martedì 16 ottobre 2012

L'intelligenza dei libri e quella dei bambini

«È una provocazione bella e buona, quella dei Topipittori, di ripubblicare oggi un libro che parla di libri. Sia chiaro: i Topipittori, per quanto sembrerebbero una coppia di distinti signori milanesi, sono in realtà due topi (appunto) che rosicchiano il mondo editoriale dal di dentro, continuando a immettervi, con le poche, ma caparbie forze che possono permettersi, non solo dei gran bei libri, ma un'idea di editoria decisamente controcorrente. Un'idea per cui il valore dei libri è per quello che dicono, e per come sono fatti, e per come vengono scelti dagli editori (cioè in base a cosa dicono e a come sono fatti) e non per quello che potrebbero vendere. Ecco: come dei topi, questa cosa la fanno, ma non la vanno in giro a dire troppo esplicitamente. Se ne guardano bene: visto che verrebbero, a oggi, presi per scemi.»

Comincia così un bell'articolo di Giovanni Nucci, pubblicato a pagina 20 de L'Unità di ieri e che riproduciamo sotto. E a noi verrebbe da dire «Accidenti! Ci hanno presi in castagna!» In realtà, il bell'articolo non doveva essere un peana alla nostra rivoluzionaria strategia editoriale, ma una recensione a Libri! di Murray McCain e John Alcorn (del quale abbiamo già parlato qui, ma ancora parleremo). Ma la recensione è diventata articolo (c'è qualche direttore che ancora lo permette) e l'articolo è diventato una perorazione (c'è ancora qualcuno che, pur scrivendo sui giornali, sa eseguire questa trasmutazione alchemica).

E quale sarebbe la causa che questa perorazione sostiene con tanto entusiasmo e vigore? È la causa dell'intelligenza dei libri e dell'intelligenza dei bambini e di come le due cose possano, debbano, essere messe insieme e a confronto reciproco. «Per vedere di nascosto l'effetto che fa,» cantava Iannacci. Se poi questo splendido esercizio si potesse davvero fare con Libri! Noi non potremmo che esserne felici.

«Non saprei: ma chissà perché, da questa lettura se ne esce con l'idea che non sia il mercato a fare i libri, ma sono i libri a fare il mercato; e che quindi gli editori dovrebbero are dei libri per il mercato e non cercando di inseguire ciò che, nelle sue instabili ed incomprensibili schizofrenie, vuole il pubblico (soprattutto perché, nel caso dei libri, la gente sa difficilmente che cosa vuole, dato che un libro ti piace, e ti cambia, solo dopo che lo hai letto, e non prima di averlo acquistato […]. Ma Libri! È un libro per bambini e , come al solito, in questi casi occorre un'intelligenza superiore (quella dei bambini, appunto) per capirlo fino in fondo: cioè per capire dove va nel suo andare oltre (non è detto che, avendo l'attenzione rivolta al mercato, ci si riesca). L'espediente è anche facile: dare in mano ad un bambino questo libro, poi farsi spiegare da lui che cos'è un libro, come si fa, come si sceglie e, quindi, come si cerca di venderlo.»

Caro Giovanni, sul mercato e sulle sue regole dovremmo fare una lunga chiacchierata. Finiremmo per parlare, alla fine, anche di politica per l'editoria, strategie editoriali nostre e altrui, e di come e dove si trovano l'intelligenza, il coraggio, la professionalità e la grande umanità di chi lavora a fabbricare e vendere e diffondere libri. E forse anche tu ci prenderesti davvero per scemi. Ma possiamo correre il rischio, questa volta. Ci vediamo una sera a Roma?

Per il momento, grazie. Anche se da oggi due distinti signori milanesi (e non dimentichiamoci della signorina che da ormai due anni condivide il loro destino) saranno costretti a fare molta attenzione a nascondere la loro bella coda dentro al cappotto e le vellutate orecchie sotto il cappello.



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