lunedì 18 marzo 2013

Per amare mio padre

Quest'estate ho letto, uno dietro l'altro, La lingua salvata di Elias Canetti e Il bambino incantato di Rachid O. A causa di questa prossimità mi sono accorta di una analogia fra i due libri, peraltro diversissimi in tutto. Come è noto La lingua salvata è il primo volume della autobiografia di Canetti, in cui si racconta di una straordinaria e difficile infanzia, contrassegnata da continui spostamenti e da vicissitudini di ogni genere, la prima delle quali, tragica, la morte dell'amatissimo padre, quando Elias aveva 7 anni, a Londra.  Il bambino incantato, anch'esso autobiografico, racconta l'educazione sentimentale dell'autore, Rachid O., prima bambino, poi adolescente, in Marocco, fra gli anni Settanta e Ottanta. In comune i due libri hanno le figure paterne, del tutto anomale, caratterizzate da una profonda tenerezza verso i figli, da una disponibilità all'ascolto e al gioco, dalla capacità emotiva di darsi con generosità e di comprendere profondamente i bisogni e la sensibilità di un essere in crescita.

In questa bella intervista, di cui vi consiglio la lettura, Rachid O. dice: «In Cioccolata calda (terzo romanzo dell'autore ndr) dico che si nasce con dei talenti. C’è chi nasce con le mani fatte per dipingere, chi per costruire ecc. Io da bambino desideravo avere un cuore grandissimo per amare mio padre, per ricambiarlo del suo affetto. Il fatto è che entrambi, sin dalla morte di mia madre, abbiamo fatto un enorme investimento reciproco. Lui per me è una miniera, una continua fonte di ispirazione, di affetto, d’amore».
A Canetti accade l'opposto, l'investimento reciproco, dopo la morte del padre, è fra lui e la madre: figura dominante, inquieta, ambigua, esigente, di grande severità e durezza, all'origine, certamente, della genialità del figlio, ma anche di angosce e tormenti indescrivibili.


Colpisce come in due ambienti sociali e culturali dominati dalla religione, ebraica in un caso, musulmana, nell'altro, le figure che infrangono, con la loro umanità, le censure e il rigore di regole incomprensibili e crudeli, siano i padri, capaci di una libertà mentale assoluta e proprio, significativamente, nella relazione educativa e affettiva coi figli. Sono loro infatti, a proteggerli dalla violenza dei diktat sociali, culturali e religiosi, con mano ferma e amore intelligente che si manifesta come profondi rispetto e comprensione dell'altro, anche nelle scelte più lontane e incomprensibili, come l'omosessualità e le relazioni con uomini più grandi per età nel caso di Rachid O.. Ed è il padre di Canetti a decidere di abbandonare la rigidissima famiglia paterna, in Bulgaria, connotata da una cultura soffocante e autoreferenziale, per vivere in una Londra cosmopolita: gesto che gli vale una biblica maledizione paterna (che verrà poi segretamente vissuta dalla famiglia come vera causa della sua precoce e improvvisa morte). Ed è sempre il padre a nutrire Elias di libri, praticati come momenti insostituibili di relazione affettiva e intellettuale, a regalargli il primo libro di fiabe, a contagiarlo con il suo grande amore per la letteratura, vissuta come fonte inesauribile di piacere e libertà.



Di che portata sia il problema dell'ortodossia religiosa e della sua invadenza nella vita civile, privata e familiare, lo segnala l’iniziale del cognome dietro cui ancora oggi Rachid O. si scherma: «Quando è uscito Il bambino incantato, nel 1995, ero semplicemente preoccupato per la mia famiglia. All’epoca, in Marocco, il fondamentalismo stava crescendo. Non avevo paura per me, o per la censura. Ma per mio padre, i miei fratelli. È stato il mio modo di proteggerli. E poi quella O. mi piaceva anche esteticamente: e si ricorda facilmente.»

Oggi festeggiamo la prossima festa del papà con questi due padri magnifici. Sono in tanti, però, crediamo, come loro: forse mai abbastanza ricordati e presi a esempio. Sarebbe bello lo fossero, per anteporre figure maschili, positive e in controtendenza rispetto a quelle di cui i media non fanno che parlare.
Ho scritto questo post perché a Roma, a Più libri più liberi, allo stand Playground parlavo con due amici di questi due padri incontrati durante l'estate e della mia intenzione di scrivere qualcosa. Sono stati loro a spronarmi a riprendere l'idea e a farlo. Anche perché noi per i papà abbiamo un debole, come mostrano i due libri a loro dedicati, nella collana I grandi e i piccoli: Non si incontravano mai. Il libro del papà e della bambina di Mauro Mongarli e Chiara Carieri e P di papà di Bernardo Carvalho e Isabel Minhós Martins. Due libri che ci continuano a piacere per il modo che hanno di raccontare la paternità e la sua importanza nella vita dei figli.



1 commento:

mimilic89 ha detto...

Oggi è la festa del papà...perché non dirgli tanti auguri regalandogli un albo illustrato? Quelle immagini e quelle parole potrebbero dire ciò che c' è nel nostro cuore e che a volte facciamo fatica ad esprimere...