[Qualche tempo fa Maurizio Landini, curatore del blog Cartiglio d'ombra, dedicato alla poesia, mi ha invitato a scrivere un post sulla nostra collana Parola magica. Ho accettato con piacere e l'articolo è uscito alla fine di luglio. Mi sembra interessante riproporlo nel nostro blog. Anche per far conoscere il lavoro di Maurizio, attento ai rapporti fra parola immagine, come dimostra anche uno degli ultimi post usciti su Cartiglio
, scritto da Francesca Moro, redattrice della rivista Illustrati
edita da Logos.]
Che i rapporti fra bambini e poesia siano difficili, è uno di quei luoghi comuni di cui si farebbe tranquillamente a meno. Con risparmi di tempo e di energie incommensurabili. E tuttavia l'umanità sembra non poter fare a meno dei luoghi comuni. Pertanto all'editore a cui sembra ovvio pubblicare libri di poesia destinati a bambini, con l'avvallo di un discreto successo di vendite, pubblico e critica, tocca spesso spendere parole a convincere parenti meditabondi e diffidenti che i piccoli sono naturalmente dotati per la poesia, capendola intuitivamente, amandone il linguaggio figurato, la musica, l'incisività, la profondità, l'intensità, il divertimento. Nonché quelle difficoltà che gli adulti tanto temono.
Certo, ove qualcuno - insegnante, genitore, nonno, zio, vicino di casa eccetera... - si sia preoccupato di fargliela conoscere, dedicandole lo spazio e il tempo di pensieri e letture: passaggio che non è scontato, ma a cui spesso gli adulti non prestano la dovuta attenzione. Certo i bambini, da soli, difficilmente potranno incontrare la poesia. E quando questo non accade, la perdita è notevole, lo spreco di possibilità, triste.
Quando ero piccola fra i miei libri preferiti c'erano titoli di poesia. Uno su tutti:
Cinque lire di stelle, di Federico Garcia Lorca, raccolta di ninna nanne, filastrocche, nenie, canzoni e canzoncine, con disegni di mano del poeta. Questo per dire, fra le altre cose, che i benefici della poesia sono durevoli e profondi.
E che la poesia è un genere letterario poco convenzionale quanti altri mai, simile a uno di quegli orti di montagna che alle verdure mischiano fiori, erbe aromatiche ed erbe selvatiche, alberetti da frutto, arbusti e cespugli, dando luogo a un insieme a cui ogni pianta, con la sua forma, il suo portamento, il suo temperamento e il suo colore, offre un contributo unico. Chi guarda alle poesie dei piccoli con sufficienza, chi non ha orecchie per cogliere la lingua della poesia, il suo guizzo luminoso, in una ninna nanna della tradizione, in una canzoncina popolare, in una filastrocca, si dubita abbia l'intuito, la finezza e gambe abbastanza robuste per salire al piano nobile della poesia “alta” (qualora a tutti i costi si ritenga di dover ascendere a qualche luogo superno).
Insieme a Lorca, molti furono i poeti che sondarono la vena limpida e segreta che scorre nella poesia povera, umile, ridente, allegrissima, malinconicissima che ha i bambini come destinatari elettivi.
Penso a Pascoli, Gozzano, Caproni, Pasolini, Apollinaire. Per non dire della poesia anglosassone che affonda le sue radici nel fertile nutrimento delle nursery rhymes folli, surreali, inquietanti di
Mother Goose's Melody.
Topipittori, cioè la casa editrice che ho fondato insieme a Paolo Canton, ha cominciato a pubblicare poesia fin dal suo primo anno di vita, nel 2004 (e alla poesia dedica
una sezione del suo blog. Uno dei nostri due primi libri,
Filastrocca ventosa per bambini col fiato corto, ha inaugurato la collana
Parola magica (sottotitolo:
Poesie da recitare insieme ai bambini come formule magiche per superare gli ostacoli lungo il cammino delle giornate). Da allora abbiamo pubblicati molti altri libri di poesia.
La collana Parola magica è un contenitore flessibile sia per caratteristiche fisiche (formato, numero di pagine, tipo di illustrazione, legatura eccetera), sia per il tipo di poesia che ospita.
In questo senso, l'immagine dell'orto è calzante: Parola magica vede crescere l'una accanto all'altra voci di poeti diverse per temi, metri e stili, oltre che mani diverse di illustratori, nella certezza che bambini e ragazzi non abbiano pregiudizi e preclusioni, ma solo gusti, interessi, predilezioni che in questa varietà possono trovare risposte alla loro altezza (ci si augura).
Così accanto a nomi noti, stanno a proprio agio nomi di poeti molto discreti, ma molto bravi, che nella vita fanno tutt'altro, ma di tanto in tanto sono onorati dalla visita della Musa, o addirittura di perfetti sconosciuti che magari hanno scritto una volta per caso, spesso per un bambino molto amato, rime degne di pubblicazione, e poi si sono fermati lì, felici di quel solo risultato.
La poesia non tollera forzature, è una misura libera, ma quanto mai sfuggente, e di precisione infinitesimale: si fa un baffo di chi cerca di alterarne l'esattezza a scopi diversi da quelli di una pura, perfetta gratuità. Questo l'editore di poesia deve saperlo, e tenerlo ben presente. Sempre.
5 commenti:
Ammetto, con molta vergogna, di essere appartenuta un tempo a quella ignominiosa categoria de "gli adulti che pensano che la poesia non sia roba da bambini".
Grazie al cielo ho incontrato sulla mia strada delle bibliotecarie illuminate che mi hanno tolto il velo e messo a disposizione libri e raccolte meravigliose.
Ora, come espiazione per quel periodo di cecità (c'è forse supponenza più grave del non ritenere qualcuno degno di qualcosa?), quando devo fare un regalo ad un bambino o a un genitore porto sempre un libro di poesie.
Scusate se ritorno ancora, poi tolgo il disturbo, giuro.
Mi è venuto in mente l'episodio di Anastasia Krupnik che Chiara Carminati cita nel suo "Fare poesia con voce, corpo, mente e sguardo".
Anastasia riceve una F dalla maestra perchè per compito scrive una poesia senza rima e con tutte le lettere minuscole. Alla richiesta della maestra su che "poesia sia mai questa", la bambina spiega che è una poesia fatta di suoni e che non ci sono lettere maiuscole perchè le parole potessero sembrare tante piccole creature che si agitano nel buio. (*)
No, niente...così, giusto per spronare voi Topi a continuare a sfornare Parole magiche.
(*): per gli amanti del lieto fine: Anastasia sconsolata torna a casa e fa leggere la poesia al padre (famoso poeta).
L'uomo spiega alla ragazzina che parecchie persone non capiscono la poesia perchè nessuno le ha educate a farlo e cambia la F del voto in... Favolosa!
Grazie dei tuoi commenti, Elillisa. E dell'onestà nel confessare il tuo 'peccato'. Certi bibliotecari dovrebbero essere fatti Monumenti Nazionali Viventi. Come fanno i giapponesi con alcuni esseri umani di venerabile pregio...
L'episodio di Anastasia Krupnik lo leggo sempe ai miei bambini (alunni) quando cominciamo a parlare di poesia in classe. E ne restano folgorati.
Niente di più vero, comunque, che per far amare la poesia bisogna leggerla, leggerla, leggerla ad alta voce.E poi giocarci, ma in modo leggero e creativo, giocare con le sue parole, magiche appunto, o parole matte come dice Chiara Carminati. In molte scuole secondo me si uccide la poesia dissezionandola con parafrasi e spiegazioni inutili. E così facendo si annulla l'amore che potrebbe scaturire tra i bambini e quelle parole matte.
"In molte scuole secondo me si uccide la poesia dissezionandola con parafrasi e spiegazioni inutili. E così facendo si annulla l'amore che potrebbe scaturire tra i bambini e quelle parole matte."
Mi ricordo ore di vivisezionamento delle poesie, a scuola. Il poeta cosa voleva dire? A chi si riferiva il poeta usando quell'aggettivo?
Devo dire che quelle ore non mi hanno tolto l'incanto per la poesia, e (nonostante oggi pensi che fossero davvero metodi ridicoli) mi hanno in qualche modo fatto entrare dentro la logica delle parole.
Mi ha divertito il racconto di Anastasia. L'ho vissuto in prima persona. La maestra ci aveva dato come compito di creare una storia a partire da un errore grammaticale. Io avevo riscritto la Storia raccontando che il figlio di Giulio Cesare aveva ammazzato il padre perché questi invece di chiamarlo Bruto l'aveva chiamato "brutto". Mi presi un 5, la maestra mi disse che non avevo capito il compito. Ancora oggi non ho capito cosa non avevo capito...
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