mercoledì 12 giugno 2013

Mappe ritrovate di territori segreti



Dall'inizio di giugno, il nostro blog è entrato in fase di rallentamento estivo. Ma evidentemente i nostri lettori no. Negli ultimi giorni gi stanno arrivando dei messaggi, stimolati dai post più recenti, davvero molto belli: vere e proprie lettere, anzi. Belle, sì, non solo per un carattere privato, ma soprattutto per come ci sembra che “afferrino la palla” per rilanciarla più lontano, sviluppando riflessioni, aggiungendo riferimenti, spingendo il discorso sui libri e sul lavoro che ci sta dietro, verso altri ambiti ed esperienze. Per questo ve le proponiamo. La prima arriva da Sandra Caciagli*, che, mossa dal post Tu non sei niente del 30 maggio scorso, su Un altro me, di Bernard Friot, ci ha scritto di sé, del suo lavoro coi bambini e gli adulti, e del suo modo di usare i libri. Ringraziamo Sandra per il suo messaggio, i suoi pensieri e il modo in cui ha pensato di condivederli.


Cari Topi,
per la seconda volta dopo la lettura di un post sul vostro blog non posso fare a meno di scrivervi anche per condividere i pensieri che mi suscitate, anche se ho sempre paura di non esser capace con le parole ad acciuffarli tutti questi pensieri che sono nitidi e leggeri quando viaggiano nella mente come fiocchi di neve silenziosi e, invece, quando si posano sul foglio per essere scritti, si sciolgono e sembrano apparire informi e inespressivi.

Ma dopo aver letto il post su Friot e la risposta di Anna** vorrei davvero provare a dire qualcosa su questi libri bellissimi dentro e fuori (amo immensamente la grafica di questa collana li attaccherei al muro in fila per guardarmeli dalla mia poltrona preferita).
Non ho tutti i titoli de Gli anni in tasca, ma ho quello di Friot (credo sia il primo che ho comprato) e quello di Anna Castagnoli.
A Super 8 sono particolarmente affezionata: sarà che sono nata nel ‘69 e che avevo anch’io un albero su cui giocavo per interi pomeriggi nel giardino della casa di campagna di mio nonno, sarà soprattutto che le parole di questo libro mi hanno aiutato a capire qualcosa di importante e mi hanno aiutato a dirlo.
Lavoro da dodici anni con i bambini in vari contesti, tra cui quello scolastico, e negli ultimi tempi mi capita di essere coinvolta in progetti di formazione con insegnanti e educatori; mi chiamano a raccontare quello che faccio e come lo faccio. Così sono stata costretta in qualche modo a pormi delle domande per cercare di capire bene (e spiegare ad altri) il mio modo di lavorare con i bambini, individuando le cose importanti.
Ultimamente, inizio i miei incontri leggendo al gruppo di adulti presenti due cose (edizioni Topipittori tutte e due!): Che cos’è un bambino? di Beatrice Alemagna e il capitolo di Super 8 sullo “sguardo traslucido”.


Lo faccio perché mi sembra importante sgombrare il campo da un atteggiamento che troppo spesso mi capita di vedere negli adulti che lavorano coi bambini, un atteggiamento a volte caratterizzato da superficialità, indifferenza, fretta, supponenza, buonismo, condiscendenza, non ascolto, assenza, mancanza di riflessione intorno al mondo dell’infanzia. E io, invece, quando mi avvicino a questo mondo sento quasi come se tornassi a casa in una casa che è stata mia e di cui conosco bene la lunghezza dei corridoi, gli scalini invisibili che istintivamente scendo, gli avvallamenti dell’intonaco che amo lisciare con la mano, gli scricchiolii che quando li sento so chi sta arrivando, e allo stesso tempo, però, so di essere ormai un’estranea che ha solo il privilegio di ritornare per un momento ad abitare quella casa orami abitata da altri, ospite dei bambini che incontro.
Credo che ciò che faccio quando sto coi bambini sia profondamente pervaso da questa sensazione e che i vostri libri mi abbiano aiutato a decifrarla, come mappe ritrovate di territori segreti, offrendomi la possibilità di pensare con più chiarezza a ciò che faccio e di condividerlo all’esterno. Per questo, oggi sento di dovervi ringraziare ancora una volta per il sostegno che date a questa mia ricerca infinita di senso. Perciò, grazie.

Sandra


Sulla visione traslucida  (da Super 8 di Anna Castagnoli)

Quando si è bambini non si ha una visione lucida delle cose, si ha una visione traslucida. Il verde delle chiome degli alberi, dei prati, è quello iridescente dei ramarri; il cielo, quando è sereno, è di un blu abisso-di-mare che neanche a disegnarlo si riuscirebbe a renderlo così. Il bianco di una tovaglia, di un sorriso, del passepartout di un quadro, di un muro (per non parlare di quello della
neve) possono fare persino male agli occhi. È per il fatto che i bambini guardano davvero le cose, a differenza dei grandi, che le guardano per finta.
Un adulto guarda il cielo e pensa: “Toh, oggi è bel tempo”; oppure guarda le nuvole e cerca di capire da che parte soffi il vento, per sapere se deve prendere l’ombrello o no, quando esce di casa. Se è una domenica e non ha niente di meglio da fare, magari guarda il cielo così, perché gli piace. Pensa: “Che bel cielo, che nuvole bellissime.” Ma non vede davvero il cielo né le nuvole: vede un tutt’uno di cielo e nuvole che fa un bel quadro, piatto come una cartolina.
Invece un bambino, grazie alla visione traslucida, guarda su e vede una miriade di sottili strati di azzurri e blu che si muovono tra loro come i vetrini di un caleidoscopio. Ne attraversa con gli occhi le trasparenze e va giù, giù, fino a una profondità senza ossigeno che ci vorrebbe un palombaro per non morire asfissiati. Anche in pieno giorno, dietro il blu degli ultimi strati, riesce a intravedere le prime stelle della nostra galassia, il nero di quella successiva, e le meteoriti che vagano perdute.
In primo piano, con i suoi occhi radar, ha già esplorato ogni nuvola, alla ricerca di un paio di orecchie di coniglio, di una coda di dinosauro, di una bocca di lupo con la lingua fuori. Trovata ogni forma possibile nel profilo delle nuvole, passa a esplorarne con attenzione l’interno: le dune turgide, le zone gassose, le bolle, per tracciare, come un pioniere di nuove terre, una strada abbastanza sicura da poter essere percorsa. Non una sfumatura nella piuma di un piccione che si alza in volo, non il volgersi al sole di una foglia d’argento, non l’impercettibile movimento delle testoline dei fiori durante le ore del giorno, può sfuggire ai suoi occhi. Ma non è tutto qui. La visione traslucida, oltre che attraversare le distanze, sa cogliere l’infinitamente vicino.
Uno svantaggio della visione traslucida è che non solo i cieli sono caleidoscopi trasparenti, ma anche le persone. Una persona che sorride, se è davvero felice, per un bambino può essere ustionante come una palla di fuoco scappata dal sole. Una persona triste, vista con lo sguardo traslucido, è un lago di lacrime circondato da alberi senza foglie, i cui rami gemono nel vento. Non conosco un solo bambino che non sarebbe disposto a fare il giro del mondo di corsa due o tre volte, se questo servisse a far smettere di essere triste una persona triste.
Ve l’ho detto, i bambini non hanno una visione lucida del mondo.



*Sandra Caciagli lavora dal 1999, come dipendente di una coop sociale, per alcuni servizi educativi del Comune di Firenze: il Laboratorio permanente per la Pace, la Ludoteca La Mondolfiera e S-Piagge, progetto a finanziamento regionale, spazio incontro per adulti e bambini 0-3 anni (le Piagge sono una periferia difficile di Firenze  dove è collocato il servizio). Con Laboratorio per la Pace, lavora da anni nelle scuole del Quartiere 5 (dall'infanzia alle medie); e, grazie all'offerta formativa del Comune di Firenze “Chiavi delle città”, nelle scuole di tutto il territorio comunale. Sempre con Laboratorio collabora con Movimento di Cooperazione Educativa Firenze per offrire occasioni di formazione e gruppi di studio. In particolare, si occupa di laboratori (educazione attiva), creatività, letture, gioco con specifica attenzione all'educazione interculturale, alle relazioni, alla gestione dei conflitti. Dal 2005, svolge attività di formazione degli adulti, per progetti regionali finanziati da fondi sociali europei e gestiti dall'università di Firenze e da quella di Siena, e per altri progetti più piccoli, in Toscana, mirati a formare educatori e insegnanti, soprattutto su in relazione alla gestione di laboratori e agli strumenti professionali quali creatività, narrazione, gioco. Qui il blog di gruppo delle suo gruppo di lavoro, nato per scambiare idee e raccontare esperienze.

**
Questo libro è bellissimo, durissimo, coraggiosissimo.
Io non ho avuto il coraggio di dire davvero il dolore senza infiocchettarlo, c'è come un tabù (tra adulti) a parlare del dolore dei bambini e dei ragazzi.
Friot del tabù se n'è fatto un baffo, ha detto come stava davvero. La verità ci tocca e ci raggiunge sempre, qualunque essa sia: è questo che fa bene
.



2 commenti:

Anna ha detto...

Sandra: che emozione sapere che la visione traslucida arriva nelle classi. Sono contenta.
Rileggendo il mio brano mi rendo conto che non l'ho perduta affatto, la visione traslucida, solo sono più contenuta nelle mie manifestazioni esteriori.

Da Maurice Maeterlinck:

"Non appena le enunciamo, stranamente priviamo le cose del loro valore. Crediamo di esserci immersi fino al fondo degli abissi, e quando ritorniamo alla superficie la goccia d'acqua sulle pallide punte delle nostre dita non assomiglia più al mare da cui proviene.
Ci illudiamo di aver scoperto in una caverna tesori meravigliosi, e quando ritorniamo alla luce del giorno non ne riportiamo che pietre false e schegge di vetro; e tuttavia, nell'oscurità il tesoro continua a brillare immutato.

(citato in Robert Musil, Il giovane Törless, traduzione di Andrea Landolfi, NET, introduzione di Italo Alighiero Chiusano, 1991)

s ha detto...

Grazie Anna Grazie Topi è bello parlare con voi il vostro lavoro e i vostri blog sono davvero importanti per me

E grazie Topi per l'ospitalità su queste pagine

Sandra