lunedì 28 gennaio 2013

Esperienze / 5: Libri tattili e multisensoriali (prima parte)

[di Barbara Mazzoleni]


Antefatto

Buongiorno a tutti, mi chiamo Barbara Mazzoleni e sono una illustratrice e graphic designer.
Ho la fortuna di lavorare senza risentire della crisi dal 1988 grazie alle mie competenze sui mezzi digitali (sia come designer free-lance, che come docente di Progettazione Digitale e Tecniche di Illustrazione Digitale in alcune importanti scuole di Design di Milano e Lombardia). Faccio questa premessa perché trovo che la mia formazione e professione rappresentino un paradosso rispetto all'esperienza che vi sto per raccontare e che ha mi ha segnata profondamente, come persona, mamma e professionista.
Nel 2011, a marzo, cercavo su internet approfondimenti sui Prelibri di Bruno Munari: ho una bimba che allora aveva quattro anni e mezzo, Viola, e volevo fare qualcosa di speciale per lei e con lei.
Conosco Munari perché da giovane, nel 1987, ho avuto la fortuna di partecipare come assistente ai famosi laboratori Giocare con l'Arte che il grande maestro tenne a Palazzo Reale di Milano: mi ci portava una delle sue storiche collaboratrici, Coca Frigerio, allora mia docente di Illustrazione alla Scuola del Fumetto.


La lezione di Munari e di Coca Frigerio è sempre rimasta viva, anche se spesso inconsciamente, nel mio lavoro e nel mio approccio alla comunicazione visuale. Con una bimba di quattro anni e mezzo, come non ritornare ad approfondire cose che avevo messo da parte, tutta presa dalla mia carriera professionale digitale?
Così, mentre cercavo informazioni sui libri di Munari attraverso un motore di ricerca, per caso mi è apparsa la pagina di un blog che riportava il bando della Prima Edizione del Concorso Nazionale di Editoria Tattile Illustrata Tocca a Te!, per bambini non vedenti e ipovedenti fino ai 12 anni.


Che strano: non avevo mai partecipato a concorsi, e nemmeno mai desiderato fare libri per l'infanzia, nel mio percorso professionale, ma in questo caso è stato come se improvvisamente mi si fosse accesa una lampadina nella testa. Io lavoro da 25 anni con le immagini, come illustratrice, come graphic designer, come docente: le immagini e l'espressione visuale in tutte le sue forme sono una parte imprescindibile di me. Sapete quando uno pensa: "Oddìo, se dovesse succedermi qualcosa di brutto, per favore, qualsiasi altra cosa, ma non alla vista, altrimenti come farei a godere del bello con i miei occhi?" Ecco, una cosa così.
Scoprire attraverso internet questo mondo fino ad allora a me sconosciuto, fatto di illustrazioni per non vedenti o ipovedenti, mi ha fatto innanzitutto pensare a quanto sia fortunata; e soprattutto, ormai abituata da parecchio a lavorare praticamente solo con mezzi digitali, mi ha motivato alla prova di inventare un libro per chi non può vedere e illustrarlo con delle immagini tattili.


Ho subito deciso di partecipare al concorso, ma credetemi, non perché avessi qualche minima pretesa di successo: l'ho fatto per me stessa, perché ero colpita da questa forma di comunicazione, per sperimentare qualcosa di nuovo.
Inoltre il bando del concorso chiariva che tutti i partecipanti potevano donare il proprio libro alla Federazione Italiana Istituzioni Pro Ciechi, che si sarebbe così arricchita di nuovi materiali e spunti
Per la precisione, il concorso era stato organizzato dalla Federazione Nazionale Istituzioni pro Ciechi, dalla Fondazione Robert Hollman e dall'Istituto dei Ciechi di Milano. La giuria sarebbe stata composta da esperti tiflologi vedenti e non vedenti, esperti di produzione di materiale tiflodidattico, rappresentanti dei genitori, rappresentanti del Ministero dei Beni e Attività Culturali, pedagogisti ed esperti di letteratura per l'infanzia.


Mi sono buttata a capofitto in questo progetto, impegnandomi in una ricerca molto intensa per imparare tutte quelle caratteristiche tecniche e quei codici di rappresentazione che sono indispensabili per confezionare un libro tattile davvero adeguato per i bambini con deficit visivi: in internet ho trovato un po' di materiale. In italiano si trova poco, a dire il vero, mentre in lingua inglese ci sono diverse guide, relazioni, articoli di esperti eccetera.


Comunque, riassumendo brevemente: innanzitutto bisogna analizzare formato e tipo di allestimento del libro; che sia facilmente e completamente apribile (il libro non deve restare aperto a "V", si deve appiattire completamente), con una misura adeguata che lo renda fruibile e sfogliabile dalle piccole mani di un bambino, per di più non vedente.
Poi, bisogna capire quanto i codici di rappresentazione siano diversi dai nostri, di persone "normodotate della vista": un non vedente dalla nascita non capisce la prospettiva, perché ovviamente non la conosce, quindi tutto va rappresentato frontalmente o di profilo, nella sua interezza e non parzialmente; le figure non devono essere sovrapposte, altrimenti non è possibile seguirne il profilo correttamente con le dita.


Non devono mancare parti di figure: se si vuole rappresentare un animale che ha quattro zampe, non se ne possono mettere due lunghe e due corte perché sono di scorcio, o addirittura solo due perché le altre sono nascoste, altrimenti la figura non è comprensibile.
Mi sono documentata e ho studiato anche il meccanismo di formazione delle immagini mentali nelle persone non vedenti per capire meglio come evitare errori di rappresentazione.


I materiali devono essere molto significativi da un punto di vista tattile, oltre che avere uno spessore marcato. Sapete quanti materiali belli e interessanti per me - vedente - ho scartato perché assolutamente insignificanti, se toccati a occhi chiusi?
È una prova che invito tutti a fare. Ricordo che in quel periodo sembravo in preda a smania: toccavo tutto e tutti, per esplorare i materiali che capitavano sotto le mie mani.


Poi c'è la questione dei testi (il libro doveva avere, oltre alle illustrazioni materiche-tattili, anche un testo in Braille e con caratteri per ipovedenti): il Braille ha dimensioni fisse e non può essere ridimensionato a piacere solo perché a noi grafici piace un corpo più piccolo o più grande; il testo per ipovedenti, invece, deve avere un forte contrasto cromatico, dei font assolutamente chiari, lineari e leggibili e rispettare dimensioni minime. Quindi, immaginate per una come me, abituata a rompere le scatole ai suoi allievi sulle dimensioni e sul valore estetico del lettering: è stata una lotta con i miei occhi e con le mie abitudini.

Per produrre le pagine stampate con il Braille mi sono dovuta recare diverse volte all'Istituto dei Ciechi di Milano, dove ho trovato la grande disponibilità e competenza della dottoressa Paola Bonanomi e del responsabile del centro di produzione del materiale tiflodidattico, Aurelio Sartorio, che mi hanno gentilmente accolto, e oltre a stampare su fogli di acetato trasparente il Braille così come serviva al mio progetto, mi hanno fatto visitare il loro centro di produzione e laboratorio: un posto pieno di tesori tattili.

Le immagini che illustrano questo post si riferiscono al libro di Barbara Mazzoleni Scopriamo le forme con il ditino, vincitore del premio Tocca a te! come miglior libro assoluto e miglior libro didattico, di cui verrà trattato diffusamente nella seconda parte del post.

(Fine prima parte; la seconda parte, venerdì 1 febbraio)

4 commenti:

mammozza ha detto...

Grazie per la condivisione. Da assoluta principiante ho provato a cimentarmi nella realizzazione di libri tattili, ma solo per il gusto di creare un gioco per il mio bambino. Non immaginavo tutte le accortezze necessarie per realizzarne uno per ipovedenti.
Complimenti per il premio.
Venerdì leggerò con piacere il seguito del post.

birbaluna ha detto...

Sono io che ringrazio innanzitutto i "Topi" per avermi dato questo spazio!
A un anno e mezzo dalla vittoria del concorso, sentivo il bisogno di condividere con sincerità il percorso che è nato da lì ma che ha preso dei sentieri prima inimmaginabili:
dopo la vittoria ho fatto diversi laboratori a livello locale, qui dove vivo, in qualche scuola, libreria privata, biblioteca:
alcune volte i miei interventi mi sono stati richiesti da persone molto competenti, altre volte un po' meno (secondo me il libro tattile non ha ancora guadagnato quella dignità che merita: spesso anche chi ti propone di fare un laboratorio pensa che sia un qualcosa di divertente e rilassante, solo giochini per i bambini o giù di lì).

Ma in realtà c'è ben oltre! Ho capito io stessa, studiando, leggendo saggi sugli albi illustrati e facendo corsi sul "leggere le figure",
che il libro tattile viene considerato a torto "solo" per portatori di qualche handicap più o meno pesante, oppure "solo" adatto alla primissima infanzia, quasi come se poi fosse superato da altre forme più nobili di "comunicazione".

Quindi in questo momento mi preme molto dare anche il mio contributo per far intravedere le potenzialità che vanno oltre "l'urgenza di riconoscere qualcosa",
cioè far capire a più persone possibili che il linguaggio tattile può essere una forma di espressione del sé altissima, alla stregua della scrittura, dell'arte figurativa, del cinema, ecc., ovviamente per bambini ma anche per gli adulti!

ha detto...

Molto molto interessante. Ho avuto la fortuna di andare ad un seminario proprio sui prelibri di Munari e me ne sono innamorata subito.
Bellissimo questo lavoro di Barbara, complimenti, e anche le sue riflessioni nel commento qui sopra.

Vorrei rinnovarvi l'invito a togliere il captcha (le paroline di verifica per inviare i commenti) considerando che impedisce di intervenire a tutti gli ipovedenti e non vedenti http://www.w3c.it/it/1961/nota-inaccessibilit-di-captcha.html

Grazie per l'attenzione

Federica MammaMoglieDonna ha detto...

Molto interessante questo post... offre spunti anche a chi come me si cimenta a fare qualche libricino tattile per gioco al mio piccolino, che grazie a Dio vede bene! Grazie per gli spunti e complimenti!