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lunedì 13 aprile 2015

Raccontare Simone Weil

Fresco di stampa, durante la Fiera di Bologna abbiamo ricevuto il nuovo catalogo di Scelte di classe 2015, progetto di Tribù dei lettori volto a selezionare i libri migliori dell’anno rivolti ai bambini e ragazzi dai 5 ai 13 anni. Di questo importante progetto su questo blog abbiamo scritto più volte e in particolare qui.
Da tre anni collaboro a questa pubblicazione, con la stesura di una delle schede dei libri proposti. Lo faccio per diversi motivi: il primo è che l'idea generale di Scelte di classe mi piace; il secondo è che mi piace anche la pubblicazione a cui il progetto dà luogo, curata, bella e ben pensata; il terzo  è che il libro su cui scrivere non è scelto da me, ma mi viene assegnato d'ufficio dalla redazione del volume. Naturalmente qualora non mi interessasse scrivere sul libro assegnatomi, sarei libera di rifiutare; ma finora i libri che mi sono stati proposti mi hanno interessato.

Lo scorso anno il libro era il libro La scopa della vedova, di Chris van Allsburg, Logos 2013. L'anno prima La gigantesca piccola cosa, di Beatrice Alemagna, Donzelli 2012. Quest'anno è stato il Il taccuino di Simone Weil di Guia Risari e Pia Valentinis. Ora in tutti e tre i casi io non avrei avuto occasione di scrivere su questi libri. E devo dire che in tutti e tre i casi non si è trattato di libri che avessi notato in particolare o su cui la mia attenzione si fosse specificamente posata.

Per cui accettando di scriverne, ho dovuto occuparmene, pur non facendo questo parte dei miei piani. In generale penso che trovarsi a fare cose non pianificate sia salutare, per tante ragioni: una è avere modo di rendersi conto di quanto sia facile farsi idee sbagliate e quanto sia importante trovare modi per rendersene conto.


Non sono una esperta di Simone Weil, ma certamente da parecchi anni mi sono trovata a riflettere sul suo pensiero e sulla sua figura, leggendo suoi libri, diari, lettere, saggi, ma anche studi e biografie a lei dedicati, o seguendo conferenze e incontri su di lei.
Ho sempre avuto l'impressione che la complessità del suo pensiero, della sua persona e della sua vita rischino la banalizzazione: la cristallizzazione in una icona gratificante e piatta confezionata del marketing imperversante del lavaggio a buon mercato delle coscienze. Mi rendo conto che sia un modo un po' crudo di dire le cose, ma questo è ciò che penso.


Perciò, lo ammetto, ho guardato con diffidenza al Taccuino, quando è uscito. Ma quando Scelte di classe me lo ha proposto, ho pensato che sarebbe stata una buona occasione per farmi un'idea fondata, scevra da pregiudizi, su questa biografia in forma di diario.
Alla fine quello che ho scritto è questo. Se volete leggerlo, cliccate sulle immagini.



lunedì 28 aprile 2014

La verità è sempre concreta

L'attenzione è una attitudine che mi colpisce sempre molto. Di solito, la spia dell'attenzione sono gli occhi. Occhi che, mentre guardano, pensano. Spesso mi capita di vederli in alcuni bambini, e quando accade ne rimango sempre presa.
Pia Valentinis è una persona attenta. Non parla molto. Ha uno sguardo molto fermo, come quello di una persona che non sia sicura di capire esattamente. E anche come se quel tipo di sguardo le fosse imposto dalle cose, una specie di risposta dovuta al mondo.
Una volta sono andata a trovarla nel suo studio, a Cagliari, e mi ha fatto vedere alcune tavole di Ferriera a cui allora stava lavorando. Era un lavoro la cui intensità emergeva con evidenza. Con impudenza le dissi che sarebbe stato perfetto per la nostra collana Anni in tasca graphic. E questo pur sapendo benissimo che il lavoro era destinato a un altro editore, quello che poi l'ha pubblicato, cioè Coconino Press. Ma si sa, gli editori...
Pia fu molto contenta, non che abbia in alcun modo preso in considerazione la proposta spudorata di tradimento, la stupiva la mia reazione di entusiasmo, che forse non si aspettava. La stessa reazione l'ho avuta leggendo il libro, da poco pubblicato, qualche giorno fa.


O meglio, entusiasmo non è la parola giusta. La definirei una sospesa e tranquilla meraviglia, che corrisponde allo stato d'animo su cui il ritmo, piano e profondo, della narrazione sintonizza il lettore. Non mi viene in mente che questo ossimoro, per descrivere la risonanza interiore che provoca il racconto.


Raccontare la propria famiglia, e dunque se stessi, non è facile. La materia autobiografica è scivolosa, perché ampia, crudele, prossima. Me ne sono resa conto osservando la fatica degli autori e fumettisti che hanno pubblicato nelle nostre collane dedicate all'autobiografia di infanzia e adolescenza. Nel libro di Pia, che ripercorre la storia di Mario, cioè del padre, operaio, a Udine, di questa fatica non c'è traccia, e non perché non ci sia stata: il libro ha avuto una lunga incubazione e lavorazione, proprio per le difficoltà che ha posto all'autrice. Il fatto è che ogni sforzo non ha lasciato residuo, bruciato da una narrazione che ha trovato una forma perfettamente coincidente e coerente con la propria materia.


Sono d'accordo con uno dei personaggi di Ferriera, Biagio, che ha studiato in seminario e cita a memoria Marx e Lenin, quando afferma: “La verità è sempre concreta”. Anche la poesia, lo è.
Ho letto diverse recensioni su questo libro (e molte altre ne usciranno), che giustamente ne mettono in luce temi, personaggi, contenuti. A me, quando ho pensato di scrivere qualcosa su Ferriera, è venuto subito in mente di elencare le pagine che mi sono rimaste, e mi rimarranno, in mente. Non perché siano migliori delle altre, ma perché in queste, per me, c'è una grande chiarezza di visione, coincidente con una altrettanto capacità di esprimerla.


Per cui adesso scriverò questo elenco. Le immagini che corredano questo post, però, non corrispondono a queste pagine, ma alla sequenza narrativa con cui Ferriera inizia. Perciò, se vi verrà voglia di osservare queste pagine, dovrete farlo con il libro fra le mani: per dire che questa non è tanto una recensione quanto una riflessione sul libro di Pia Valentinis.


Ecco le pagine di cui ho detto prima:

    - la pagina 6 dove si vede Pia che disegna, di spalle. Mi ha impressionato la precisione con cui Pia sa come è se stessa vista da dietro (questa la potete vedere, è la prima, dopo la copertina);
    - la pagina 18, il riquadro in basso a destra, in cui ci sono Pia, il padre e la madre, per mano, coi piedi nell'acqua bassa del mare, un mese prima delle vacanze, mentre si sottopongono, miti e solidali, alla fatalità della prima scottatura;
    - la pagina 25 in cui si elencano le acque sante bevute da nonna Luigia, per il modo in cui un semplice elenco di nomi mette a fuoco l'enigmatico rapporto fra fede e quotidiano, assoluto e relativo, sacro e profano;
    - la pagina 21 e la pagina 28, gemelle, nelle quali sei dettagli visivi accompagnati da sei frasi, in un caso pronunciate dalla nonna durante i pasti, e nell'altro dal padre mentre guarda la televisione, danno conto di chi le pronuncia con tale evidenza che si ha l'impressione di non aver necessità di sapere altro di queste persone/personaggi, (ma forse nemmeno di noi e della nostra famiglia);


   - la pagina 49 che apre il capitolo dedicato all'incontro fra i genitori con le parole di una vecchia canzone e immagini di baci di famosi film e attori in voga al tempo della storia: una scelta che evidenzia in modo disarmante come l'immaginario amoroso di ogni epoca determini in modo sottile, per analogia e contrasto, la realtà degli amori di chi in essa vive;
    - la pagina 66 in cui sono elencate le espressioni inglesi che il padre di Pia apprese durante il primo giorno di lavoro in una fabbrica australiana. Parole che, associate alle immagini di corrispondenti gesti delle mani, raccontano a chi legge non quella sola giornata, ma i tre anni che Mario trascorse in Australia, paese in cui era emigrato per lavorare;


    - la pagina 72 in cui attraverso il dialogo di due canarini si mette a fuoco cosa siano luoghi come una fabbrica o una miniera;
    - la pagina 74 in cui una intera pagina di francobolli dà conto di quella cosa immateriale e potentissima che sono le parole e i pensieri fra due persone lontane;
    - la pagina 75 in cui attraverso un dialogo fatto di otto battute e otto quadri, si dà conto contemporaneamente di due universi, delle dinamiche di una rapporto amoroso, del carattere di due persone, delle ragioni profonde che sottostanno a una scelta in grado di cambiare due vite.

Ricordo che, anni fa, quando guardavo le illustrazioni di Pia Valentinis, tutte le volte pensavo (con imbarazzo) che quello che mi piaceva di più non erano i tanti albi, certamente belli, che faceva. Io trovavo magnifici i disegnini che produceva per la rivista Fuorilegge. La letteratura bandita, edita dall'Associazione Equilibri. Erano dei microfumetti in bianco nero. Marginali, silenziosi. Adesso ho capito perché mi piacevano.

giovedì 10 maggio 2012

Un'ospite di grandissimo riguardo

Chiara Carminati ha vinto il Premio Andersen 2012 come miglior autore. Una notizia bellissima, un premio meritatissimo.
Nel 2009, Chiara ha realizzato con noi Poesie per aria. Lavorare con lei, e con Clementina Mingozzi che del libro ha realizzato le illustrazioni, è stato un regalo. Per un editor misurarsi con testi così raffinati, complessi e interessanti, piccoli congegni ad alta precisione, è un'esperienza preziosa, che offre il massimo della creatività, ma impone anche massimi misura, impegno e rispetto. Un gioco che si gioca insieme all'autore. Poi Chiara ha i doni dell'umorismo e del garbo che rendono facili ogni cosa.
Le poesie che vi proponiamo oggi, per festeggiarla, sono due fra le molte, bellissime, che ha scritto, due fra le nostre preferite (cliccate sull'immagine per leggerle).

Una è tratta dal nostro volume, l'altra da Il mare in una rima di Nuove Edizioni Romane, libro imperdibile anche per le illustrazioni di Pia Valentinis che con Chiara ha collaborato in tante altre occasioni. Entrambe sono dedicate al mare, che a proposito della poesia di Chiara suggerisce alcuni aggettivi: fluidità, trasparenza, movimento, musicalità.
Quando penso a Chiara, mi viene sempre in mente una pagina, letta da studentessa, che il poeta Giovanni Giudici ha scritto in una raccolta di saggi sulla poesia dal titolo, meraviglioso, La dama non cercata (Mondadori 1985), che poi sarebbe la poesia.
La dedichiamo a Chiara, in questa occasione.


La poesia è anche una dama capricciosa e difficile, la nostra coy mistress: con lei non bisogna esagerare nel chiedere, bisogna aspettarsi molto poco per ottenere (e non è detto) qualcosa. E quando e se in noi essa sfarfalla e si manifesta (o non sarà un disperato tichettio?) è da considerarsi un'ospite di grandissimo riguardo in una casa, la nostra quotidianità, abitata da inquilini volgari e taccagni. Questi inquilini, noi stessi, il poeta stesso, faranno dunque bene a tener presente la differenza di livello esistente fra la nobile ospite e la loro fatalmente inopportuna corporeità, la loro talvolta grossolana ansia di concludere, la loro ingordigia di risultato.

Ondas do mar de Vigo
Se vistes meu amigo?


Ecco, vedete, quanto poco chiedeva alla sua poesia l'autore dell'antica
cantìga portoghese, i cui versi continuamente mi tornano alla memoria? Un desiderio semplice, una rima quasi banale: e tuttavia, come la rima fiore-amore che incantò Saba, anch'essa «la più antica del mondo». E tuttavia, la Poesia (scriviamola qui con la maiuscola come se fosse appunto una Dama) ha amato quel poeta ed è ciò che conta, considerando quanto diffuso sia il caso contrario di poeti o aspiranti poeti che, pur amando la Poesia, spesso con sincerità ma alquanto raramente con trasparente purezza di cuore, non ne sono tuttavia corrisposti. Chiedere poco alla Poesia vuol dire non pretendere che essa si pieghi a ciò che noi vorremmo a tutti i costi esprimere: non è lei al nostro servizio, ma noi al suo; può darsi che un giorno sia proprio lei a recarci inaspettato il dono del poema che inutilmente abbiamo finora cercato di scrivere, ma non saremo noi a decidere il momento. 

Chiara Carminati, Pia Valentinis, Il mare in una rima, Nuove edizioni Romane, 2011.
Chiedere poco alla poesia è non gravare sulla sua volatile parola del peso e del ciarpame ridondanti di intenzioni e intenzionalità che (si riferiscano anche al più sincero e generoso dei nostri impegni pubblici e privati) finirebbero così per avvilirsi in volgare letteratura: senza contare che così non si servono un impegno, una causa, ma si disservono. Chiedere poco, cercando di lasciarsi governare da quell'intelligenza poetica (e vorrei dire: intelletto d'amore), che della lingua poetica è insieme postulato e corollario, significa chiedere in realtà l'essenziale: che è l'essere toccati, visitati dalla Poesia. E questo è molto, è tutto; perché il poco di cui parlo è tale soltanto agli occhi del mondo pubblicano e bottegaio dei trafficanti di letteratura. Il molto che la Poesia può darci è un molto assoluto, un molto di utopia, attingibile attraverso quel poco apparente che, reduce dalla lettura di un saggio di Hannah Arendt, mi fa pensare alle modestissime aspirazioni di K., il protagonista del Castello di Kafka: avere un lavoro, una casa, una famiglia, una comunità in cui essere accolto... E tuttavia, analoga a quel poco che alla Poesia possiamo chiedere, «questa modesta intenzione di realizzare i diritti umani è, proprio per la sua semplice essenzialità, il progetto più grande e più difficile cui un uomo possa aspirare».

Complimenti, Chiara.


lunedì 2 aprile 2012

Guardare guardare guardare gli alberi

Raccontare gli alberi è un libro bellissimo. Forse il migliore che si è visto in fiera, quest'anno. Anche se un'affermazione del genere è un po' approssimativa, dato che bisognerebbe effettivamente averli visti tutti, i libri, cosa non umanamente possibile. Tuttavia l'impressione è questa. Ed è un'impressione complessiva. Non si tratta solo di belle illustrazioni e bei testi: è proprio bello il libro, tutto intero, come è venuto fuori. Pia Valentinis e Mauro Evangelista sono stati messi a lavorare al meglio delle loro possibilità e hanno raggiunto quello che a nostro avviso è il punto più alto della loro pur brillante carriera: un risultato strabiliante. I testi (Parazzoli e Quarenghi) sono perfetti: secchi senza essere noiosi o aridi, colloquiali ma privi di concessioni a deliqui eco e/o pseudopoetici che appesantiscono 

Raccontare gli alberi, Pia Valentinis
tanta letteratura per l'infanzia. Lo spazio alla poesia è lasciato alla Poesia: da Montale a Pasternak a Jabès e via di questo passo. La grafica, curata da Mariagrazia Rocchetti,  è ottima: fa in modo che ogni riga, ogni immagine si possa leggere, guardare nel migliore dei modi, in pieno agio, senza distrazioni e interferenze, sciatterie o virtuosismi, mettendo in luce, valorizzando, senza mai essere opprimente, eccessiva, incerta, inesistente o gratuita. Insomma: Raccontare gli alberi è un libro meraviglioso.
Come fa un libro a centrare l'obiettivo con tanta precisione? La sua riuscita, ne siamo certi, non si spiegherebbe senza quella figura fondamentale, quando è presente ed è presente lavorando bene, cioè con creatività, correttezza, sensibilità ed equanimità, sopraffina intelligenza, che è l'editor.


Raccontare gli alberi, Pia Valentinis
Che in questo caso è Paola Parazzoli. Bene: è lei che senza dubbio ha intuito come doveva essere il libro e ha fatto in modo che tutti dessero il meglio in vista di questo obiettivo. Ed è lei che rimane più defilata, fra tutti quelli che lo firmano. Va detto questo: perché se nel nostro paese la funzione e il lavoro dell'editor, poco conosciuti e compresi, non godono ancora del rilievo che meriterebbero (e, da qui, mi vien da pensare, tutte le storture commesse da editor approssimativi e maldestri, argomento su cui ritorneremo a breve), allora è il caso di fronte a un libro del genere di sottolineare quanto la sua riuscita si debba a chi lo ha diretto, coordinato, pensato, meditato, visto.




Raccontare gli alberi, Pia Valentinis
Che una grande casa editrice come Rizzoli investa in un libro come questo, mostra quanta strada si sia fatta in questi anni con gli albi illustrati e quanta acqua sia passata sotto i ponti. Ci auguriamo che di fronte a questo risultato non si debbano ascoltare quelle riflessioni a proposito dei destinatari di libri di questo tipo: sarà davvero per ragazzi, lo capiranno i bambini? Ci sono tanti modi bellissimi per perdere tempo. Per esempio, anziché porsi domande ingenerose verso l'intelligenza e il talento che mai come oggi sembrano essersi risvegliati nella nostra editoria, andare per boschi. E guardare, guardare, guardare gli alberi. Pia, Mauro, Giusi, Paola, Mariagrazia con questo libro ci spingono a farlo come non ci saremmo mai aspettati che qualcuno riuscisse.

Le immagini di questo post sono tratte dal blog di Pia Valentinis e da Zazienews.



Raccontare gli alberi, Pia Valentinis
Raccontare gli alberi, Pia Valentinis


Raccontare gli alberi, Pia Valentinis
Raccontare gli alberi, Mauro Evangelista
Raccontare gli alberi, Mauro Evangelista