lunedì 17 giugno 2013

Volare alto, altissimo!

Edward Lear, in un ritratto di Wilhelm Marstrand.
Provate a immaginare di essere nati da una madre che non vi ha desiderato (forse a ragione avendo avuto altri venti figli), e vi abbandona alle cure di una sorella, di ventuno anni maggiore di voi. Immaginate anche di avere un padre, che fa una professione rispettabile, ma commette la leggerezza di non onorare i propri debiti e finisce in prigione. Immaginate di avere il primo attacco di epilessia a sei anni e il primo episodio di depressione acuta a sette. Immaginate anche di soffrire di bronchite cronica e di asma. E adesso una domanda: vi resterebbero il tempo e  la minima voglia disegnare, disegnare, disegnare?

Questa che pare proprio una triste vicenda è, in estrema sintesi, la vita di Edward Lear. E, a conoscerla più a fondo, non sembra poi neanche troppo triste. In fondo, può capitare di peggio. Per esempio, non saper disegnare, non saper scrivere, non saper far ridere i bambini.

Edward Lear, pagina da A Book of Nonsense.

Ecco, proprio quest'ultimo talento ha offerto a Lear notorietà nel campo della letteratura per ragazzi, della quale è stato un grande innovatore: è stato lui, infatti, a dare dignità al nonsense e a far scaturire dal nulla una tradizione letteraria che avrebbe affascinato Lewis Carroll, Spike Milligan, Douglas Adams e, dalle nostre parti, con non troppa fortuna invero, Toti Scialoia e Fosco Maraini.

Edward Lear, disegno autografo per A Book of Nonsense.

Insomma, questo ragazzino malinconico, fortemente miope, debole di petto, troppo alto e con un naso elefantino (come lui stesso lo descrive) aveva imparato l'unica cosa che la sorella Ann gli poteva insegnare (poiché era l'unica insegnata alle ragazze della prima età vittoriana): l'acquerello. E dato che era povero in canna e si doveva guadagnare da vivere, a 15 anni cominciò a vendere disegni, «in cambio di pane e formaggio», ai commercianti e ai passeggeri delle corriere a cavalli. In qualche modo, spinto dalla sua passione per gli animali, cominciò a frequentare lo zoo di Londra e i naturalisti che vi lavoravano. Apprese così un'applicazione più proficua del suo talento, e divenne consapevole che c'era un pubblico disposto a pagare per buone stampe naturalistiche.

Edward Lear, dettaglio di Corvus corax, da The Birds of Europe.

Edward Lear, Fenicottero, Field Museum Library/Getty Images.

A Lear mancava quasi tutto, ma certamente non il coraggio, se, a 19 anni, cioè nel 1832, si diede a pubblicare una monografia sui pappagalli (venduta in abbonamento), disponendo solo di una stanza in affitto, un'unica pietra litografica in formato folio imperiale (55 x 76) e non abbastanza soldi per pagare l'affitto del torchio. Disegnava direttamente sulla pietra, nella sua stanza; poi se la caricava in spalla, andava alla stamperia, assisteva alla stampa, affidava i fogli ai coloristi, si caricava di nuovo la pietra in spalla, tornava a casa, cancellava il disegno con il carborundum e ricominciava da capo. Ce n'era abbastanza da farsi venire un esaurimento nervoso. Come dire, un tempo avevano una certa tempra.





















L'avventura finì male: le Illustrations of the Family of Psittacidae, or Parrots (42 tavole litografate e colorate a mano) fu un successo per la critica che lo consacrò, insieme a John James Audobon, il più innovativo disegnatore naturalistico della sua epoca. Ma fu un disastro finanziario, perché Lear non era capace di farsi pagare dagli abbonati.





















Gli esiti furono due: uno disastroso e l'altro fausto. Il suo lavoro fu acquistato da John Gould, un naturalista abbastanza spregiudicato che, stanco di sfruttare solo il talento grafico della moglie Elisabeth, si diede a schiavizzare Lear per le sue opere di ornitologia, tentando - con successo - di accaparrarsene ogni merito. Ma, allo stesso tempo, Lear, grazie alla fama acquistata, venne chiamato dal Duca di Derby a Knowsley Hall, per dipingere gli animali del suo serraglio privato.






















Edward Lear, studi di pappagalli, Houghton Library, Harvard University.

Knowsley era frequentata da stuoli di nipoti e pronipoti del vecchio duca, che sembrava avessero la propensione a scomparire, per stare in compagnia di quello strano tipo che, oltre a disegnare animali, confezionava per loro giochi di parole illustrati da disegni divertenti, dove si trovano persone che si strappano i capelli, mangiano migliaia di fichi, si suicidano con una forchetta, muoiono di dispiacere, hanno incubi spaventosi, finiscono arrostiti in un forno o mangiati da un cucciolo o tagliati in due (ma rimessi insieme da una potente colla).

Edward Lear, pagine da A Book of Nonsense.

Quando la cosa fu scoperta, Lear venne invitato ai piani superiori, in modo che potesse intrattenere la nobile famiglia al completo. A Book of Nonsense nacque così, con naturalezza, dal talento e dal piacere di stare con i bambini e di farli ridere. Sembra poco, ma non lo è.



Un talento e un piacere che non si sono persi e che hanno accompagnato Lear nei suoi viaggi intorno al mondo (finanziati dal duca, che doveva essersi divertito davvero molto in sua compagnia, per convincersi a sborsare tutti quei quattrini): ogni volta che faceva conoscenza con un bambino, Lear non riusciva a resistere e gli regalava disegni di buffi uccelli, resoconti grafici di vicende strampalate, autobiografie surreali. Per esempio, una volta, in un hotel di San Remo...






Sei disegni di uccelli appartenenti alla serie di sedici,
disegnata da Lear nel 1880 per Charles Pirouet, un bambino
che soggiornava nel suo stesso hotel.

10 commenti:

Antonella Capetti ha detto...

Che, nonostante un'infanzia segnata da mille difficoltà e tutta in salita, il talento e il genio di Lear abbiano potuto emergere e far ridere, o almeno sorridere (dalla definizione classica di limerick e non-sense) intere generazioni, ha del prodigioso, e soprattutto dimostra quanto istinto e volontà possano battere qualsiasi tragedia...(di Toti Scialoia ho parlato qualche giorno fa su apedario...)

Alessia H.V. ha detto...

Complimenti per l'interessantissimo blog!
Devo ammettere di non aver conosciuto Lear prima di questo post, ma le notizie da te fornite mi stimolano a sondare questo genere artistico-letterario! Fra l'altro avevo in programma fra le letture il capolavoro di Carroll anche se a data da destinarsi e questo post me lo rende più prossimo da affrontare!

Ti seguo!
Un saluto! :D

AlmaCattleya ha detto...

Io sono davvero felice quando leggo tutto ciò, di persone che non si sono arrese al loro "destino".

Topipittori ha detto...

Grazie A.H.V, e benvenuto sul nostro blog!

@Antonella e @Alma: sì, già in sé la vita di Lear è una bella storia, per ragazzi, per tutti.

Anonimo ha detto...

Grazie per questa splendida scoperta, in quanto fan di Carrol e Adams non posso che andare a cercare le opere di Lear!

visualplantae ha detto...

Davvero interessante! Mi è capitato un suo libro in mano di recente...
è un talento poter portare la triste realtà sotto una luce positiva e divertente!

Rob Dunlavey ha detto...

Thank you for this perceptive and sympathetic portrayal of Edward Lear. I am so curious now!
You might find this interesting: http://news.harvard.edu/gazette/story/2012/06/edward-lears-natural-history/
--from an exhibit at Harvard University in 2012.

Topipittori ha detto...

Thank you for your interesting link, Rob!

Cristina Berardi ha detto...

Edward Lear, a Sanremo, come me :)

Cristina Berardi ha detto...

Edward Lear, a Sanremo, come me :)