo [descrizione dell’attività]. Abbiamo avuto un piccolo finanziamento e molto appoggio dalla città.
Hanno già aderito gli scrittori: [segue elenco] e tanti altri ne stiamo coinvolgendo.
[I media locali] ci hanno già contattato.
Abbiamo fatto una bibliografia degli albi che ci interessano e i vostri libri selezionati sono: [segue elenco di 35 titoli per un totale a prezzo di copertina di 501,50 euro].
Volete appoggiare il progetto donando una copia per titolo dei vostri albi? [...] Già altri editori hanno deciso di appoggiare l’iniziativa [segue elenco].
Faccio notare che 501,50 euro rappresentano per noi, e per tutti quelli piccoli come noi, lo 0,08% del fatturato lordo annuale. E che di richieste altrettanto esose nel 2011 ne abbiamo ricevute più di una ventina. Dunque, se aderissi a tutte queste iniziative, che per comodità di calcolo riduco a venti: 0,08% x 20 = si volatilizzerebbe una quantità di libri pari all’1,6 per cento del fatturato. Al quale dovrei aggiungere l’Iva del 4 per cento che pago anche sugli omaggi (20 euro e spiccioli); i diritti d’autore, che devo comunque corrispondere perché il numero delle copie omaggio è stabilito contrattualmente e viene normalmente assorbito dalla copie destinate alla stampa (50 euro e spiccioli); il costo di spedizione (diciamo 7 euro); l’imballaggio (diciamo 2 euro di scatola); e il tempo che ci metto a fare il tutto.
E mai una volta che qualcuno dei richiedenti si proponga di restituire le copie al termine della manifestazione. Dove vanno a finire quei miei trentacinque libri? Posso ipotizzare che, nella migliore delle ipotesi, vengano regalati a una biblioteca (che, di conseguenza, non li acquista più); nella peggiore potrebbero anche tornarmi come resi da un libraio un po’ troppo intraprendente.
Usciamo dallo specifico e ricapitoliamo: qualsiasi gruppo di persone che si metta in testa di promuovere la lettura pensa all'organizzazione, a cercare un piccolo finanziamento, a ideare e realizzare locandine e cartoline, a contattare la stampa locale o nazionale. Ma si dimentica, invariabilmente dei libri.
Eppure, se vogliono promuovere la lettura, è perché ritengono che i libri siano un valore. Ma se sono un valore, perché non sono disposti a riconoscergli la dignità di un prezzo? Non dico del prezzo di copertina, ma almeno un prezzo scontato.
Un’alternativa è possibile. Ricordo con piacere e gratitudine il messaggio con cui Gianluca Giannelli mi informava che un nostro libro era entrato nella selezione delle Scelte di classe e che, perciò, aveva bisogno di qualche decina di copie per le classi che avrebbero scelto il vincitore. Avrei potuto praticargli il massimo sconto possibile per l’acquisto? Quindi, pagare i libri per promuovere la lettura è possibile. (Mi perdonino tutti gli altri che seguono la stessa prassi e che non cito: sappiano comunque i lettori che non sono pochi, anche se sono minoranza).
Esempio B: Come negli orfanotrofi dickensiani
Gentile editore,
sono il genitore/l'insegnante che si occupa della biblioteca scolastica dell'Istituto X, a Y.
I libri che possiamo offrire ai nostri ragazzi sono piuttosto vecchi. Ci piacerebbe aggiornare il nostro patrimonio, ma la cronica carenza di fondi […]
Le chiediamo quindi se potesse inviarci gratuitamente dei libri. Anche rovinati o destinati al macero andranno benissimo[…]
Cordiali saluti
Per amor di polemica, a queste lettere o email per un certo periodo ho risposto chiedendo se, mancando di fondi per la mensa scolastica, avrebbero mai immaginato di chiedere al macellaio locale un po’ di carne gratis, «anche se ha già fatto qualche camola andrà benissimo». In fondo, Oliver Twist ha dimostrato al mondo che si diventa grandi anche se si mangia carne guasta.
Poi sono passato a più miti consigli e ho risposto proponendo di procacciarsi non libri rotti, o invenduti perché invendibili, e quindi privi di dignità, ma libri buoni, che potessero scegliere uno a uno dal catalogo, e che avrei sostituito se si fossero danneggiati nel trasporto, purché fossero disposti a pagare i libri quanto me li paga il distributore.
Ho ricevuto qualche reazione piccata alla prima (e lo capisco benissimo: essere irritante mi riesce sempre molto bene); ma mai, dico mai, nessuna alla disponibilità a praticare uno sconto che non faccio neanche a mia madre. Adesso non rispondo più.
Missive dello stesso tono ci arrivano, sorprendentemente, anche da biblioteche comunali.
Anche qui, un’alternativa è possibile. Ogni anno viene a trovarmi Deborah Soria, l’eccellentissima ideatrice della libreria itinerante Ottimomassimo per acquistare i libri per il progetto “Le biblioteche di Antonio”, fortemente voluto da Sinnos per ricordare Antonio Spinelli, fondatore della cooperativa. Al momento di pagare, devo sempre litigare per farle accettare di corrispondermi solo un prezzo simbolico. La ferma volontà di pagare onora la memoria della persona al quale il progetto è intitolato, che amava e rispettava il libro al punto di decidere farne la sua professione.
Esempio C: Multinazionali in bolletta?
X è una multinazionale che produce [segue descrizione del prodotto]. Non fanno molta pubblicità sui mezzi tradizionali ma stanno sperimentando i “social media”. Stiamo cercando di convincerli che per aver successo occorrono dei contenuti veri, interessanti e magari anche utili.
Per loro faremo un’attività di comunicazione verso le mamme blogger, produrremo un video comic possibilmente carino, leggero e utile [sull’uso del prodotto]. I blogger che rilanceranno l’iniziativa potranno premiare uno dei propri lettori che condividerà il contenuto di X con un omaggio.
Ecco io ho proposto di scegliere [...] un vostro libro: [segue titolo]
Vi va di mettere a disposizione 7/10 copie del libro. Il ritorno per voi è la visibilità.
I partner con cui portiamo avanti il progetto sono [segue elenco]
Quindi per voi potrebbe essere una bella occasione di visibilità, per X un arricchimento del proprio contenuto.
Ovviamente, abbiamo rifiutato. E in risposta abbiamo ricevuto un bel sermone con il quale ci veniva spiegato come e qualmente la visibilità che avremmo ottenuto avrebbe contribuito al nostro sostentamento. Insomma: abbiamo perso proprio una bella occasione.
Mi domando se la multinazionale cliente di questo studio di comunicazione è al corrente delle pessime figure che le vengono fatte fare. Possibile che una multinazionale abbia il budget per pagare il video comic leggero e carino, la campagna sui social media, la parcella dello studio di comunicazione, ma non riesca a trovare meno di cento euro per comprare i libri da regalare ai blogger?
E poi, alla faccia del comunicatore, come è possibile convincere qualcuno che “i contenuti veri, buoni e magari anche utili” siano necessari al successo, se gli si dice allo stesso tempo che li può ottenere gratuitamente, con un po' di faccia tosta, in cambio della solita, fantomatica visibilità?
Secondo me ha provato a minchionarci. E sta pure minchionando la multinazionale X.
E voi, cosa ne pensate?
Prossimamente, torneremo sulla questione della gratuità del lavoro culturale, entrando nel magico mondo dei festival, delle presentazioni in libreria e in biblioteca e dei laboratori per bambini. Abbiate pazienza. E se avete esperienze interessanti che volete condividere, fatecele sapere.
Tutte le immagini a corredo di questo post sono di illustrazioni che non abbiamo pagato. E sono tutte © Guido Scarabottolo, 2004-2012.
14 commenti:
Confermo che promuovere la lettura acquistando più copie di uno stesso libro, quando questo è funzionale a un progetto, è possibile (sono poi gli editori, di solito, ad offrire uno sconto elevato). Nel caso del nostro "Torneo dei grandi lettori" è sempre avvenuto così. E' vero anche però che le biblioteche hanno meno mezzi di un tempo. E allora, che fare? Semplice: anziché chiedere omaggi, selezionare gli acquisti, privilegiando qualità, leggibilità, promesse di "durata" (essere sempre diffidenti nei confronti delle mode) dei libri.
Ciao a tutti.
Eleonora. Biblioteca Marazza - Borgomanero
Grazie Eleonora. Ricordo durante un incontro con bibliotecari in Brianza, una bibliotecaria ci disse: "Abbiamo capito che è meglio comprare meno, ma bene, che molto e male, premiando prodotti buoni e cattivi nello stesso modo." Che è quello che dici tu. Siamo stati ospiti da voi e abbiamo sempre apprezzato il vostro modo di organizzare e pensare i rapporti con autori ed editori. Grazie per il tuo contributo.
E' dura.
Dove va a scuola mia figlia il comitato genitori si finanzia, fra le altre cose, con un mercatino di libri. Nuovi. Selezionati. Comprati a prezzo di favore da un distributore e venduti a prezzo di copertina: la differenza va al comitato genitori per iniziative di sostegno alla scuola e spesso per l'acquisto di carta e materiale didattico che l'istituto comprensivo fatica a fornire visti i chiari di luna attuali. La cosa è trasparente e non da adito a dubbi.
Ci sono genitori che aspettano il montaggio del banchetto del mercatino e lo accompagnano con grida di: "La cultura dovrebbe essere gratuita" "Io aspetto i saldi dell'Auchan, stronzi", "Ve li mangiate tutti voi i soldi".
Sono gli stessi abitualmente richiamati perché non controllano i compiti dei loro figli (scuola primaria).
E' dura, soprattutto per quei bambini, che del concetto di "prezzo", per non parlare di quello di "valore" avranno sicuramente una visione distorta.
Questo vostro post mi piace tanto perchè è non uno sfogo ma una denuncia a richieste che si sono sommate, anche se con motivazioni diverse, con l'unico scopo l'avere Gratuitamente.
Gratis è la parola credo più amata dal popolo tutto italiano una nostra peculiarità. Sono sicura che se Adamo ed Eva fossero stati italiani, avrebbero mangiato interamente tutte le prelibatezze del giardino dell'Eden in un solo pomeriggio,e ci avrebbero tolto dal peccato originale perchè troppo superstiziosi per mangiarsi la mela . Detto questo mi viene in mente un'altra cosa, non so se a voi è mai capitato di partecipare a delle serate in cui si promuove un qualche prodotto e poi si offre il buffet, come diceva quel famoso film ho visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare, le vecchiettine che fino a pochi minuti prima sedevano con espressioni sornione e vestite di tutto punto...alla vista del buffet si trasformano in qualche personaggio di Easy Rider e al motto Gratiiis! incuranti del diabete e del colesterolo alto si avventano sui piatti mangiando tutto perchè il cibo gratis non fa male.
La mia esperienza di Gratis è infinita uno dei tanti episodi è questo :
E' mia abitudine regalare alle mie amiche più intime per la nascita dei loro figli un quadro da appendere nelle camerette.
Ad ogni compleanno puntualmente, si materializza qualche mamma degli amichetti del festeggiato, che chiede :ma che bel quadro chi te lo ha fatto? ne vorrei anche io uno....poi con aria tipo "il padrino" a bassa voce all'orecchio della mia amica sussurrano
< potresti chiedere alla Cri se me ne fa uno anche per Luigino poverino.> Luiginopoverino un duenne vestito armani con un seggiolino suv della burberry... non ha neanche 50 euro per un quadro da mettere in cameretta (progettata da un architetto con legno naturale arrivato dalla svezia). Il punto anzi la questione che mi pongo è questa,io come persona non voglio nulla per nulla anche alle mie più care amiche se chiedo una sciarpa e loro non vogliono soldi io per "dispetto" compero la lana, e alla consegna della sciarpa dono un regalo per il disturbo per il tempo non so delle marmellatine oppure vari tipi di tisane o faccio io dei biscotti...Invece certe persone hanno una forma di specialità personale non so se specialità è la parola giusta ma rende l'idea in cui tutto è dovuto ed è lecito. Sei una casa editrice? Stampi non so quanti libri... che vuoi che sia se te ne chiedo una quarantina... Disegni tutti i giorni?, non hai neanche uno scarto di quadro da regalarmi? un pezzettino (mi è stato chiesto anche questo)
Bisogna imparare a dire no difronte a certe richieste, anche se si passa per impopolari e indisponenti... Forse anche il modo di chiedere certe cose fa la differenza... del tipo ti compero 30 libri 4 me ne daresti in omaggio?...la stessa cosa vale per luigino bastava la mossa di chiedere almeno un prezzo e io avrei fatto comunque gratis il quadro ma non c'è stata neanche l'intenzione e ha vinto per la cameretta una stampa ikea!
...Evito di parlare di concorsi che promettono notorietà...
Grazie per le riflessioni che scaturiscono dai vostri post.
Aspetto il seguito del post, perché se agli editori capitano queste cose, da questa parte, quella degli autori e illustratori, se ne vedono di tutti spudorati colori.
Credo che Eleonora Bellini abbia sinteticamente indicato una strada e descritto la situazione di molte biblioteche. Resta il fatto che sempre di più, i bibliotecari dovrebbero cercare la collaborazione delle scuole per una politica di acquisti condivisa (quanti doppioni tra biblioteche pubbliche e scolastiche?) e per attività di promozione che privilegino la qualità. Oggi, gli strumenti per non arrendersi alle mode del momento e aiutarsi a scegliere ci sono e bisogna ritagliarsi un po' di tempo per dedicarvi attenzione. Anche le cattive abitudini da voi descritte negli esempi potrebbero scomparire se ci fossero canali di comunicazione tra enti, imprese, editori e i luoghi in cui si fa promozione della lettura. Chi ha soldi per organizzare eventi, fiere e festival potrebbe avere soldi per finanziare l'incremento del patrimonio delle biblioteche pubbliche in crisi da anni. Esempi illuminanti di queste collaborazioni ci sono anche in Italia (basti pensare a Nati Per Leggere). Scusate la confusa lunghezza del commento, ma il tema è davvero interessante e ci sarebbero da dire così tante cose... Aspettiamo il seguito. Buon lavoro a tutti e diamoci da fare ma sempre a testa alta, ale riccio
Penso sia un problema trasversale alle varie espressioni artistiche perché ai musicisti accade la stessa, identica, medesima cosa quando pseudo conoscenti o amici degli amici degli amici che tu non hai mai visto prima o rappresentanti delle associazioni più fantasiose ti invitano a suonare a feste, battesimi, matrimoni, funerali. Sempre "aggratis", ovviamente, perché tanto sono solo quattro note e non c'è neanche la soddisfazione che, poi, finito di suonare, resti qualcosa di tangibile come un disegno, un libro o altro.
L'argomento ci pare di capire che sia putttosto sentito...
Ieri sera abbiamo fatto qui da noi Topi un festino di fine corso. Abbiamo allestito un buffet. Ci era venuta un'idea allettante: andare dai negozianti di zona e proporre: "Stiamo facendo la promozione del salame/del parmigiano/delle verdure di stagione, vorreste allargare la vostra clientela regalandoci i vostri salami/i vostri formaggi/le vostre verdure di stagione?" Poi abbiamo pensato alle facce dei negozianti nel sentirsi formulare la proposta...
ahahahhahahahahahahah avete rischiato il linciaggio!
“Ma ci domandiamo per quale ragione il mondo si ostini a chiederci, per le più svariate e variopinte ragioni, e in modo più o meno civile, i nostri libri gratis.”
Da illustratrice faccio la stessa identica domanda. E’ forse perché di tutti quelli che alimentano questo mondo noi siamo quelli più masochisti? D’altra parte, anche il mio cane Toby, sa che il bisogno, è quello di creare “ponti” tra la propria solitudine, (l’opera) ed il mondo fuori, e la divulgazione è fondamentale per non perdersi rincorrendo se stessi nei propri labirinti, impazzendo. Tutti se ne approfittano, persino noi di noi stessi, come schizofrenici, ci diamo il lusso di rincorrere la nostra indole anche quando non potremmo permettercelo.
bello il titolo , nozze coi fichi secchi, concetto che sono costretta a mettere in pratica a scuola per organizzare qualsivoglia iniziativa. ad ogni modo, io mi occupo della biblioteca scolastica di una scuola primaria di modena, sappiate che ogni anno viene stanziata dal fondo d'istituto una somma destinata all'acquisto di libri. più o meno 1200 euro (quest'anno erano 1000) . il nostro plesso conta 16 classi, tanto per darvi un'idea delle dimensioni. certo quando con la cifra vado a comprare in libreria mi rimangono sempre dei desideri inappagati dovendo lasciarne parecchi che vorrei subito subito...però...non posso nemmeno lamentarmi troppo, vista poi la crisi attuale...
Siamo assolutamente consapevoli che scuole e biblioteche abbiamo colossali problemi di budget: su questo blog fra l'altro ne abbiamo parlato. Tuttavia se gli editori decidessero di farsi carico di questo grosso problema finirebbero per chiudere. Tutti. Il che in effetti risolverebbe la questione: non essendoci più chi fa i libri, non ci sarebbe più il problema di doverli comprare, i libri. Spesso questo tipo di questioni si affrontano demagogicamente. Si fanno battaglie per promuovere la lettura. Si fanno battaglie perché il lavoro creativo venga retribuito meglio. Sacrosante entrambe. E tuttavia nessuno pensa, per esempio, che se la battaglia per la promozione della lettura passa per la cessione gratuita di libri da parte degli editori, questo certamente andrebbe e va a scapito di un trattamento economico decente degli autori.
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