[di Valentina Colombo]
È un paradosso, direte voi. O sono convergenti o sono paralleli ma non possono essere entrambe le cose. Eppure mi è capitato, scartabellando nella biblioteca dell'ufficio, di trovare un libro in cui ci sono due mondi convergenti e paralleli.
Il libro in questione è Bus 24, illustrato da Guy Billout e pubblicato nel 1974 da Harlin Quist (editore di cui abbiamo già parlato qui). È un album senza parole di trentadue pagine in brossura, un libretto leggero con in copertina due autobus che si scontrano a un incrocio, mentre un passeggero assiste, diremmo sbigottito, alla scena.
La storia inizia con la fermata dell’autobus 24, vuota e silenziosa. Appare un omino, con la valigia, sembra un impiegato, probabilmente va in ufficio. Si piazza alla fermata e aspetta il suo autobus.
Dal fondo della strada compare qualcosa: una macchina, una fiammante macchina rosa che sta oltrepassando l’incrocio, quando viene travolta e distrutta da una fumante locomotiva nera sbucata da dietro l’angolo.
L’omino non sembra scomporsi più di tanto, ma io sì. Giro pagina.
Ecco un carro armato (che ci fa un carro armato in strada, la mattina?). Stessa scena: appena giunge all’incrocio viene travolto da una compatta massa di cavalieri in armatura medievale, che sollevano un gran polverone. Comincio a sorridere e a intuire dove l’autore vuole arrivare, e continuo la mia attesa del 24.
Un aeroplano arriva leggero e inizia la manovra di atterraggio. Ma ecco che viene travolto da un altro gigantesco aereo che lo sbatte fuori dalla pagina. E in tutto questo, il nostro omino ha sempre la stessa faccia. Anzi, mi sembra quasi più tranquillo di prima.
Ecco poi una barchetta che solca le onde della strada... per essere travolta dall’equivalente del Titanic. Cominciamo, io e l’omino, a chiederci se arriverà mai, il 24, e se arriva, da cosa verrà trascinato via?
Ecco poi una funicolare che scende dall’alto. Distrutta da un enorme Tir rosso. Mi ricordo improvvisamente dei giochi di mio fratello da bambino: draghi che mangiano macchine, elicotteri che distruggono castelli, tirannosauri con superpoteri che fanno a pezzi navi spaziali. Stiamo giocando? Sono dentro a un gioco?
Ecco finalmente il 24. Arriva da lontano, giallo e veloce, così almeno mi sembra. Riesco anche a vedere il conducente. Si ferma, l'omino sale (non prima di un’ultima furtiva occhiata all'incrocio, non sia mai che arrivi qualcosa) e alla pagina seguente... puff, il bus 24 non c'è più.
Ecco i mondi convergenti paralleli: che quando finalmente si scontrano fanno un gran fracasso. Da una parte ciò che vediamo arrivare di fronte a noi, dall’altro ciò che, senza che ne siamo coscienti, sta arrivando, si sta muovendo parallelamente in un altro mondo. E basta un secondo, un incrocio, un attimo, un’apertura di pagina perché si travolgano a vicenda. Un gioco divertente, semplice, quasi banale. Alla fine, l'importante è non perdere il 24, non perdere di vista il motivo per cui siamo qui.
Perché allora sulla copertina i due autobus si scontrano? È quello che ci aspettiamo che succeda. Ma può andare diversamente.
È un paradosso, direte voi. O sono convergenti o sono paralleli ma non possono essere entrambe le cose. Eppure mi è capitato, scartabellando nella biblioteca dell'ufficio, di trovare un libro in cui ci sono due mondi convergenti e paralleli.
Il libro in questione è Bus 24, illustrato da Guy Billout e pubblicato nel 1974 da Harlin Quist (editore di cui abbiamo già parlato qui). È un album senza parole di trentadue pagine in brossura, un libretto leggero con in copertina due autobus che si scontrano a un incrocio, mentre un passeggero assiste, diremmo sbigottito, alla scena.
La storia inizia con la fermata dell’autobus 24, vuota e silenziosa. Appare un omino, con la valigia, sembra un impiegato, probabilmente va in ufficio. Si piazza alla fermata e aspetta il suo autobus.
Dal fondo della strada compare qualcosa: una macchina, una fiammante macchina rosa che sta oltrepassando l’incrocio, quando viene travolta e distrutta da una fumante locomotiva nera sbucata da dietro l’angolo.
L’omino non sembra scomporsi più di tanto, ma io sì. Giro pagina.
Ecco un carro armato (che ci fa un carro armato in strada, la mattina?). Stessa scena: appena giunge all’incrocio viene travolto da una compatta massa di cavalieri in armatura medievale, che sollevano un gran polverone. Comincio a sorridere e a intuire dove l’autore vuole arrivare, e continuo la mia attesa del 24.
Un aeroplano arriva leggero e inizia la manovra di atterraggio. Ma ecco che viene travolto da un altro gigantesco aereo che lo sbatte fuori dalla pagina. E in tutto questo, il nostro omino ha sempre la stessa faccia. Anzi, mi sembra quasi più tranquillo di prima.
Ecco poi una barchetta che solca le onde della strada... per essere travolta dall’equivalente del Titanic. Cominciamo, io e l’omino, a chiederci se arriverà mai, il 24, e se arriva, da cosa verrà trascinato via?
Ecco poi una funicolare che scende dall’alto. Distrutta da un enorme Tir rosso. Mi ricordo improvvisamente dei giochi di mio fratello da bambino: draghi che mangiano macchine, elicotteri che distruggono castelli, tirannosauri con superpoteri che fanno a pezzi navi spaziali. Stiamo giocando? Sono dentro a un gioco?
Ecco finalmente il 24. Arriva da lontano, giallo e veloce, così almeno mi sembra. Riesco anche a vedere il conducente. Si ferma, l'omino sale (non prima di un’ultima furtiva occhiata all'incrocio, non sia mai che arrivi qualcosa) e alla pagina seguente... puff, il bus 24 non c'è più.
Ecco i mondi convergenti paralleli: che quando finalmente si scontrano fanno un gran fracasso. Da una parte ciò che vediamo arrivare di fronte a noi, dall’altro ciò che, senza che ne siamo coscienti, sta arrivando, si sta muovendo parallelamente in un altro mondo. E basta un secondo, un incrocio, un attimo, un’apertura di pagina perché si travolgano a vicenda. Un gioco divertente, semplice, quasi banale. Alla fine, l'importante è non perdere il 24, non perdere di vista il motivo per cui siamo qui.
Perché allora sulla copertina i due autobus si scontrano? È quello che ci aspettiamo che succeda. Ma può andare diversamente.
6 commenti:
bellissimo. Ma perché non si fanno più libri così? Secondo voi mancano gli autori o gli editori non rischiano?
Bellissimo e inquietante.
Mi torna alla mente questa definizione:"Due rette parallele sono due rette il cui punto di intersezione si trova all'infinito". Quindi, non si sa dove e non si sa quando, ad un certo punto, forse, si incontrano. Ma probabilmente è solo un mio ricordo...distorto
@ Nadia: in realtà, nella geometria euclidea le rette parallele non si incontrano mai. La convergenza all'infinito l'ha proposta Albert Einstein. E le convergenze parallele se l'è inventate Aldo Moro.
@ Alicia: sei davvero sicura che non se ne facciano più? Non è forse solo il tempo che e li rende evidenti, depurando il panorama di tutta la fuffa?
E' ancora rintracciabile in commercio o solo le biblioteche possono fornirlo ai piccoli lettori del ventunesimo secolo? Conosco un bimbo che andrebbe matto per un libro cosi!
Ci sono molti esemplari del libro su ebay o su abebooks.com (stampa USA, francese, tedesca...) da 2 a 60 euro. Di Guy Billout ricordo un bell'albo cartonato edito dalla Emme di Rosellina Archinto, "Sul cammello o in automobile", una sorta di storia tra il divulgativo e l'autobiografico dei vari mezzi di trasporto. Ma oltre alla bellezza dei testi, mi colpirono le illustrazioni a tutta pagina dove l'autore metteva sempre un piccolo particolare inquietante...
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