mercoledì 15 maggio 2013

I libri e la politica


 

Con questo breve testo, nelle settimane precedenti all'evento, abbiamo invitato la popolazione a esprimere, certamente in modo non consueto, le proprie idee sulla città in cui vive.

Cose che non vedo dalla mia finestra… e vorrei vedere! Un laboratorio creativo: immagini, segni, idee per rappresentare i nostri desideri. 
Cosa vorremmo davvero vedere dalla nostra finestra?
Un’insolita raccolta di consigli, spunti e sentieri per i futuri amministratori della città.   
Una proposta per adulti e ragazzi, per mettere a confronto bisogni diversi, ma ugualmente importanti, una proposta artistica e divertente per provare a “dire” la propria opinione con creatività, colori e un po’ di fantasia. Prendiamo a prestito l’idea da un libro per provare a rappresentare e rappresentarci, luoghi e persone insieme per la città che vorremmo guardare e vedere!

Il libro: Cose che non vedo dalla mia finestra, Giovanna Zoboli e Guido Scarabattolo, Topipittori, 2012.


Venerdì 10 maggio, ore 20,00 circa.
Abbiamo appena finito di ritirare, raccogliere frammenti di carta colorata, forbici, colla, pennarelli e immagini di ogni tipo. Qualcuno sta riportando sedie e tavoli al Bar Elettra che cortesemente ci ha accolti nella parte di piazza Pichi di cui dispone. Due ore sono volate.


Mi guardo intorno e vedo facce soddisfatte: l’esperimento, perché di questo si trattava, ha funzionato. Un laboratorio creativo per adulti in piazza. I bambini, due, sono arrivati solo alla fine e senza troppi problemi, ovviamente, sono stati veloci, chiari e incisivi nel realizzare il loro quadro-desiderio di città.


Quadro-desiderio di città ovvero Cosa non vedo dalla mia finestra e vorrei vedere: un’idea molto creativa e inconsueta per dire ai futuri sindaci e amministratori quello che vorremmo, quel che manca e non funziona.
Un’idea che il libro dei Topipittori ci ha spinto a provare, inducendoci soprattutto a formulare una domanda: davvero quello che non vedo non potrà essere mai?
Abbiamo sfogliato, guardato e riguardato il libro tante volte, potevamo sicuramente “adattare” alcune illustrazioni ai nostri desideri. Invece no: abbiamo voluto provare e provarci artisticamente - per qualcuno un passo davvero difficile -, e realizzare da noi le nostre figure.


La città in comune, scuola civica di politica di Iglesias, anche in questo modo ha raccolto le idee e i pensieri dei cittadini che, alla fine di maggio, saranno chiamati a scegliere il loro sindaco, dopo un lungo periodo di commissariamento e di difficoltà date dalla situazione economica, occupazionale e politica (non sto a raccontare la situazione socio-economica del Sulcis Iglesiente, di questa provincia che è sempre ultima nelle varie classifiche, ma che potrebbe primeggiare davvero in molti settori, se fosse governata con saggezza diffusa; e questa è la speranza).



La scuola civica, nata dall’iiniziativa di alcune donne, alcune già passate dall’esperienza di amministratori comunali, altre mosse dal desiderio di cambiamenti e di partecipazione, in questi anni con un gruppo, non troppo numeroso, lavora a Iglesias per creare movimento di pensieri e idee, attraverso incontri, dibattiti, film, orti urbani, presentazioni di libri ed esperienze lontane e vicine. Non è facile, ma è appassionante e anche divertente, e soprattutto ci permette uno sguardo costante e attento non solo sul nostro territorio, ma anche al di là del mare e oltre.



L’esperienza creativa che abbiamo proposto è stata la prima di questo tipo, ma già ieri sera, salutandoci, ci siamo detti che fare con le mani e non solo con le parole ci è piaciuto molto, i risultati sono quelli che vedete a corredo di questo articolo, e di cui siamo soddisfatti.
Per sapere come andrà a finire, se avremo un’amministrazione illuminata e attenta ai bisogni veri, e cittadini solerti e acuti osservatori di quanto accade intorno a loro, bisognerà attendere la fine di maggio. Noi, per portarci avanti, continuiamo a guardare dalla finestra.

Post scriptum

Ho conosciuto Vittoria Negro, una delle colonne del Festival Tuttestorie di Cagliari, nell'autunno dello scorso anno. Insieme abbiamo tenuto un laboratorio proprio sul libro Cose che non vedo sulla mia finestra. Un bellissimo incontro, con una interazione intensa e vispa con i numerosi ragazzi e bambini presenti: domande, ipotesi, riflessioni, pensieri a non finire. Tanto che abbiamo fatto fatica a mandarli via, a laboratorio finito. Entrambe eravamo sorprese, e ce lo siamo dette, dalla qualità del pensiero, di questi ragazzi.
In quell'occasione, spiegai a Vittoria che, sulle prime, questo albo (i pregiudizi, anche personali, sono duri a morire...) mi aveva posto non pochi dubbi. 
Mi ero chiesta se i ragazzi sarebbero stati interessati, se avrebbero saputo leggerlo, divertendosi, entrando nel suo meccanismo, certamente né immediato né semplice. 

Poi, la prova del fuoco: a Tribù dei lettori 2012, in una avveniristica sala del Maxxi, a Roma, siamo stati dati in pasto, io e il libro, a due classi di adolescenti considerati per niente lettori e per niente facili (come mi hanno confessato con una certa apprensione gli organizzatori, qualche istante prima dell'incontro). 

Insieme a me c'era Carla Ghisalberti, che ha letto il libro, mentre sullo schermo scorrevano le immagini. I ragazzi guardavano e ascoltavano, impenetrabili. Davvero impossibile capire cosa pensassero. Alla fine, silenzio di tomba. Carla, allora, chiede: Che ne pensate di questo libro? Un ragazzo accucciato contro la parete, cappellino a visiera tirato sugli occhi, mugugna: Figo. Accanto a lui, un compagno, praticamente un clone, gli fa eco: Figo. Li guardo e penso che non avrei mai sospettato di avere due lettori così. Giusto per dire, i luoghi comuni. Carla insiste: Va bene, figo, ma perché vi è piaciuto? Altro silenzio. Il ragazzo che ha parlato per primo, rimugugna: Perché è un libro che parla di cose vere. Rimango basita. A proposito di questo libro ho letto di tutto - il surreale, il non sense, il fantastico, la dimensione onirica e quella metafisica, l'umorismo rarefatto, l'ironia e l'astrazione eccetera - tutte cose sacrosante, ma nessuno ha mai detto: è un libro che parla di cose vere



Invece, il ragazzino, capisco subito, ha ragione: questo è un libro che parla di cose vere. Lo sapevo anch'io, scrivendolo. A cominciare da quelle che non si vedono dalla propria finestra e invece si vorrebbero vedere. Fare politica con i libri, con la letteratura, illustrata e non, forse, allora, significa solo questo: leggere i libri, rifletterci su e utilizzarli per il modo che hanno diverso di dire e guardare, in contesti in cui della realtà si parla poco e alla quale si guarda ancor meno. Senza ridurre la politica a una rosa di temi ripetitivi e riconoscibili, ma considerandola in tutta la sua estensione, di cosa che riguarda la vita di tutti, collettiva e individuale. Grazie ai ragazzini e alle scuole di politica, che lo capiscono.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Bellissimo!
Questo albo è bellissimo, ed il riassunto laconico e perfetto del lettore mi ha emozionata (come deve essere stato emozionante sentirlo, e traspare) per come entra sotto la pelle della narrazione.
Ma soprattutto, ho aperto il post con grande curiosità pensando proprio a quello che ci ho trovato: la progettazione partecipata degli spazi di vita. Una delle mie fisse.
Ed anche chi l'ha anche messa in atto nella pratica, come Lucien Kroll, ha proceduto in maniera niente affatto diversa da questa :).
grazie

Topipittori ha detto...

Grazie, Caterina!